35 anni dalla Proclamazione di Timișoara
I mesi che seguirono la Rivoluzione romena del dicembre 1989 furono confusi, tipici di una società che voleva ritrovare se stessa.
Steliu Lambru, 11.04.2025, 19:56
I rivoluzionari di Timișoara, il luogo da cui fu dato il segnale per il ritorno della Romania alla luce dopo decenni di buio comunista, riuniti nella società “Timișoara”, redassero nel marzo 1990 la famosa Proclamazione. Si trattava di un vero e proprio manifesto civico che delineava il cammino verso la democrazia che la Romania aveva la possibilità di seguire. A 35 anni da allora, Ioan Stanomir, professore alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Bucarest, ritiene che la Proclamazione sia la prova che la maggioranza della società romena non era riuscita a fuggire mentalmente dal passato che la teneva ancora prigioniera. “La Proclamazione di Timişoara rappresenta l’idea di una parte della società romena. L’anno 1990 è, sotto tutti i punti di vista, un anno di svolta. È l’anno della Proclamazione di Timişoara, è l’anno delle prime elezioni del 20 maggio ed è l’anno delle marce dei minatori. Quindi un anno che iniziò all’insegna della speranza e finì all’insegna del dominio del Fronte della Salvezza Nazionale e del plebiscito di Ion Iliescu. Da questo punto di vista, la visione della Proclamazione di Timișoara è una isolata nel contesto romeno. Ciò che la Proclamazione di Timișoara afferma non riflette le aspirazioni della maggioranza dei romeni. Da questo punto di vista, la Proclamazione di Timişoara ha una condizione speciale, è solitario, ma anche visionario. È solitario perché si separa dal mainstream, è visionario perché in esso troviamo effettivamente tutto ciò che avremmo cercato di costruire in questi 35 anni.”
La Proclamazione di Timişoara chiedeva un’economia di mercato, libertà di espressione, multipartitismo e altri diritti umani. Ioan Stanomir afferma però che per i romeni di allora tutto ciò significava cose diverse. “Dipende da ciò che intendiamo. Economia di mercato non significava libero mercato, ma piuttosto abbondanza rispetto alla miseria del passato. Libertà non significava necessariamente pluralismo, ma libertà all’interno del Fronte di Salvezza Nazionale. Pluripartitismo non significava libero confronto tra partiti, ma adesione a questo tipo di entusiasmo del Fronte di Salvezza Nazionale. Le sfumature sono molto complicate e basta guardare le immagini di quel periodo per capire, infatti, come la società romena fosse povera, immatura, traumatizzata a quel tempo.”
Abbiamo chiesto a Ioan Stanomir qual è il posto della Proclamazione di Timisoara nelle riforme seguite all’anno rivoluzionario 1989? “È un documento dell’Europa centrale che sarebbe potuto essere firmato anche dai cechi, dagli ungheresi e dai polacchi. La Romania ha avuto la fortuna di avere questa parte occidentale aperta al mondo e Timişoara è riuscita, in quei momenti, a essere una sorta di avanguardia della sincronizzazione romena con l’Occidente. La Romania è un paese diverso in cui ogni particella ha il suo posto. Ma attraverso quello che ha fatto nel dicembre 1989 e dopo, Timişoara è totalmente diversa dal resto del paese. Dobbiamo essere grati a coloro che, in solitudine, isolati, denunciati, hanno pensato a questo futuro. Dobbiamo essere grati a loro, non a coloro che hanno vinto le elezioni nel maggio 1990. Coloro che vinsero le elezioni nel maggio 1990 governarono in quel periodo. Coloro che hanno scritto la Proclamazione di Timişoara hanno pensato a coloro che, a volte, non sono riusciti più a conoscere, ma ci hanno pensato con amore e affetto come a generazioni che sarebbero cresciute nella libertà.”
Il punto più controverso della Proclamazione di Timişoara è stato il punto 8. Esso chiedeva l’uscita dalla vita pubblica degli ex funzionari comunisti e dei membri dell’ex apparato di repressione. Il fenomeno venne chiamato “lustrazione” e fu presente in tutti i paesi ex comunisti. “La lustrazione significava, infatti, il tentativo di bloccare l’accesso alle posizioni nominate ed elette di coloro che avevano fatto parte dell’apparato comunista, compresa la polizia politica. E abbiamo anche la risposta alla domanda perché la lustrazione non potè essere applicata? Perché la lustrazione avrebbe significato la separazione del popolo romeno dal suo figlio più caro, Ion Iliescu. Ion Iliescu è una personalità abbastanza complessa in quanto ha vissuto più vite. Ion Iliescu del 1990 non è colui che ha presieduto all’ammissione della Romania alla NATO e all’inizio dell’integrazione europea. Ion Iliescu del 1990 era più vicino a Gheorghiu-Dej e Iosif Vissarionovici Stalin che al presidente equilibrato del suo ultimo mandato come capo di stato”, spiega Ioan Stanomir.
Cosa significa oggi, per la nuova generazione, la Proclamazione di Timisoara? “Significa infatti la bussola che dovrebbe guidarci. Significa dignità umana, pluralismo, libertà, economia di mercato, Occidente, patriottismo. Non dimentichiamo il patriottismo, ma non il patriottismo demagogico bensì il patriottismo operoso e sano di chi lavora. Dobbiamo riscoprire questa dignità del lavoro, non nel senso orribile e sinistro dei decenni di comunismo. Perché nel comunismo, forse dovremmo dirlo alla gente di questo Paese, il popolo che lavorava era oppresso dalle persone che governavano. E il partito comunista, nelle sue varie forme, non ha mai rappresentato coloro per i quali parlava. Tutti coloro che lavorano, nelle varie forme, devono essere rispettati. Il rispetto per l’altro è la base della democrazia ed è l’unica alternativa alla barbarie, al dispotismo e al totalitarismo”, conclude Ioan Stanomir.
La Proclamazione di Timişoara del 1990 è il documento senza il quale la Romania non può essere compresa dopo il 1989. Fa parte dei grandi atti della storia romena del XX secolo, nonostante la disillusione che è seguita.