75 anni dalla deportazione degli ebrei dalla Transilvania de Nord
La commemorazione dei 75 anni dalla deportazione degli ebrei dalla Transilvania del Nord nei lager di sterminio nazisti è qualcosa che va ricordato periodicamente in quanto la possibilità di ripetere un disastro come l'Olocausto va eliminata.
Steliu Lambru, 01.10.2019, 19:10
Le
commemorazioni devono ricordare alle prossime generazioni cosa è successo
prima, quando le precedenti generazioni hanno preso decisioni gravi che hanno portato
a tragedie collettive. Le commemorazioni devono servire come lezioni affinchè
le idee che hanno portato a decisioni criminali non si ripetano più. Molti
ritengono questa un’ingenuità perchè l’essere umano ha un potenziale illiminato
di fare male al prossimo. Ma non commemorare una tragedia umana, restarci
indifferente, è qualcosa di inaccettabile. Per il presente, il passato resta
sempre un punto di riferimento e se dal passato provengono le crisi e gli
esempi di non umanità, è sempre dal passato che ci arrivano anche le soluzioni
per rendere il mondo migliore.
La
commemorazione dei 75 anni dalla deportazione degli ebrei dalla Transilvania del
Nord nei lager di sterminio nazisti è qualcosa che va ricordato periodicamente
in quanto la possibilità di ripetere un disastro come l’Olocausto va eliminata.
Il genocidio, l’uccisione di massa, non deve più ritrovarsi su nessuna agenda
politica futura. Gli ebrei europei hanno pagato un prezzo troppo grande per le
fantasie criminali del fascismo, per l’illusione di una società migliore,
150000 di essi provenendo dalla Transilvania del nord, regione a maggioranza
romena, annessa il 30 agosto 1940 dall’Ungheria.
Nella
primavera del 1944, le autorità magiare cominciavano l’arresto degli ebrei e la
loro ghettizzazione. Hitler aveva iniziato a perdere la fiducia che i regimi
autoritari in Ungheria e Romania avrebbero liquidato la popolazione ebraica e
aveva deciso di farlo lui. Dopo l’obbligo a indossare la Stella di David come
distintivo della razza e le tante umiliazioni, dopo l’elaborazione della
legislazione razziale con cui gli ebrei perdevano i diritti civili, politici ed
economici, adesso erano obbligati a lasciare le proprie abitazioni. Marius
Popescu, del centro di Studio della Storia degli Ebrei in Romania Wilhelm
Filderman racconta la successione degli eventi vissuti dagli ebrei della Transilvania
del Nord occupata dall’Ungheria.
Il processo di ghettizzazione degli
ebrei iniziò il 3 maggio del 1944. A confronto, ciò che negli stati occidentali
avvenne in 2-3 anni, nel nord della Transilvania avvenne in un mese e mezzo. Ciò
basta per farci capire la celerità delle autorità tedesche e magiari che fecero
un insolito eccesso di zelo nello sterminare la popolazione ebraica, ha precisato
Marius Popescu.
Cosi’, nelle città della Transilvania
del Nord apparvero i ghetti, in cui sarebbe stata decisa la sorte della gente. Marius
Popescu. Apparvero ghetti a Oradea, Cluj, Dej, Satu Mare, Sfântu Gheorghe,
Târgu Mureş, Şimleu. Questo processo di ghettizzazione avvenne in base alla
pratica con cui gli ebrei erano radunati dai comuni e dai villaggi circostanti
e ghettizzati nei capoluoghi di provincia. Ma non si trattava di ghetti veri e
propri. Ossia non erano i ghetti che troviamo in Polonia, dove erano creati in
una città, dove venivano costruite delle mura e la popolazione ebraica ci
abitava condizioni assolutamente misere. Nella Transilvania del Nord abbiamo
un’altra specificità: erano ghetti di transito. Userei il termine di ricovero
degli ebrei perchè non passavano più di 2-3 settimane in un ghetto. È entrata
nel nostro vocabolario la parola ghetto,
ma io non la chiamerei cosi’. Un ghetto era alla periferia della città, dove la
popolazione ebraica era radunata in uno spazio molto piccolo. La popolazione
ebraica di Oradea era pari al 30%, ossia circa 30 mila ebrei di Oradea erano
stati ghettizzati. Coloro che furono ghettizzati a Cluj furono 18.000 proprio
sul luogo dove sorgeva all’epoca la fabbrica di terrecotte Iris. Le condizioni
erano misere, non c’erano toilettes, si mangiava una volta al giorno e la gente
viveva esclusivamente con ciò che si erano portati da casa. Il 3 maggio del 1944, quando furono presi dai gendarmi, venne
concessa loro solo mezz’ora per prepararsi. Il ghetto era circondato di filo spinato,
ha raccontato Marius Popescu.
Elie Wiesel, Nobel per la Pace, oriundo
di Sighetu Marmaţiei, visse l’esperienza del ghetto prima di finire ad Auschwitz.
Eva Hyman, una bambina di 13 anni quando fu gassata ad Auschwitz,
soprannominata Anne Franck della Transilvania, visse l’esperienza del ghetto
di Oradea. Il medico Nyiszli Miklos, di Oradea, prigioniero ad Auschwitz e
collaboratore del temibile medico-capo Josef Mengele, L’angelo della morte,
visse in un ghetto, giunse ad Auschwitz ed ebbe la chance unica di
sopravvivere. Questi tre nomi sono solo alcuni, più noti, di ebrei che
passarono attraverso i ghetti della Transilvania del Nord e lasciarono
testimonianze scritte sulla vita nel ghetto.
Nel momento in cui entravano nei
ghetti, gli ebrei erano umiliati e persino uccisi. Abbiamo qualche esempio di
ciò che significò la birreria Dreher, dove gli ebrei furono pestati, furono
loro somministrate scosse elettirche e furono mutilati per farli confessare
dove nascondevano i loro patrimoni o fornire informazioni sulle persone alle
quali avevano affidato i loro beni. Abbiamo testimonianze grazie ai superstiti,
pochissimi riuscirono a tornare da Auschwitz. Farei altri due nomi: Otto Adler
e Oliver Lustig, quest’ultimo scrisse anche il libro Il processo dei ghetti
nel nord della Transilvania. Abbiamo una visione molto dettagliata su ciò che
successe in questi ghetti e sulle atrocità avvenute, ha raccontato Marius
Popescu.
75 anni fa, per circa 150.000 ebrei
della Transilvania del Nord occupata dall’Ungheria, la vita stava per finire.
Cominciava, però, la loro testimonianza per l’eternità.