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Convivenze interetniche nella Grande Romania

Nel 1918, la nuova Romania accorpava il 28% di popolazione minoritaria insieme alla quale la maggioranza convivrà sia in base alla legge che ai costumi.

Convivenze interetniche nella Grande Romania
Convivenze interetniche nella Grande Romania

, 25.10.2017, 10:01

Nel 1918, la nuova Romania accorpava il 28% di popolazione minoritaria insieme alla quale la maggioranza convivrà sia in base alla legge che ai costumi. Lungo mezzo secolo, le relazioni tra la popolazione maggioritaria e minoritaria in Romania attraversarono, purtroppo, tutte le possibilità derivanti dalla tormentata storia del Novecento, cioè da tolleranza a genocidio.

Insieme allo storico Ioan Scurtu abbiamo passato in rassegna le relazioni tra la maggioranza romena e le minoranze nella prima metà del XX secolo, precisamente fino alla fine della seconda Guerra Mondiale. Sono da definire complessivamente buone, con alcune eccezioni. Ioan Scurtu ha commentato le circostanze in cui venne firmata la pace dopo la prima Guerra Mondiale: La Conferenza di Pace di Parigi del 1919-1920 prese lo spunto dal rispetto del principio nazionale, cioè che gli stati che si stavano costituendo sulle rovine degli imperi asburgico e russo fossero stati nazionali. Però, allo stesso tempo, la realtà ha dimostrato che nessuno stato poteva essere etnicamente puro. Cosicchè anche la Romania ha avuto nella sua struttura delle minoranze nazionali, in meno però rispetto a stati vicini come Cecoslovacchia, Polonia o Jugoslavia, con percentuali notevoli di minoranze nazionali. Se parliamo di retaggio, allora dobbiamo tenere presenti le realtà e le evoluzioni storiche. Lungo il tempo, sul territorio attuale della Romania e di quella del 1918 si stabilirono varie minoranze. Nella Dobrugea, furono colonizzati turchi, tartari e bulgari da parte dell’Impero ottomano che ebbe il dominio su questo territorio dal 1417 al 1878. In Bessarabia, l’Impero russo colonizzò russi, ebrei, ucraini, bulgari e gagauzi. Poi, la Transilvania fu colonizzata da sassoni e sekleri, in Bucovina arrivarono tedeschi, ebrei e ucraini, cosicchè si creò una struttura nazionale complessa. I romeni accettarono e accolsero delle minoranze perseguitate negli stati di origine: è il caso degli ebrei perseguitati, che subirono veri pogrom in Polonia e Russia. C’era tutt’un mosaico di nazionalità, però nessuna raggiungeva nemmeno il 10%.

Una delle minoranze che provocò delle vertenze fu quella ungherese. Ioan Scurtu ha fatto riferimento alla questione degli optanti in Transilvania: Gli optanti erano gli abitanti della Transilvania ai quali, in base al Trattato del Trianon, fu concesso il diritto di optare per la cittadinanza magiara e si trasferirono in Ungheria. Come conseguenza della legge sulla riforma agraria attraverso l’espropriazione delle grandi proprietà e la loro spartizione ai contadini, ovviamente vennero espropriati anche dei cittadini ungheresi, però il numero dei romeni rimasti senza proprietà era più alto. Ricevettero terra sia i contadini ungheresi, che quelli romeni, ucraini, russi, bulgari ed altri. Gli optanti si considerarono trattati ingiustamente, fecero causa contro lo stato romeno, sostenuti dal governo di Budapest, si lamentarono presso la Società delle Nazioni. Tutto fu un mezzo di agitazione da parte del governo ungherese per accreditare nell’opinione pubblica europea l’idea che ci fosse un problema della Transilvania che apparteneva alla Romania. La Convenzione dell’Aja del 1932 stabiliva risarcimenti per gli optanti da parte del governo ungherese dalla quota che questo governo doveva pagare alla Romania come risarcimenti di guerra.

Una seconda minoranza che rappresentò un’eccezione dalla regola della buona convivenza fu quella bulgara. Ioan Scurtu spiega: Dopo il Trattato di Bucarest del 1913, che poneva fine alla seconda guerra balcanica, la Romania ha annesso le due province, chiamate anche Quadrilatero, abitate da una percentuale abbastanza importante di bulgari. Nel Quadrilatero non c’era una maggioranza etnica: nè i romeni, nè i bulgari, e neanche i turchi erano maggioritari, c’era un crogiolo etnico. I bulgari hanno preteso non solo il Quadrilatero, bensì l’intera Dobrugea, si sono appellati anche ai contadini bulgari per agitare lo spirito rivendicativo. La stessa propaganda fu condotta anche dal Partito comunista bulgaro attraverso la III Internazionale comunista, in cui Georgi Dimitrov svolse un ruolo importante. C’era una convergenza tra i revisionisti ungheresi e quelli bulgari, la meta era lo smembramento dello stato romeno, il che avvenne nel 1940. Anche nel caso degli ungheresi, come anche in quello dei bulgari e di altri, lo stato romeno ha assicurato diritti e libertà di manifestazione, compresa la presenza nel Parlamento.

Fu la minoranza ebrea ad aver patito al massimo a causa del clima politico interbellico, quando si arrivò al suo sterminio. Eppure, Ioan Scurtu ritiene che fino alla metà degli anni 1930 anche le relazioni tra gli ebrei e i romeni furono normali: In primo piano viene detto, secondo me in maniera esagerata, che ci fossero stati dei conflitti, pogrom e così via. Io non accetto e dai documenti non risulta che nel periodo interbellico ci fossero stati dei conflitti tra ebrei e romeni. E’ vero che, dopo il 1934-1935, sullo sfondo dello sviluppo dei movimenti di estrema destra, soprattutto dopo l’avvento di Hilter al potere nel 1933, la corrente nazionalista si rafforzò, mirando a consolidare la nazione romena e ad eliminare le altre minoranze: veniva rilevata l’idea che la Romania doveva appartenere ai romeni. Quello che è accaduto dopo il 1940 ormai non era più il frutto di evoluzioni normali nella società romena. Durante il regime militare-legionario di Antonescu vennero infatti adottate delle misure contro gli ebrei a livello di massa. Nel 1941 furono adottate una serie di azioni miranti alla distruzione fisica degli ebrei. Sono i più condannabili atti del governo Antonescu, poichè ebrei della Bucovina e della Bessarabia vennero deportati in Transnistria senza alcuna giustificazione.

Foto: pixabay.com
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