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80 anni dall’insediamento del governo filocomunista Petru Groza

Una delle date dal significato profondamente negativo nella storia della Romania contemporanea fu il 6 marzo 1945.

80 anni dall’insediamento del governo filocomunista Petru Groza
80 anni dall’insediamento del governo filocomunista Petru Groza

, 01.04.2025, 20:35

Quel giorno, su pressione dell’emissario sovietico Andrei Vâșinski, si insediò un governo formato dal Fronte Nazionale Democratico, alleanza guidata dal Partito Comunista Romeno, un governo presieduto dal giurista Petru Groza. Considerato dagli storici l’Esecutivo più tossico, il governo Groza è responsabile della sovietizzazione della Romania, della trasformazione economica, politica, sociale e culturale da paese libero e democratico a paese repressivo e totalitario. Attraverso le misure adottate, il governo Groza ha nazionalizzato i mezzi di produzione, varie strutture e case private, ha modificato le leggi che riguardavano il funzionamento delle unità economiche, ha abolito i partiti politici e ha facilitato al sistema giudiziario l’incarcerazione di centinaia di migliaia di persone innocenti.

Nel febbraio 1945, gruppi comunisti iniziarono azioni di protesta contro il governo guidato dal generale Nicolae Radescu con l’obiettivo di destabilizzarlo e creare una crisi artificiale. Il deterioramento del clima politico di allora fu descritto nel 1976 da Constantin Vişoianu, ministro degli Esteri di quel governo, al microfono di Radio Free Europe. Vişoianu ha ricordato il modo in cui Andrei Vâşinski costrinse Re Michele I a destituire Radescu.”In quell’atmosfera e in mezzo a quelle agitazioni, Vâşinski arrivò a Bucarest il 26 febbraio 1945. L’ambasciata sovietica mi informò, poiché a quel tempo ero ministro degli Esteri della Romania, che il signor Vâşinski voleva essere ricevuto dal re il giorno successivo. Sebbene fosse una richiesta formulata in modo improprio, consigliai al re di accettare. Il giorno successivo ebbe luogo la prima udienza di Vâşinski, alla quale ho partecipato anch’io. Vâşinski ha cominciato a spiegare quella che secondo lui era la situazione in Romania in quel momento, dicendo che il governo non era abbastanza democratico, che non riusciva a controllare le masse, che non si stava impegnando abbastanza per appianare le tensioni. Erano delle mere invenzioni. Ma la sua tesi era che il governo non era abbastanza democratico e che bisognava cambiarlo. Chiese al re di sostituire il governo Radescu il prima possibile. Questa prima udienza si è svolta in un tono civile.”

Il re ha cercato di rinviare la sostituzione di Radescu per guadagnare tempo. Ma Vâşinski non era disposto ad aspettare. Seguì una seconda visita, meno gentile, descritta da Constantin Vişoianu. “Il 27 febbraio Vâşinski chiese nuovamente di essere ricevuto dal re. Ero presente anch’io a questa udienza. Il tono di Vâşinski si fece più brutale e dichiarò a nome del suo governo che la situazione attuale non poteva più continuare. , disse egli.”

Chiese addirittura che il re costringesse immediatamente Radescu a dimettersi e instaurasse un governo più democratico. Il re gli spiegò che il governo era il più democratico possibile, dato che sono presenti i rappresentanti dei partiti più importanti, compresi i comunisti, e che è sostenuto da tutta la nazione romena. Vâşinki rispose al re che il governo Radescu non era democratico, senza fornire alcun argomento. Sono intervenuto e ho spiegato a Vâşinski il meccanismo politico e costituzionale della Romania, dicendogli che il nostro re è costituzionale e che non può nominare i membri del governo, compito che spetta ai partiti politici. Egli ha insistito chiedendo che si formasse immediatamente un governo delle masse. E con questo lasciò il re.”

La terza udienza di Vâşinski dal re fu l’inizio della fine per la democrazia romena. Constantin Vişoianu: “Il giorno successivo, il 28 febbraio, Vâşinski chiese una nuova udienza al re, alle 15,30. Anche in questo caso ero presente all’incontro. Questa volta il tono di Vâşinski era estremamente violento. Disse: . Il re rispose che aveva informato il governo dei desideri del rappresentante sovietico e che erano attualmente in corso trattative con i rappresentanti dei partiti. Vâşinski disse: .

Iniziò a minacciare, dicendo che la situazione era molto grave e che il nuovo governo doveva essere insediato entro le 18, cioè entro due ore. Si alzò, colpì il tavolo con il pugno e uscì sbattendo la porta così forte che l’intonaco attorno si spezzò. Così si concluse la terza udienza, nella quale ho cercato di spiegare a Vâşinski che il re non può destituire il governo senza consultare i leader dei partiti che lo compongono. Vâşinski rispose con falsa cortesia che non era venuto a parlare con il ministro degli Esteri ma con il re. Ho informato anche i rappresentanti inglese e americano dell’atteggiamento del rappresentante sovietico, poiché parlava a nome della Commissione di controllo alleata di cui facevano parte le potenze alleate. Purtroppo la politica seguita allora dagli americani e dagli inglesi non ci è stata di grande aiuto.”

La nomina di Petru Groza nel governo approvato dai comunisti fu il prezzo per evitare spargimenti di sangue. Ma fu anche il momento del ritorno dell’amministrazione romena nella Transilvania settentrionale, il 9 marzo 1945, territorio ceduto all’Ungheria nel 1940 in seguito al Diktat di Vienna.

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