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Il teatro contro il bullismo e la discriminazione nelle scuole

Uno studio realizzato da « Salvate i Bambini » all'inizio dell'anno ha rilevato che in Romania uno studente su due è stato vittima di minacce, umiliazioni o violenza fisica e l'82% di loro è stato testimone di tali situazioni.

Foto: pixabay.com
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, 23.10.2024, 19:38

Uno studio realizzato da « Salvate i Bambini » all’inizio dell’anno ha rilevato che in Romania uno studente su due è stato vittima di minacce, umiliazioni o violenza fisica e l’82% di loro è stato testimone di tali situazioni. Secondo un recente rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, la Romania è al terzo posto in Europa per quanto riguarda il fenomeno del bullismo. La legislazione romena definisce il bullismo come l’azione o la serie di azioni fisiche, verbali, relazionali e/o cibernetiche, in un contesto sociale difficile da evitare, compiute intenzionalmente, che comportano uno squilibrio di potere, che ledono la dignità o creano atmosfere intimidatorie, ostili, degradanti, umilianti o offensive e mirano alla discriminazione e all’esclusione sociale. Allo stesso tempo, gli studenti rrom continuano a confrontarsi con il fenomeno della segregazione nelle scuole, nonostante il Parlamento abbia adottato da tempo una legge che lo proibisce.

Ci sono, però, persone che scelgono di mettere le proprie competenze ed esperienze al servizio della risoluzione di questo problema attraverso metodi meno convenzionali. Nel mese di settembre l’Associazione Acting Works è stata in tournée in cinque scuole di quattro comunità vulnerabili (Mizil, Giurgiu, Ciorogîrla e Câmpina, tutte del sud della Romania), con lo spettacolo teatrale “Vi me som rom / Anch’io sono rrom”, un’opera teatrale che mostra cosa significa essere rrom in Romania, attraverso tre storie reali.

Andrei Șerban, attore e fondatore di Acting Works, fa teatro sociale da 17 anni, e ciò che lo ha incoraggiato a mettere in scena lo spettacolo e intraprendere questo tour con la troupe è stata la sua esperienza di vita, come rrom “invisibile” (persona di etnia rrom che non può essere identificata come tale in base alle caratteristiche fisiche): “Sono rimasto ‘nascosto’ fino ai 20 anni circa. Avevo paura di essere discriminato e quando mi sono assunto la mia etnia rrom ho capito che volevo fare uno spettacolo. Sento molte cose razziste perché le persone non si rendono conto che sono rrom. Quindi, questo spettacolo è stato realizzato anche un po’ per frustrazione, ma anche per dare alcuni strumenti alle persone che affrontano il razzismo, ma anche alle persone che assistono a eventi razzisti – per sapere come agire o reagire”.

Mădălina Brândușa, attrice e parte del team di Acting Works, afferma che uno dei motivi per cui hanno scelto di recitare in comunità svantaggiate è la loro mancanza di accesso al teatro e ai prodotti culturali, rispetto al pubblico istruito di Bucarest. Aggiunge che tra gli adolescenti che hanno visto lo spettacolo, ce ne sono stati molti per i quali è stato il primo incontro con il teatro.

Alla domanda su come lo spettacolo sia stato accolto da studenti e insegnanti, Andrei ha risposto: “Lo abbiamo costruito con molto umorismo perché non volevamo raddoppiare la pressione che si verifica ed è in qualche modo adattato al linguaggio che usano gli adolescenti, e il feedback alla fine, quando abbiamo le discussioni post-spettacolo, è che loro si riconoscono nei personaggi. Molte studentesse e molti studenti di etnia rrom si sono assunti per la prima volta la loro identità, il che ci rende molto felici, perché era anche una delle poste in gioco dello spettacolo.”

