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Un Patto criticato, il Patto sulla migrazione e l’asilo

Nel mese di novembre si è svolta a Bruxelles la nona edizione del Forum europeo sulla migrazione, dove si è discusso del ruolo della società civile nell’attuazione del Nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo.

sursă foto: eesc.europa.eu
sursă foto: eesc.europa.eu

, 24.12.2024, 16:20

Nel mese di novembre si è svolta a Bruxelles la nona edizione del Forum europeo sulla migrazione, dove si è discusso del ruolo della società civile nell’attuazione del Nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo. Lanciato nell’aprile del 2024, il documento ha sostituito l’ex Regolamento Dublino III e mira a sostenere l’Unione Europea nell’attuale impasse sul tema migratorio: rafforzando la sicurezza alle frontiere del continente, facilitando la procedura di asilo e rimpatrio e rafforzando la solidarietà con gli Stati membri situati alle frontiere esterne dell’Unione. Lungi dall’essere applaudito all’unanimità, il Patto ha ricevuto numerose critiche da parte di ONG, pubblicazioni e specialisti da tutto il continente – sia da parte di partiti anti-immigrazione che di estrema destra (per i quali il nuovo regolamento non propone misure sufficienti per fermare la migrazione) che esponenti della sinistra e attivisti (per i quali il documento rappresenta un pericolo per i diritti umani).

Alla fine del 2023, ad esempio, 50 organizzazioni no-profit hanno firmato una lettera aperta alla Commissione Europea per esprimere i loro timori su un sistema futuro con possibili falle. Questo sistema favorirebbe la normalizzazione della detenzione arbitraria dei migranti, la profilazione razziale e l’utilizzo di procedure di “crisi” per negare l’ingresso alla frontiera e dirottare le persone verso i cosiddetti paesi terzi sicuri, esponendole a rischi di violenza, tortura e detenzione arbitraria. Le retticenze nei confronti della nuova regolamentazione sono state spiegate a RRI dal professor Cristian Pîrvulescu, preside della Facoltà di scienze politiche della Scuola Nazionale di Studi Politici e Amministrativi e presidente del gruppo Integrazione e immigrazione del Comitato economico e sociale europeo:
“Abbiamo avuto le nostre riluttanze nei confronti del Patto, in primis quelle riguardanti la definizione di Paesi terzi, perché l’elenco dei Paesi terzi verso cui può essere espulso chi non ha ricevuto asilo nell’Unione Europea non è affatto certo. Dal nostro punto di vista, ci sono molte lacune nel modo in cui la Commissione ha stilato questo elenco, e ci sono Stati che apparentemente sono sicuri, ma che la situazione geopolitica può trasformare in Stati assolutamente non sicuri. Allo stesso modo, una delle nostre questioni riguarda il diritto essenziale di tutti coloro che arrivano alle frontiere dell’UE, sia che si parli di frontiere Schengen che non Schengen, che hanno il diritto di chiedere di entrare nel territorio dell’Unione Europea e devono passare attraverso le procedure di asilo. Inoltre, le procedure di asilo, così come sviluppate nel nuovo Patto, sono notevolmente accorciate.”

Nel 2023, più di 117 milioni di persone sono state costrette a lasciare le proprie case e l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati in Romania stima che entro la fine del 2024 il numero salirà a 130 milioni. Tuttavia, la maggior parte rimane nelle regioni di origine e solo un piccolo numero cerca protezione in Europa.

In occasione del Forum Europeo sulla Migrazione, RRI ha parlato con Flavius Ilioni Loga, direttore esecutivo dell’Associazione LOGS, un’organizzazione di base presente a Timișoara dal 2019, che promuove l’integrazione dei gruppi vulnerabili di migranti attraverso l’educazione e la lotta contro la tratta di esseri umani. Ilioni è stato designato nel 2021 “Eroe urbano” a Timișoara e il suo team è composto da assistenti sociali, psicologi e mediatori culturali. Gli abbiamo chiesto quali sarebbero, dal suo punto di vista, alcuni dei punti deboli del nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo:”Non possiamo dire che siamo i più adatti a fare un’analisi giuridica del Patto. Ma ci sono critiche a livello delle organizzazioni riguardo alle posizioni relative ai respingimenti, a ciò che sta accadendo alle frontiere esterne, compreso il confine della Romania con la Serbia, alla presenza di FRONTEX – a quanti membri del personale FRONTEX vengono verificati per vedere se, in effetti, proteggono i diritti di chi è rifugiato e di chi ha il diritto di chiedere asilo. Ci sono anche critiche legate all’attuazione del Patto esclusivamente con il sostegno delle autorità, non anche quello della società civile. Stiamo parlando di questa responsabilità esclusiva dei governi nazionali nel determinare chi sarà coinvolto nello spostamento o nell’integrazione di persone provenienti da altri Stati. Il trattamento delle domande di asilo spetta ovviamente alle autorità nazionali, ma per quanto riguarda l’assistenza legale e la consulenza, come si farà? Ciò può essere visto come un ostacolo alla presenza di organizzazioni come la nostra, che abbiano accesso diretto alle autorità di Bucarest, ad esempio, che sono a 600 chilometri da noi, da Timișoara, e ciò potrebbe rappresentare un problema per quanto rigurda l’aiuto e il sostegno all’approccio solidale a livello locale e comunitario.”

Alla domanda se le autorità statali abbiano consultato le ONG durante la stesura del Patto sulla migrazione e l’asilo, l’esperto risponde:
“No, da quanto ho capito, e questa è stata un’altra osservazione che ho fatto io, ma anche le altre organizzazioni – o diverse organizzazioni a livello europeo: che, nella creazione di questo Patto, le organizzazioni della società civile non sono state consultate, soprattutto quelle piccole. D’altra parte, possiamo in qualche modo comprendere la natura politica di questo accordo e il meccanismo a livello legale e di leadership dei paesi. Ancora una volta siamo d’accordo con ciò che sostiene il Patto, perché è costruito attorno a questa solidarietà europea in cui anche noi crediamo e per la prima volta, con poche eccezioni, tutti gli Stati hanno mostrato il loro sostegno a questo Patto a livello dichiarativo.”

Secondo i dati forniti dall’Ispettorato generale per l’immigrazione che saranno pubblicati e interpretati dal Consiglio europeo per i rifugiati e gli esuli, nel 2023 la Romania ha ricevuto 10.346 domande di protezione internazionale di cui, alla fine del 2023, erano state esaminate solo 5.561. Di queste, solo 491 avevano ottenuto lo status di rifugiato e 438 la protezione sussidiaria. I dati hanno mostrato un tasso di rigetto delle domande di protezione schiacciante, pari all’83,3%. La maggior parte dei richiedenti proveniva dal Bangladesh (per il quale non sono state accettate domande), Siria, Pakistan e Nepal.

Flavius Ilioni crede che la Romania possa crescere solo se impara ad abbracciare la diversità, ad essere più inclusiva con le minoranze, e non solo con quelle locali o tradizionali, ma anche con queste nuove persone che arrivano da altri continenti per costruire una vita migliore. L’attivista sostiene che dobbiamo capire che i migranti che arrivano in Romania in numero crescente portano, oltre al valore e ai contributi al bilancio statale, tutti i tipi di talenti che possono arricchire la nostra comunità.

Foto: Jeswin Thomas / unsplash.com
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