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I sindacati nel comunismo

Beneficiando del sostegno diretto dellArmata Rossa, il Partito Comunista Romeno ha accaparrato il potere con laiuto di alcune istituzioni e meccanismi. Uno di questi meccanismi è stato il movimento sindacale.

I sindacati nel comunismo
I sindacati nel comunismo

, 04.01.2016, 18:43

Beneficiando del sostegno diretto dell’Armata Rossa, il Partito Comunista Romeno ha accaparrato il potere con l’aiuto di alcune istituzioni e meccanismi. Uno di questi meccanismi è stato il movimento sindacale. Prima della guerra, i sindacati erano associazioni vere e proprie degli operai e rappresentavano i loro interessi nei rapporti con i padronati. Certo che i sindacati romeni erano formati da persone propense verso il socialismo, così come succedeva dappertutto in Europa, ma ciò non influiva sul loro vero scopo.



Dopo il 1945, tutto cominciò a cambiare, per cui anche l’essenza e il ruolo dei sindacati. Lenin considerava i sindacati la “cinghia” della politica di partito il cui ruolo era di trasmettere alle “masse popolari” quello che decideva il partito. In altre parole, il sindacato traduceva alle persone semplici, che non erano membri di partito, quello che il partito voleva da loro. Il partito subordinò a se stesso i sindacati e li incaricò di tutti i benefici che venivano concessi agli operai e tramite cui poteva controllare questi ultimi. Vlad Nisipeanu è stato attivista di partito ed ha occupato vari incarichi nel movimento sindacale. In un’intervista concessa nel 1999 al Centro di Storia Orale della Radiodiffusione Romena, lui ha riassunto i rapporti fra il partito e i sindacati.



”All’inizio il partito non contava molti membri e, siccome non ci poteva essere un controllo tramite il partito, il sindacato era incaricato del controllo. Si pagava un contributo e si assegnavano compiti di partito come compiti sindacali. In alcune province, località e villaggi più grandi il sindacato era più forte del partito locale. Il presidente del sindacato era membro dell’Ufficio di Partito, il presidente del partito in una città era anche membro nell’Ufficio di Partito, il presidente dell’organizzazione di partito in una fabbrica era anche membro nella struttura direttiva della stessa. Tutto era collegato. Ad esempio dal sindacato dipendeva se uno riceveva una casa. Il sindacato mandava a corsi di aggiornamento, offriva sostegno finanziario oppure biglietti per passare le vacanze. Gli stessi sindacati aiutavano un operaio ad essere promosso, a ricevere aumenti salariali, dunque erano una forza che riusciva ad imporsi.” – ha detto Vlad Nisipeanu.



L’obbligo di iscriversi al sindacato significava da una parte il controllo della massa di operai, ma anche incassi provenienti dai contributi pagati. I sindacati arrivarono, con il passare del tempo, ad accumulare patrimoni impressionati.



”I sindacati avevano molti soldi, i contributi ammontavano all’1 o al 2% dello stipendio e c’erano 6-7 milioni di membri in tutto il Paese. Si accumulava una somma enorme e non veniva spesa tutta. Per i sindacati c’è stato un ottimo periodo. Mi trovavo bene con i sindacati, perché non ero troppo impegnato politicamente. Facevo parte della Sezione internazionale dei sindacati e mi piaceva tanto. Parlavo con polacchi, cechi, bulgari, parlavamo in russo, una lingua che conoscevamo abbastanza bene tutti. Qualche volta sono stato a Mosca, in delegazione in Bulgaria, a Varsavia, in tutti i Paesi socialisti. Nel 1963 mi hanno mandato anche in Corea. C’erano riviste, giornali, quello dei sindacati era ”Munca” / Il Lavoro. Il movimento sindacale era una forza, ma naturalmente una forza utilizzata dal partito.” – ha dichiarato Vlad Nisipeanu.



I sindacati romeni organizzavano anche congressi cui invitavano persino attivisti comunisti dell’Occidente. Vlad Nisipeanu si è ricordato di un episodio con una giovane attivista del Cile.



”Ai congressi avevamo invitati di altri Paesi, anche dei Paesi capitalisti, occidentali. Ricordo che una volta è venuta al congresso una bella ragazza, giornalista e attivista sindacale di un Paese dell’America Latina, del Cile. Non poteva dire nel suo Paese che andava in un Paese comunista, per cui aveva chiesto il visto per la Spagna o per la Francia. Da lì è partita per la Romania. Però, il giorno dopo, il suo nome è apparso sul giornale. Ho cercato di tagliare il testo, che non fosse menzionato il nome, ma sono apparse anche foto. Poi c’era un altro problema: all’aeroporto le avevano messo il timbro sul passaporto. Che fare? Al ritorno nel suo Paese l’avrebbero arrestata perché era andata in un Paese comunista. Alla partenza, siccome era molto carina e simpatica e mi dispiaceva molto per lei, le ho suggerito che nell’aereo, non appena attraversato l’oceano, poteva buttare il passaporto al bagno. Così avrebbe pagato solo una multa di 5 dollari e si sarebbe liberata del passaporto con il timbro della Romania che avrebbe potuto crearle problemi a casa.”



Nel periodo comunista i sindacati romeni hanno funzionato sullo stesso modello dello stato e della società. Sebbene avessero in mano numerosi strumenti del potere che esercitavano, la gente vedeva in essi solo strumenti del regime, e non associazioni di difesa degli interessi degli operai.

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