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Destalinizzazione e contestazione nella Romania di Dej

Nel 1956, al ventesimo Congresso del Partito Comunista dellUnione Sovietica, il successore di Stalin, Nikita Krusciov, denunciava il culto della personalità del suo predecessore e ciò fece nascere speranze di cambiamento.

Destalinizzazione e contestazione nella Romania di Dej
Destalinizzazione e contestazione nella Romania di Dej

, 26.06.2016, 18:54

Nel 1956, al ventesimo Congresso del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, il successore di Stalin, Nikita Krusciov, denunciava il culto della personalità del suo predecessore e ciò fece nascere speranze di cambiamento. Condannando Stalin, Krusciov iniziava ciò che fu chiamato destalinizzazione. I suoi effetti si sentirono in tutti i Paesi socialisti. In Romania, Gheorghiu-Dej fu uno dei più duri stalinisti. Sulla linea aperta da Krusciov, i comunisti romeni cercarono di cambiare qualcosa. Miron Constantinescu era l’intellettuale idealista che era entrato a far parte del Partito Comunista Romeno per convinzione. Fece parte della delegazione dei comunisti romeni al XX-mo Congresso del PCUS e penso che fosse giunto il momento di confrontare l’autorità indiscutibile del leader Dej.



Lo storico Gheorghe Onişoru dell’Istituto Nazionale per lo Studio del Totalitarismo ha detto che il cambiamento fatto scattare a Mosca ha colto di sorpresa in un certo modo i leader comunisti dei Paesi-satelliti, dunque anche quelli romeni: Il rapporto di Krusciov non fu bene accolto da Gheorghe Gheorghiu-Dej. Era in un momento in cui pensava di controllare molto bene la situazione in Romania: nel 1952 aveva eliminato il gruppo ritenuto anti-partito formato da Ana Pauker, Vasile Luca e Teohari Georgescu, e nel 1954 aveva giustiziato Lucreţiu Pătrăşcanu. Dej aveva saputo strumentalizzare molto bene le sedute dell’Ufficio Politico del 1952 e capovolgere l’inferiorità che aveva nei confronti della superiorità dei tre e lanciare la teoria del “gruppo anti-partito”. Dej potrebbe essere considerato un stalinista vero e proprio. Dopo il ritorno in Romania della delegazione romena che aveva partecipato al Congresso PCUS, il Rapporto segreto di Krusciov e il Rapporto della delegazione romena furono resi pubblici più tardi, come d’abitudine. Solo il 23-25 marzo 1956 ebbe luogo una plenaria del Comitato Centrale in cui solo il terzo punto prevedeva la presentazione del Rapporto della delegazione del Partito Operaio Romeno che aveva partecipato al XX Congresso del PCUS e a riferire in merito fu Dej stesso. Miron Constantinescu ha letto il Rapporto segreto sul culto della personalità e le sue conseguenze. Constantinescu affermò nella plenaria che era pienamente d’accordo con il rapporto di Dej, dunque non si intravvedeva alcuna rottura tra i due. Apparve questa rottura però in occasione della prima grande seduta dell’Ufficio Politico a inizio aprile 1956.”



Il giorno dopo, Miron Constantinescu cominciò l’attacco contro Dej. Gheorghe Onişoru racconta: All’ordine del giorno della seduta dell’Ufficio Politico del Partito in aprile erano i tribunali speciali del Ministero dell’Interno, la fucilazione di alcuni delinquenti, gli arresti abusivi, il pedinamento da parte delle strutture informative del Ministero dell’Interno di alcune persone del Comitato di Stato per la Pianificazione presieduto da Miron Constantinescu e di Constantinescu stesso. Non ufficialmente, si diceva che nell’Ufficio Politico tutti parlassero con paura. Si parlava anche del ritardo nella presentazione del rapporto redatto dalla delegazione che aveva partecipato al congresso PCUS. Nel primo giorno, Constantinescu cominciò l’offensiva e parlò della necessità della seduta perché tutti i membri attivi del partito erano preoccupati per la questione del culto della personalità. Constantinescu sottolineò che anche in Romania il culto della personalità ebbe un’influenza dannosa. Egli aggiunse che dopo il 1952, dopo l’eliminazione del gruppo Pauker, si era verificato un risanamento del partito, ma erano apparsi segni preoccupanti legati all’attività del Ministero dell’Interno. Praticamente, le strutture della Securitate potevano facilmente cominciare a fare abusi. Constantinescu afferma che dopo il 1953, la Securitate non si era sottoposta alle disposizioni del Partito. Mantenendo l’offensiva, Constantinescu accennò al culto della personalità. Il rapporto della delegazione che partecipò al XX-esimo Congresso del PCUS è apparso con molta difficoltà, disse Constantinescu. E tenne a sottolineare che il compagno Dej è uno dei leader del partito, ma non l’unico”.



Però Dej era troppo forte e la sua posizione non fu in alcun modo danneggiata dagli attacchi di Constantinescu. Dej gestì abilmente il suo discorso, cercando di mantenere la stessa posizione all’interno del partito e di allinearsi alla nuova posizione ideologica di Mosca. Gheorghe Onişoru aggiunge: Intervennero a sostegno di Dej coloro che avevano la maggioranza nell’Ufficio Politico, in primo luogo Alexandru Drăghici. Gheorghe Apostol attaccò Constantinescu. Intervenne pure Chivu Stoica chiedendo a Constantinescu perché non aveva sollevato la questione a marzo, quando era stato presentato il rapporto. Sempre a sostegno di Dej, Alexandru Moghioroş chiese a Constantinescu perché non aveva criticato i modelli di Dej fino allora. Voleva forse fare un’analogia fra ciò che era successo nell’URSS relativo al culto della personalità di Stalin e i metodi di Dej? Naturalmente, Bodnăraş, amico di Dej, ebbe l’ultima parola. Il giorno dopo, Miron Constantinescu si scuso per il modo in cui aveva posto il problema nell’Ufficio Politico e si disse pronto a sottoporsi a qualsiasi decisione. La chiave di lettura di questa dichiarazione di Constantinescu è un episodio avvenuto quattro anni prima quando il numero tre nel partito, Luca, era stato destituito da tutti gli incarichi nel partito e arrestato. La seduta si concluse con l’intervento di Dej, le cose erano state sistemate e il piccolo tentativo di ribellione di Constantinescu era finito.



Dej continuò a condurre la Romania con una mano di ferro e disse persino che la questione della destalinizzazione non si poneva in Romania, perché lo aveva fatto lui stesso prima della morte di Stalin. (trad. G.P.)

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