I due aggiungono che non sono risparmiati dall’emozione prima di ogni spettacolo, visto che esso ha un tono di critica nei confronti del corpo docente. Non è il primo anno né l’unica attività antibullismo che gli attori svolgono nelle scuole e nei licei. Negli anni precedenti, insieme agli studenti, hanno realizzato diversi video sul bullismo nelle scuole, uno dei quali è stato visto finora più di un milione di volte. Mădălina Brândușa spiega che, per questo motivo, nel corso di 3 mesi, hanno tenuto una serie di workshop con studenti di scuole situate sia in zone rurali che urbane, chiedendo loro quali siano i problemi più urgenti che devono affrontare.

Alla domanda su cosa pensano che la scuola e le autorità potrebbero fare meglio per combattere il fenomeno del bullismo nelle scuole, Mădălina ha risposto: “Ciò che abbiamo capito che serve a livello scolastico è avere nel curriculum un’ora ogni settimana di educazione antibullismo, di laboratori teatrali su questo tema, sulle relazioni sane, di educazione sessuale specifica per fascia di età. Uno è farlo nelle classi elementari e un altra cosa è farlo nelle scuole medie e superiori. Deve essere qualcosa di costante, non succede nulla di straordinario se si fa una o due volte all’anno.”

Andrei racconta ciò che gli è dispiaciuto quando è stato recentemente invitato a una conferenza, insieme a insegnanti, autorità, rappresentanti di polizia, assistenti sociali, avvocati, consulenti scolastici: “Dal mio punto di vista, l’approccio deve essere cambiato un po’. Siamo al punto in cui l’approccio è punitivo. Sono rimasto spiacevolmente sorpreso nel vedere che si discuteva in termini di vittima contro aggressore, ma in qualche modo, per correggere il loro comportamento, non dovrebbero essere visti come aggressori. Dobbiamo renderci conto che hanno un’età e che ci sono alcuni problemi dietro, problemi che di solito sono sistemici, queste cose si riducono a un accesso ineguale alle risorse. Ci sono persone che non hanno accesso alla terapia, compresi i genitori. Dovrebbe esserci un intervento in famiglia, dovrebbe essere gratuito – accesso alla terapia, a uno psicologo, andare a vedere cosa sta succedendo. La violenza essendo presente in famiglia, più spesso, ma non esclusivamente in ambienti precari, qui in qualche modo bisogna intervenire.”

Le vittime del bullismo, così come coloro che lo perpetuano, sono esposte a problemi emotivi e sociali, depressione, bassa autostima, scarso rendimento scolastico, ansia e molti altri, problemi che possono durare a lungo e segnare la vita di una persona. Uno studio ha dimostrato che le vittime del bullismo infantile avevano 4,3 volte più probabilità di sperimentare un disturbo d’ansia da adulti rispetto a coloro che non avevano avuto tale esperienza. Inoltre, coloro che avevano svolto sia il ruolo di vittima che di carnefice correvano un rischio 14,5 volte maggiore di sviluppare disturbo di panico in età adulta.

Andrei ritiene inoltre che gli studenti non abbiano abbastanza opportunità per lavorare in gruppo e fare amicizia come partner. Secondo lui non esistono insegnanti formati a “insegnare” l’empatia e a formare negli studenti la capacità di sentire ciò che sente l’altro: “Mi sembra che la scuola sia in un ambito molto competitivo e gli studenti non abbiano materie o attività in cui possano lavorare insieme, fare qualcosa insieme, conoscersi, fare amicizia. Il nostro esempio è stato quello di mettere nella stessa classe sia le vittime, sia gli aggressori, di varie età, sia quelli che hanno subito atti di bullismo sia quelli che hanno compiuto atti di bullismo. Lavorando insieme per tre mesi, hanno cominciato a diventare amici, a vedere che, in effetti, recitare vuol dire affidarsi, fidarsi del proprio collega, e poi sono diventati amici. Penso che attività del genere manchino nelle scuole.”

(foto: pixabay.com)
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