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Il bullismo digitale sulle donne

Con l'accesso sempre più facile a internet, alle reti sociali e alle apparecchiature digitali sofisticate, si sono sviluppate anche le modalità di vessazione.

Il bullismo digitale sulle donne
Il bullismo digitale sulle donne

, 22.01.2018, 18:20

Con l’accesso
sempre più facile a internet, alle reti sociali e alle apparecchiature digitali
sofisticate, si sono sviluppate anche le modalità di vessazione. Di
conseguenza, è nato anche il concetto di cyberbullismo, ossia una forma di
aggressione on line o di vessazione digitale. La velocità di connessione a
internet e la possibilità dei messaggi on line di arrivare quanto prima, quanto
pù lontano, non fanno altro che portare all’incremento della violenza virtuale
che non è meno dannosa di quella reale, come conferma Jurgita Peciuriene,
esperta dell’EIGE (l’Instituto Europeo per la Parità di Genere).




Esistono varie forme di violenza digitale: lo
stalking on line, il cyberbullismo, la pornografia non consensuale e l’adescamento
o il reclutamento di donne e ragazze per la loro ulteriore tratta. La
pornografia non consensuale, soprattutto, nota anche come pornografia della
vendetta (revenge porn), è diventata molto diffusa, e chi la pratica sono, di
solito, le persone che desiderano umiliare pubblicamente gli ex partner. Le
donne, ma anche gli uomini, si confrontano con simili esperienze. Gli uomini
sono piuttosto vittime degli insulti on line e di una vessazione digitale più
mite, mentre le donne sono più esposte allo stalking on line, al cyberbullismo
e alla pornografia della vendetta. Secondo le distinzioni fatte dall’EIGE per
quanto riguarda le forme del cyberbullismo, lo stalking on line significa
l’invio ripetuto di messaggi on line – testo o video – o e-mail a carattere
offensivo, mentre la vessazione digitale si riferisce ai messaggi o commenti a
carattere esplicitamente sessuale, al linguaggio offensivo e alle minacce,
speiga Jurgita Peciuriene.




Vittime di questa forma di violenza digitale sono prevalentemente le
donne, soprattutto le adolescenti e le giovani. Secondo i dati del 2014 forniti dall’Agenzia
Europea per i Diritti Fondamentali, il 20% delle donne tra i 18 e i 29 anni si
sono confrontate con varie forme di vessazione digitale a partire dall’età di
15 anni. Inoltre, nel caso delle donne, ma non solo, la violenza nel mondo
virtuale appare a continuazione della violenza o della vessazione nella vita
reale, considerano gli specialisti
dell’Instituto Europeo per la Parità di Genere. Nonostante la gravità della
situazione, non esiste un quadro legislativo europeo che punisca e definisca il
cyberbullismo. Spetta agli stati membri prendere misure contro questo fenomeno.
In Romania, ad esempio, non ci sono nè dati statistici, nè legislazione mirata
per il contrasto del cyberbullismo, precisa Andreea Bragă, direttrice esecutiva
del Centro Filia, associazione di attivismo femminista.




Purtroppo,non abbiamo una legislazione specifica per definire
il cyberbullismo. Esso potrebbe, tuttavia, rientrare in certi articoli di
legge. Nel nuovo codice penale, viene definita la vessazione all’articolo 208
che prevede, tra l’altro, anche gli atti ripetuti con cui si mira
all’intimidazione, inclusivamente tramite la comunicazione on line. Il
Cyberbullismo rientra nella fattispecie del reato specificato in questo
articolo, ma non è definito strettamente come violenza contro le donne. È,
inoltre, legiferata anche la criminalità informatica, ma non vi è precisato il
cyberbullismo, bensi’ la pornografia e il furto di dati personali tra ex
partner e possono costituire mezzi di ricatto di una persona affinchè continui
una relazione, spiega Andreea
Bragă.




Come altri tipi di
violenza o bullismo, anche quella digitale è favorita dalle relazioni di potere
che si manifestano tra la vittima e l’aggressore, ritiene Andreea Bragă.




Se si è parte di
una minoranza, sia etnica, che religiosa o sessuale, inclusivamente se si è
donna – anche se loro non sono una minoranza, si trovano, a volte, su una
posizione di vulnerabilità rispetto agli uomini -, si è più esposti al
cyberbullismo. Esso è, di solito, iniziato da qualcuno che ha almeno un
capitale di potere simbolico, ad esempio è il ragazzo più popolare nella scuola
o più cool di un gruppo. Perciò, gli altri, quelli che assistono a qualcosa del
genere, diventano il più delle volte solidali con l’aggressore. Tra gli
adolescenti, il bullismo avviene anche a causa del fatto che i testimoni, per
paura o per il bisogno di copiare l’aggressore, diventano solidali con lui. Nel
caso degli adulti, appaiono tattiche ripetute di intimidazione, atte a ledere,
a criticare tramite l’invio di sms, e-mail, o persino la creazione di siti
diffamatori nei confronti di una certa persona. Tutto ciò è volto a diffamare e
umiliare qualcuno, precisa Andreea Bragă.




La definizione chiara, a livello legislativo, del fenomeno di
cyberbullismo servirebbe non solo a punire l’aggressore, ma anche ad aiutare le
vittime a capire meglio ciò: il modo in cui sono aggredite o umiliate non
riflette il valore personale, bensi’ la nocività degli aggressori. In questo
modo, i drammi creati dalla perdita dell’autostima possono essere ridotti. E
non solo questi drammi.




Il cyberbullismo è strettamente legato anche ai suicidi. Se una
persona è sottoposta per molto tempo a questa forma di bullismo, può diventare
timorosa, depressa, perdere l’autostima. Ci sono stati casi di adolescenti,
ragazze e ragazzi, che si sono suicidati. Al di là della legislazione e del
fatto che non c’è un quadro che ponga rimedio a questo stato dei fatti, occorre
anche educare le persone affinchè capiscano con che cosa si confrontano,
spiega Andreea Bragă.




Non solo le vittimevanno educate in questo senso,
ma, soprattutto, il pubblico dello spazio virtuale che, notando i casi di
cyberbullismo dovrebbe reagire. (traduzione di Adina Vasile)



(foto: Anqa / pixabay.com)
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