30 anni dalla marcia dei minatori su Bucarest
Le violente vicende avvenute dal 13 al 15 giugno a Bucarest, che hanno culminato con l'arrivo dei minatori e le aggressioni contro la popolazione civile della Capitale, hanno rappresentato un passo indietro della società romena
Steliu Lambru, 14.06.2020, 17:54
Le violente vicende avvenute dal 13 al 15 giugno a Bucarest, che hanno culminato con l’arrivo dei minatori e le aggressioni contro la popolazione civile della Capitale, hanno rappresentato un passo indietro della società romena a poco più di sei mesi dopo aver riconquistato la libertà a dicembre 1989. Un esempio per dimostrare che, per guarire, una società uscita da un regime politico totalitario deve lottare contro i demoni del passato.
La marcia dei minatori del giugno 1990 era il terzo arrivo dei minatori a Bucarest per sostenere il Fronte della Salvezza Nazionale (FSN) contro i partiti all’opposizione. Ma fu, in realtà, una manifestazione dell’odio e dell’intolleranza nei confronti del pluralismo democratico che rinasceva difficilmente. Sullo sfondo delle proteste organizzate dall’Opposizione a Piazza dell’Università da aprile 1990 e delle elezioni del 20 maggio 1990 vinte dal FSN, la tensione aveva raggiunto l’apice. Il 13 giugno, il tentativo delle istituzioni di rimuovere la manifestazione dalla Piazza dell’Università diede inizio a tre giorni di violenze nel corso dei quali sei persone hanno perso la vita e quasi 750 sono rimaste ferite.
Lo storico Cristian Vasile spiega la particolarità della vicenda del 13-15 giugno. Alcuni storici l’hanno collocata nel contesto del periodo immediatamente postcomunista, considerandola l’ultima repressione di stampo comunista avvenuta in Romania. E, secondo me, hanno ragione, poichè quelle manifestazioni di repressione contro una fascia della società civile presentano certe particolarità viste nella storia nazionale anche subito dopo il 1944. Tale fatto si spiega con la continuità di personale politico e di pratiche che hanno definito il periodo cominciato a marzo 1945. Le pratiche di azioni politiche di istigare alcuni civili contro altri civili sono state palesi anche a giugno 1990, osserva lo storico.
E’ stato detto che la marcia dei minatori avvenuta a giugno 1990 fosse stata provocata dalla debolezza dello Stato e delle forze dell’ordine nel sopprimere le proteste del 13 giugno. Anch’io sarei tentato di credere nella teoria della debolezza delle forze dell’ordine incapaci di por fine ad un disordine. Se guardiamo attentamente gli sviluppi del 13-15 giugno, soprattutto quelli del 13, poichè è la data essenziale, notiamo, infatti, una debolezza delle forze dell’ordine, ma anche certi elementi inspiegabili. Parecchie registrazioni attendibili riportano gli interventi via radio dell’allora viceministro dellInterno, il generale Diamandescu, mentre dice al suo interlocutore: mettiamo fuoco agli autobus, come concordato. Cosa possiamo capire da queste parole? In ugual misura, testimonianze concordanti indicano che il fuoco nella sede della polizia della capitale non è stato messo dai manifestanti, ma è apparso dall’interno. Sempre inspiegabile è anche come mai centinaia di poliziotti si ritirano senza difendersi anche dalla sede del Ministero dell’Interno, aggiunge Cristian Vasile.
Il consolidamento delle nuove autorità rappresentate da Ion Iliescu attraverso la manipolazione delle masse è vista dalla maggior parte degli studiosi della marcia dei minatori come una spiegazione sensata delle vicende. Nell’area dell’Università e di Calea Victoriei, i disordini sono stati repressi la notte tra il 13 e il 14, alle 3 del mattino. Le forze dell’ordine controllavano la situazione e avevano arrestato gli elementi turbolenti. I minatori arrivarono un po’ più tardi e vennero accolti dall’allora presidente Ion Iliescu. Anzichè distendere la situazione e spiegare che l’esercito e la polizia tenevano la situazione sotto controllo, Iliescu invitò i minatori ad occupare la Piazza dell’Università. A cosa serviva questo gesto, dal momento che qualche ora prima la polizia e l’esercito già controllavano la situazione? Quell’invito assolutamente sventato portò alle violenze avvenute nella mattinata del 14 giugno e del giorno successivo. Di conseguenza, si trattò di un’istigazione alla violenza assolutamente inutile e degna del Codice Penale, spiega ancora lo storico.
Cristian Vasile aggiunge che quella marcia dei minatori fu un ultimo scatto del concetto comunista della società dopo il crollo del regime a dicembre 1989. Perchè i minatori? Si tentò anche con altri lavoratori, proprio il 13-14 giugno. Testimonianze ufficiali indicano che erano stati chiamati lavoratori di alcune fabbriche di Bucarest. Molti sindacati hanno rifiutato di intervenire, motivando che si trattava di un conflitto politico e che non spettava a loro mettere le cose nell’ordine. Orbene, sembra che i minatori siano stati più ricettivi all’allora propaganda del regime Iliescu. Ion Iliescu si difende, affermando di non aver chiamato specificamente i minatori, ma tutte le forze sociali responsabili. Ma questa è una circostanza aggravante per un capo di stato. In riferimento a questa tragica vicenda, ricordiamo anche l’espressione di gioia di alcuni abitanti di Bucarest, che applaudivano i minatori per quello che stavano facendo. E quello che stavano facendo era di schiacciare in bastonate giovani studenti, uomini con la barba o donne che indossavano gonne corte. Ciò ricorda le politiche di Ceausescu di dare la caccia ai rocker negli anni ’70, conclude lo storico Cristian Vasile.
La Romania ha pagato la marcia dei minatori del 13-15 giugno 1990 con l’isolamento internazionale, che comportò soprattutto il congelamento dell’accordo con il FMI e l’impossibilità di contrarre dei prestiti. Politicamente, in seguito a qesta vicenda, il Paese aderì al Consiglio d’Europa appena nel 1993, molto più tardi rispetto ad altri stati dell’ex spazio sovietico.