Corneliu Coposu e il dovere della libertà
Corneliu Coposu è stato un esponente politico di spicco del nostro Paese, una persona che ha voluto mantenere il legame con la Romania democratica anche dopo linsediamento del regime comunista.
Steliu Lambru, 31.08.2014, 13:43
Corneliu Coposu è stato un esponente politico di spicco del nostro Paese, una persona che ha voluto mantenere il legame con la Romania democratica anche dopo l’insediamento del regime comunista. Ha contribuito in maniera fondamentale alla rinascita dello spirito democratico nel Paese dopo il 1989. La società romena gli deve moltissimo per il modello offerto, per la sua fede nel dovere di lottare per la libertà, la giustizia e l’onore, per l’onestà e la devozione con cui ha seguito i suoi compagni di sofferenza nel Gulag romeno. Fu soprannominato Il Gentiluomo”.
Nato il 20 maggio 1914 nella provincia di Salaj, nel nord-ovest della Romania, nella famiglia di un prete greco-cattolico, Corneliu Coposu ha studiato legge, addottorandosi in scienze giuridiche presso l’Università di Cluj. Fu uno stretto collaboratore e segretario personale del presidente del Partito Nazionale dei Contadini Cristiano Democratico, Iuliu Maniu. Il 14 luglio 1947, Coposu venne arrestato, assieme all’intera direzione del Partito, in seguito ad una messinscena del governo comunista. Fu condannato ai lavori forzati a vita e rilasciato nel 1964, dopo 17 anni di prigione, di cui 9 anni in completo isolamento nel carcere di Ramnicu Sărat.
Corneliu Coposu è sopravvissuto al calvario del regime di sterminio cui il regime comunista ha sottoposto la democrazia romena dopo il 1945. La giornalista Lucia Hossu-Longin gli chiese nel 1993 se sceglierebbe una vita diversa se potesse tornare nel tempo. La risposta fu negativa.
No. Mi sono fatto un esame di coscienza, ho passato in rassegna tutte le sofferenze e le miserie subite in carcere, negli anni di reclusione, soprattutto le persecuzioni negli anni dopo la liberazione e penso che non avrei altra scelta. Opterei ad occhi chiusi per lo stesso destino. Forse i nostri destini sono stati scritti molto prima. Io non sono fatalista, ma penso che se mi si presentassero alternative, sceglierei lo stesso passato che ho vissuto e lo ripeterei serenamente”, ha risposto Corneliu Coposu.
L’incontro con persone di questo tipo è un privilegio. L’esperienza esistenzialista massima per Corneliu Coposu fu quella nel carcere di Ramnicu Sărat.
Il carcere di Râmnicu Sărat aveva 34 celle di cui 16 disposte a pianterreno e al piano di sopra, separato da una rete di filo ferrato. Aveva altre 2 celle laterali e 4 per la punizione nel seminterrato. Ogni cella aveva le dimensioni di 3 metri per 2. Erano disposte a forma di favo, una accanto all’altra, all’altezza di 3 metri c’era un finestrino inaccesibile, di 45 per 30 centimetri, coperto all’esterno, che non lasciava passare la luce. C’era una lampadina da 15 watt permanentemente accesa, che creava dentro una luce funebre. Non c’era riscaldamento, il carcere era stato costruito all’inizio del secolo, con delle mura molto grosse. Era circondato da due file di mura alte 5-6 metri, separate da un corridoio di controllo. Sul secondo muro stavano i soldati armati che facevano da guardie”, ricordava il grande politico.
Il regime totalitario si rapportava alle persone non come esseri umani con nome e cognome, ma come numeri. Nel 1993, Corneliu Coposu ricordava com’era stata la vita sua e degli altri in carcere.
Ciascun detenuto aveva un numero, quello della cella in cui era rinchiuso. I nostri nomi erano sconosciuti. Erano escluse le conversazioni, dato che ognuno era solo nella cella e per molto tempo la comunicazione avvenne tramite segnali Morse, oppure colpi nei muri, fino a quando il sistema fu scoperto e ci punirono severamente. Dopo di che, comunicavamo tramite una tosse di tipo Morse, molto faticosa, soprattutto a causa dello stato di debolezza di noi tutti. Io ero rinchiuso nella cellula n.1 e sopra di me al numero 32, c’era Ion Mihalache che inizialmente poteva essere contattato tramite segnali Morse, ma dopo 4-5 anni, quando aveva perso l’udito, non reagiva più ai colpi nel muro”, ricordava ancora il politico.
Nel 2014, l’intera Europa commemora il centenario della prima guerra mondiale. La Romania ha commemorato anche il centenario Corneliu Coposu, un uomo senza il quale le sarebbe stato ancora più difficile ritrovare se stessa. (traduzione di Gabriela Petre)