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Il crollo del comunismo in Romania e le sue vittime

Sebbene insediato nella stessa maniera nell'intera Europa centro-orientale, il comunismo crollò diversamente.

Il crollo del comunismo in Romania e le sue vittime
Il crollo del comunismo in Romania e le sue vittime

, 22.12.2020, 15:13

Sebbene insediato nella stessa maniera nellintera Europa centro-orientale, il comunismo crollò diversamente. In Polonia, Ungheria e Ceccoslovacchia, il regime cadde senza violenza e vittime umane, nella Germania Est e in Bulgaria le violenze furono limitate, mentre in Romania il regime cadde con spargimento di sangue e vittime. La sanguinosa dissoluzione dellex Iugoslavia rappresenta un dossier speciale con diverse implicazioni. 1142 morti, 3138 feriti e 760 persone fermate – fu questo il sanguinoso bilancio del regime di Ceaușescu durante la Rivoluzione anticomunista. Nei 31 anni passati dal dicembre del 1989, gli studiosi della Rivoluzione romena e gli storici hanno cercato spiegazioni per capire perchè la Romania è stata un caso speciale rispetto agli altri Paesi dellEuropa centro-orientale. Abbiamo chiesto allo storico Dragoș Petrescu, professore della Facoltà di Scienze Politiche e Amministrative dellUniversità di Bucarest, se, prendendo in considerazione come era la Romania negli anni ̓̓80, si poteva sospettare che un cambiamento di regime sarebbe avvenuto in modo violento.



“Post-factum è più facile analizzare, ma ci sono alcuni elementi che ci rivelano, tuttavia, ununica cosa, grazie alla teoria politica comparata: è una verità estremamente semplice. Quei regimi comunisti che furono indipendenti oppure che cercarono di imprimere una linea indipendente da Mosca caddero con spargimento di sangue. E non si tratta solo della Romania, si tratta anche dellAlbania e dellJugoslavia. La dissoluzione dellJugoslavia fu seguita da una guerra civile e dallepuzione etnica e vi accaddero cose orrende”, ha spiegato Dragoș Petrescu.



La violenza fu un elemento costitutivo del comunismo e pochi regimi furono capaci di farne a meno. Il caso della Romania, in cui Nicolae Ceaușescu esercitò il potere in modo discrezionale, fu speciale. Secondo Dragoș Petrescu, le spiegazioni per ciò che successe in Romania a dicembre 1989 sarebbero due. “Credo che ci siano due elementi fondamentali che possono spiegare questo addio violento della Romania al comunismo, ma anche quello dellAlbania e dellJugoslavia. Per quanto riguarda la Romania, cè stato il monolitismo della classe dirigente. Non dimentichiamo che, a novembre 1989, al XIVesimo Congresso del Partito Comunista Romeno, Ceaușescu venne rieletto allunanimità, sebbene allepoca si sapesse chiaramente che il comunismo era crollato in Polonia, in Ungheria, nellex Germania Est e non stava molto bene neanche in Ceccoslovacchia. Ciononostante, i comunisti romeni decisero in un atto di opportunismo e sottomissione collettiva di rieleggere Ceaușescu. Il che dimostro che non esisteva nessuna fazione riformista, nemmeno come in Bulgaria, dove, subito dopo il crollo del muro di Berlino, Todor Jivkov fu rimpiazzato da un gorbachovista, lex ministro degli Esteri Petar Mladenov”, ha precisato Dragoș Petrescu.



La seconda spiegazione è quella dellesistenza di una politica indipendente da Mosca. La cosiddetta indipendenza dal potere centrale rappresentato dallUrss significava che leader come Ceaușescu si permettevano di sfidare qualsiasi cosa arrivasse da parte del potere sovietico. Per Ceaușescu, il 21 agosto del 1968 segnò linizio della sfida a Mosca, quando il leader romeno condannò linvasione della Ceccoslovacchia dagli eserciti del Patto di Varsavia al fine del rovesciamento del regime riformista di Alexandr Dubcek.



“La seconda questione riguarda questa indipendenza da Mosca che Ceaușescu coltivò assieme allelite dirigente dal 21 agosto del 1968, il suo momento carismatico. Ceaușescu ebbe il suo attimo di gloria allorquando riuscì una cosa incredibile in Romania: la legittimazione del partito comunista agli occhi della popolazione. Ma non fu una legittimazione autentica, bensì una basata su un certo consenso tra la popolazione e il dirigente. In quel periodo era cresciuto il tenore di vita in Romania, ai romeni era stato consentito di viaggiare allestero a partire dal 1967, anno internazionale del turismo, quando fu rilassata la legislazione sui viaggi allestero. Ci sarebbe molto da dire, ma certo è che, nel caso della Romania, le cose accaddero diversamente rispetto agli altri Paesi”, ha spiegato Dragoș Petrescu.



La parola dordine della “non ingerenza negli affari interni” elevata al rango di principio di politica estera da Nicolae Ceaușescu fece la Romania sprofondare ancora di più nellisolazionismo. Lorientamento della Romania verso il Terzo mondo, la chiusura più drastica dei confini, il ritorno a uno stalinismo da anni 50 e la denuncia delle riforme promosse dal leader sovietico Mikhail Gorbachev resero impossibile qualsiasi intervento allorquando il tenore di vita e lo stato danimo della popolazione erano veramente peggiorati.



“Lindpendeza da Mosca e il monolitismo dellelite di partito portarono Ceaușescu a considerare che poteva fare cosa voleva a casa sua. E la prima cosa che fece allorquando scoppiarono le proteste anticomuniste di Timișoara fu di ordinare luso di munizione reale, da guerra. Seguì loperazione di trasporto dei cadaveri dei rivoluzionari di Timișoara a Bucarest in vista dellincinerazione e poi, effettivamente, un atto orrendo, i resti furono gettati nel canale per cancellare le tracce del massacro. Ciò rivelò che cerano poche chance che la Romania potesse dire addio al comunismo in modo non violento”, ha raccontato Dragoș Petrescu a RRI.



A dicembre del 1989, il regime comunista di Nicolae Ceaușescu in România crollò rumorosamente e violentemente. E le vittime furono il prezzo che i romeni furono costretti a pagare per uscire dal circolo vizioso della ditattura.




Foto: pixabay.com
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