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80 anni dal secondo Arbitrato di Vienna

Il 30 agosto del 1940, a Vienna, Germania e Italia imponevano alla Romania di cedere la Transilvania del Nord all'Ungheria.

80 anni dal secondo Arbitrato di Vienna
80 anni dal secondo Arbitrato di Vienna

, 25.09.2020, 16:06

Il 30 agosto del 1940, a Vienna, Germania e Italia imponevano alla Romania di cedere la Transilvania del Nord all’Ungheria. Era per la seconda che la Romania era costretta a cedere territori, dopo la perdita della Bessarabia e Bucovina del Nord a favore dell’Urss a giugno 1940. La terza volta avvenne a settembre del 1940, quando la Dobrugia del Sud fu ceduta alla Bulgaria. Il docente Marius Turda insegna all’Oxford Brookes University la storia dell’eugenica, del razzismo e della biopolitica. Gli abbiamo chiesto se la perdita della Transilvania del Nord era prevedibile alla fine degli anni 30. Era in un certo senso prevedibile se pensiamo a tutta la propaganda fatta dal regime nazzista a partire dagli anni 30. Essa si basava molto chiaramente sulla revisione dei Trattati di pace di Parigi firmati dopo la Prima Guerra Mondiale. Se guardiamo gli scritti degli ideologi nazisti, soprattutto gli scritti di Adolf Hitler, nel libro La mia battaglia egli disse molto chiaramente che tra i principali obiettivi della nuova rivoluzione nazista sarebbe stato il ritorno della Germania alla situazione internazionale di prima del 1914. Tutti quelli che seguirono con attenzione gli sviluppi politici e i dibattiti ideologici nella Germania degli anni 30 sapevano che Hitler, ad un certo punto, avrebbe spinto verso una soluzione dei problemi della Germania nello spazio centro-europeo, ha raccontato Marius Turda.



La Romania firmò il documento con cui cedeva la Transilvania del Nord e molti storici si chiedono se avesse potuto fare altro che accettare. Poteva opporre resistenza e fare qualcosa, era tuttavia uno stato indipendente e aveva il potere di decisione. Quali conseguenze avrebbe avuto una resistenza armata è un’altro dibattito. Ma dal punto di vista della dignità nazionale avrebbe potuto opporsi e difendersi con le armi contro la decisione presa a Vienna nel 1940. Dobbiamo pensare anche all’impatto sulla popolazione. È molto importante dire che, ad esempio, il Maramureș scomparì dopo 7 secoli di storia nel 1945. Fu incoroporato dall’Ungheria nel 1940, e nel 1945, quando tornò alla Romania, c’era solo la metà di esso. Fu un effetto diretto del fatto che la Romania non intervenì nel 1940 per combattere per la Transilvania del Nord. Per non parlare poi dell’impatto sulla popolazione ebraica del Maramureș, la regione della Grande Romania col maggior numero di ebrei, circa il 30% della popolazione della regione, dice Marius Turda.



Prima del 30 agosto 1940, la Romania cercò di proporre soluzioni alternative all’Ungheria, ma quest’ultima non accettò. Marius Turda. Track: Va detto che il governo di Bucarest e quello di Budapest cercarono in un certo modo di trovare una soluzione biopolitica per la Transilvania del Nord tramite il trasferimento di popolazione. Sabin Manuilă, di Bucarest, fu molto implicato in questo programma per la soluzione di ciò che si chiamava il problema delle enclavi etniche nell’ovest della Romania. Il governo di Bucarest sapeva però che l’Ungheria non avrebbe mai rinunciato alle pretese territoriali e allora l’unica possibilità era di trasferire i romeni in Romania e rendere la Transilvania del Nord più omogenea dal punto di vista etnico. Il problema fu il Maramureș, che aveva una popolazione romena considerata l’emblema della romenità, e una popolazione ebraica. Ma il Maramureș sarebbe stato sacrificato. Lo storico romeno Nicolae Iorga diceva negli anni 30 che il Maramureș sarebbe diventato ebraico in qualche decina d’anni, ha raccontato Sabin Manuilă.



Una volta entrata in possesso del territorio, l’Ungheria passò a una politica di uniformizzazione etnica. Seguì l’introduzione delle leggi razziali nella Transilvania del Nord da parte del regime di Budapest nel 1940, la terza legge antisemitica, legge eugenica che vietava i matrimoni tra ebrei e magiari. Sin dalla fine degli anni 30, in Ungheria c’era un grande programma di formazione di un numero quanto maggiore di famiglie di magiari, per aiutare i magiari a diventare più numerosi. C’era un programma grazie al quale venivano dati loro pezzi di terra affinchè si costruissero case. Dopo la dissoluzione della Jugoslavia, in Ungheria furono trasferiti sekler e magiari dalla Bucovina. Il Governo magiaro fece moltissimo per ripopolare le zone considerate pericolose dal punto di vista etnico perchè i maggiari non erano maggioritari. Programmi economici e sociali furono introdotti anche in Transilvania. Sempre in Transilvania fu fondato il primo istituto di igiene razziale in Ugheria, a Cluj, nel 1940. Venne creato un dipartimento di antropologia, e ulteriormente uno di genetica umana. L’idea era quella di vedere quale impatto avrebbe avuto la cosiddetta occupazione romena della Transilvania del Nord in 20 anni sulla popolazione magiara. Si fecero indagini sulla struttura razziale, sulle usanze e sulla lingua magiara per vedere se dal punto di vista etnico la nazione magiara era stata intaccata in qualche modo dal periodo in cui era nella Grande Romania, ha spiegato Marius Turda.



L’occupazione ungherese della Transilvania del Nord durò fino a marzo 1945, fino all’insediamento del governo comunista, quando l’Urss permise all’amminstrazione romena di fare di nuovo parte delle istituzioni locali. I 4 anni e mezzo di amministrazione magiara significarono una vera tragedia umanitaria: 1000 romeni uccisi, altre decine di migliaia torturati, arrestati e chiusi in campi di concentramento. Circa 500.000 si rifugiarono in Romania. Nella Transilvania del Nord fu scritta anche una delle pagine più orrendi della tragedia umana: l’Olocausto. Dalla Transilvania del Nord e dal Maramureș, le autorità magiare inviarono nei lager nazisti circa 166.000 ebrei, di cui 130.000 vi perirono.




Foto: pixabay.com
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