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Il massacro di Jilava

Nell'autunno del 1940, con i suoi confini nord, sud, est e ovest amputati, la Romania scivolava verso l'estrema destra.

Il massacro di Jilava
Il massacro di Jilava

, 07.12.2020, 08:00

Nellautunno del 1940, con i suoi confini nord, sud, est e ovest amputati, la Romania scivolava verso lestrema destra. Il regime corrotto e immorale di Re Carlo II di Romania aveva gettato il Paese nel marasma e stava vivendo la sua fine. Il Secondo Arbitrato di Vienna del 30 agosto del 1940, con cui la Germania e lItalia avevano imposto alla Romania la cessione allUngheria della Transilvania Settentrionale, aveva inferto lultimo colpo al regime di Carlo II. Il generale Ion Antonescu, avversario di Carlo II, e la Guardia di Ferro capitalizzavano tutte le frustrazioni dei romeni e, nel contesto del rifiuto dei partiti storici di formare unalleanza governativa con lestrema destra, afferravano il potere. Priva dei leader che lavevano portata al 15% nelle preferenze dellelettorato alle elezioni del 1937, la Guardia di Ferro, assieme agli stretti collaboratori del generale Antonescu, ocucpava tutte le cariche esecutive proclamando la Romania stato nazional-legionario.



La Guardia di Ferro agi subito per punire coloro che avevano assassinato i suoi leader nel 1938. Nella notte del 26 verso il 27 novembre del 1940, 65 politici, millitari e ufficiali superiori della camarilla di Carlo II, incarcerati il 5 ottobre nella prigione Jilava, nel sud della capitale Bucarest, venivano ammazzati. Nel 2020 riccorrono 80 anni da quegli avvenimenti di cui ci ricordiamo assieme allo storico Ioan Scurtu. Prima lo storico ha analizzato la componente politica dei regimi che si sono succeduti nellautunno del 1940 e il comportamento dei dignitari che caddero vittime dei legionari. “Qualsiasi assassinio è un atto contro la democrazia, contro i diritti umani, contro la libertà di espressione, tanto più quanto si trattava di omicidi politici. Solo che quelli assassinati a Jilava erano persone che avevano legato il loro nome al regime autoritario di Carlo II insediato il 10 febbraio del 1938, un regime antidemocratico. In quel momento, a novembre del 1940, quelli di Jilava non rappresentavano la democrazia, bensì un regime di essenza autoritaria. Se alcuni che si salvarono, come Gheorghe Tătărescu, Mihai Ralea, Constantin Argetoianu, imboccarono ulteriormente la strada democratica e collaborazionista, come Ralea, è tuttaltra cosa. In quel momento, loro non rappresentavano la democrazia”, ha raccontato lo storico.



La storiografia tradizionale gettà la responsabilità per il deterioramento del clima politico esclusivamente sulle spalle dei legionari, lestrema destra romena. Senza discolpare i fascisti romeni per i crimini compiuti, le tendenze di revisione della storia di quegli anni ritengono che i cosiddetti rappresentanti della democrazia fossero in gran parte colpevoli, assieme al comportamento dei fascisti, della distruzione della democrazia stessa. “Questa situazione drammatica partì dallomicidio di Codreanu, capo della Guardia di Ferro, e di altri 13 legionari, quelli che avevano ammazzato nel 1933 il premier I. Gh. Duca e nel 1936 Mihail Stelescu, nella notte del 29 verso il 30 novembre del 1938. Il 21 settembre del 1939, i legionari assassinarono il premier Armand Călinescu e seguì un vero massacro. Allora, a settembre del 1939, fu praticato per la prima volta in Romania il terrorismo di stato. Furono uccisi oltre 200 legionari, la cui maggioranza si trovavano in lager e prigioni, senza la possibilità di difendersi. Nei loro confronti non era stata mossa nessuna accusa. Furono semplicemente fucilati e altri, che si trovavano in libertà, furono strappati di notte dai propri letti, dal fianco delle mogli e dei figli, e impiccati nella piazza pubblica. Certo che noi, nel condannare gli assassini compiuti dai legionari, non possiamo non ricordarci che anche i legionari subirono persecuzioni e assassini durante il regno di Carlo II”, ha precisato Ioan Scurtu.



Tra le 65 vittime del massacro di Jilava del novembre 1940 si annoverarono il generale Gheorghe Argeșanu, ex ministro della Difesa Nazionale ed ex premier, Victor Iamandi, ex ministro della Giustizia, il generale di polizia Gabriel Marinescu, ex prefetto della polizia della capitale, ministro dellInterno e ministro dellOrdine Pubblico, il generale Ion Bengliu, comandante della Gendarmeria Romena, Mihail Moruzov, capo dei Servizi Segreti dellEsercito, e il suo vice Niky Ștefănescu. Ioan Scurtu racconta come vide la giustizia il nuovo regime legionario-antonesciano.



“Il regime legionario-antonesciano fu un regime ostile a quello rappresentato da re Carlo II. Come succede il più spesso nella storia, il nuovo regime cercò di vendicarsi contro i rappresentanti dellex regime. Antonescu dispose lincarcerazione dei principali dignitari del regno di Carlo II, che dovevano essere processati e condannati secondo la legislazione vigente. Del processo si occupava in particolar modo il vicepremier Mihai Antonescu, gurista, che intendeva costituire i collegi giudicanti, con lassicurazione di avvocati difensori. I legionari non accettavano però lidea, considerando che il 14 settembre del 1940 fosse avvenuta una rivoluzione, fosse stato instaurato un nuovo regime e non si potesse più procedere al giudizio in base a vecchie leggi che consentivano di sottrarsi e di rinviare il processo. I colpevoli degli assassini, soprattutto di quello di Codreanu, dovevano assolutamente essere puniti. Doveva essere una giustizia rivoluzionaria. In base a questo giudizio la squadra di legionari si recò a Jilava e fucilò quelli incarcerati là. Furono arrestate e portate alla sede della Polizia della Capitale anche altre persone, solo che queste furono salvate in seguito allintervento del generale Antonescu”, ha raccontato Ioan Scurtu a RRI.



La morte dei 65 dignitari del regime di Carlo II fu un nuovo tipo di giustizia in cui la vendetta era il principio di base. E quando labuso è il principio in base al quale agiscono coloro che simulano la democrazia, la giustizia non cè più.




Foto: pixabay.com
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