Febbre tifoide in Romania durante la Grande Guerra
Nella storia delle epidemie sul territorio della Romania, il bilancio della febbre tifoide durante la prima Guerra Mondiale fu uno terribile: circa 350.000 morti tra i militari e 450.000 tra i civili.
Steliu Lambru, 27.04.2020, 08:00
Nella storia delle epidemie sul territorio della Romania il bilancio della febbre tifoide con cui si dovette fare i conti durante la Prima Guerra Mondiale fu terribile. Secondo le statistiche, nellinverno del 1916-1917 lepidemia di febbre tifoide uccise circa 350.000 militari e 450.000 civili in Romania, e fu considerata più micidiale degli scontri militari stessi. La Romania era entrata nella Grande Guerra ad agosto 1916 accanto alla Triplice Intesa, tramite unoffensiva militare in Transilvania, provincia a maggioranza romena dellAustro-Ungheria. La controffensiva tedesco-austro-ungarica nel nord e quella tedesco-bulgara nel sud costrinsero lesercito romeno a passare su posizioni difensive e, dopo 4 anni di combattimenti, a ritirarsi in Moldavia assieme alle autorità e una parte della popolazione. A dicembre 1916, Bucarest era occupata dagli eserciti tedesco, bulgaro e austro-ungarico e vi veniva istituito un duro regime militare di requisizioni e restrizioni.
Loccupazione militare di Bucarest significò anche la comparsa di un nuovo nemico: la febbre tifoide. A fine dicembre 1916 si registrarono i primi casi tra la popolazione povera di Bucarest che si trasformarono rapidamente in unepidemia. La guerra e lassenza del cibo e del riscaldamento contribuirono alla diffusione della malattia. Il secondo focolaio infettivo, molto più severo di quello nel sud, fu quello dovuto allesercito russo. Lo storico Delia Bălăican della Biblioteca dellAccademia Romena ha studiato limpatto dellepidemia di febbre tifoide sulla società romena.”Cosa vuole dire unepidemia di febbre tifoide? La causa erano i pidocchi, quindi, la miseria e la povertà, la mancata assicurazione delligiene tra la popolazione civile e le truppe militari. In Romania, furono le truppe russe a portare questa malattia, essa si era verificata tra di loro e sporadicamente nella zona dei Balcani. Con il movimento delle truppe in Moldavia, la malattia si diffuse anche nelle zone rurali. La situazione peggiorò e si giunse ad un tasso di mortalità del 30% tra i civili e del 40% tra i medici nel marzo del 1917″, ha precisato Delia Bălăican.
Nonostante il caos, le autorità romene reagirono e concepirono un piano di contrasto dellepidemia. “A gennaio 1917, la malattia fu riconosciuta ufficialmente e lapice dellepidemia fu raggiunto a marzo. Nella Bucarest occupata, lIstituto di Batteriologia era diretto dallo scienziato Victor Babeș. A Iași, in seguito agli appelli della Croce Rossa francese, i servizi sanitari passarono tutti sotto la direzione del dottor Ion Cantacuzino. A București, Victor Babeș si occupava della produzione di sieri e vaccini perchè lepidemia di tifo non era lunica a quellepoca. Durante la guerra scoppiarono anche altre epidemie, come quelle di colera e malaria. Purtroppo, anche le epidemie furono politicizzate, alle autorità essendo rimproverato che non sarebbero state preparate. Ma la febbre tifoide era una malattia nuova, sconosciuta in Romania, motivo per cui non cera un vaccino”, ha raccontato Delia Bălăican.
In ogni situazione-limite spiccano anche persone che pensano chiaramente e prendono misure salutari. Uno degli eroi della lotta alla febbre tifoide fu il medico Ion Cantacuzino. “Il dottor Cantacuzino, come rivelano le testimonianze delle personalità dellepoca, ma anche gli archivi, fece miracoli a Iași. In un breve periodo riusci a isolare i casi di tifo. Unequipe di 150 ingegneri costrui baracche per lisolamento dei malati dalle persone sane. Le baracche erano in legno, erano degli ospedali da campo in cui erano ricoverati in modo obbligatorio militari e civili, a prescindere dalletà e dal genere. La popolazione rurale abitava ancora in casupole dove non penetrava la luce e laerazione era praticamente impossibile e lumidità favoriva la malattia. Così ne furono portati via i malati, si passò a drastiche misure di igienizzazione e alla rimozione dei pidocchi dei malati due volte alla settimana, alligiene personale, dei vestiti e degli oggetti intimi. Ciò che non veniva bruciato si metteva nel forno per la disinfezione. Quando non si potevano mettere nel forno, gli oggetti erano messi in petrolio oppure aceto. Queste erano le misure che si potevano prendere a quellepoca. Le stesse misure erano prese anche a Bucarest. A Iași, il principale problema delle autorità fu la sanificazione della città. In quellinverno terribile anche la neve fu un fattore che rese difficile la soluzione di tutti i problemi. Una sfida importante era la rimozione dei cadaveri dalle strade”, ha spiegato Delia Bălăican.
In quei momenti critici, i romeni avevano bisogno di personaggi salvifici che ridessero loro la fiducia nelle proprie forze. I sovrani Ferdinando e Maria, soprattutto regina Maria, furono allaltezza della loro missione. “Regina Maria fu un personaggio-chiave non solo durante la famigerata epidemia di febbre tifoide. Credo che la sua immagine durante la guerra sia quella nelle foto che già conosciamo, con la regina vicino ai letti dei malati, consolandoli e portando loro cibo grazie alle relazioni personali con le missioni straniere, soprattutto quelle americana, francese e britannica. Regina Maria fu un modello per la società romena e le signore dellelite della società seguirono il suo esempio. La mobilitazione fu esemplare, le memorie di guerra sono emozionanti. Ricordo in questa occasione solo Regina Maria, che resta nella nostra memoria come un simbolo di quella lotta e che fu forse lunica immagine luminosa di quei tempi molto difficili”, ci ha raccontato Delia Bălăican.
Le misure prese furono molto efficienti, gli effetti diventando visibili a giugno 1917, quando già la febbre tifoide era stata sconfitta. Era il segnale della rinascita e quello che prediva le vittorie dellesercito romeno di Mărăști, Mărășești e Oituz, che avrebbero portato nellanno successivo alla vittoria finale.