I giovani e la loro potenziale migrazione
Dal 2007 al 2017, nel decennio passato dall'adesione della Romania all'Ue, hanno lasciato il Paese 3,4 milioni di persone, pari a circa il 17% della popolazione.
Christine Leșcu, 04.02.2019, 18:45
Dal 2007 al 2017, nel
decennio passato dall’adesione della Romania all’Ue, hanno lasciato il Paese
3,4 milioni di persone, pari a circa il 17% della popolazione. Questi dati
ufficiali collocano, del resto, la Romania al secondo posto in una classifica
sul ritmo di crescita della diaspora, dopo la Siria, Paese colpito da un’orrenda
guerra civile. Questa è l’attuale situazione, ma neanche il futuro sembra
diverso. Un’altra indagine rileva ciò che a livello formale, nelle discussioni
private, le gente discute da tempo: i giovani intendono anche loro emigrare. Lo
studio internazionale Youth Mobility è basato sui
dati di un sondaggio realizzato su 30 mila giovani di 9 Paesi Ue: Germania, Svezia, Gran
Bretagna, Irlanda, Slovacchia, Lettonia, Italia, Spagna e Romania. Dal nostro
Paese, allo studio realizzato alla fine del 2015 e l’inizio del 2016, hanno
partecipato 2.000 persoane. La sua conclusione resta, però, valida,
ancor’oggi: circa metà dei giovani romeni tra i 16 e i 35 anni vorrebbero
emigrare. Il docente universitario Dumitru Sandu della Facoltà di Sociologia
dell’Università di Bucarest ha contribuito all’indagine e conclude: Non solo desiderano
lasciare il Paese, ma hanno anche piani di partenza. Dire che desiderano andare
via significa una cosa – perchè i desideri sono diversi come intensità e gradi
di pianificazione del futuro -, ma noi non lavoriamo mai solo con domande su ciò
che desiderano le persone. Ci addentriamo nei dettagli. Quindi, il 47%
rappresenta la percentuale di giovani tra i 16 e i 35 anni in Romania che, nel momento del
sondaggio, avevano intenti molto precisi, persino piani, di lasciare il Paese
negli anni successivi.
Fino a questo
punto, niente di sorprendente per l’opinione pubblica romena. Le sorprese
appaiono, però, quando si fanno paragoni tra Paesi. Ad esempio, per quanto
riguarda i motivi dell’emigrazione, i romeni sono molto simili agli italiani.
La lista di motivi
è lunga. Quasi sempre si inizia con i salari, i posti di lavoro e il benessere.
Ma non sono solo questi i motivi. E tra la Romania e l’Italia il denominatore
comune è la corruzione: il cattivo funzionamento dell’amministrazione. Perchè
attualmente le situazioni e motivazioni sono diverse, è meglio partire da ciò
che conosciamo più chiaramente: la situazione dei medici. Dal momento che i
principali motivi della partenza sono quelli economici, uno si aspetterebbe che
l’aumento dei salari sia un primo passo importante per fermare le partenze. Ma
non è cosi’. Certo che non è passato molto tempo dal cambiamento della
situazione – ossia la crescita dei salari – ma, dai dati parziali, risulta
un’altra cosa: si è accentuato il divario tra il settore privato e quello
pubblico, e i medici del settore privato vogliono avere salari alla pari di
quelli del settore pubblico. Non li possono avere in Romania? Ci sono altri
Paesi. In questa equazione va introdotto subito il fattore della
stabilizzazione, stabilizzazione dei giovani qualificati. Inoltre, vanno
introdotti fattori come la qualità dell’ambiente lavorativo e della vita
professionale e ciò e valido anche in altri settori di attività, non solo nella
medicina. I giovani vogliono non solo condizioni buone di lavoro, ma anche
condizioni meritocratiche di promozione professionale, come in altre parti
dell’Europa. Nelle discussioni con il professor Dumitru Sandu i 2000 giovani
romeni partecipanti allo studio Youth Mobility è stato affrontato anche il problema
del ritorno nel Paese, spiega il professor Dumitru Sandu.
Se consideriamo il
problema dell’esodo dei giovani solo in termini economici, non lo risolveremo
mai. Nel realizzare il detto sondaggio, abbiamo chiesto ai 2000 giovani che
abbiamo interpellato – alcuni avevano lasciato il Paese ed erano tornati -
perchè fossero andati via, quando fossero andati via per la prima volta e quante
volte fossero andati via. Inoltre, nel momento in cui si paragonano le
esperienze di vita che portano alla migrazione tra i 9 Paesi presi in esame, si
nota che in Romania, conta il fatto di essere già andati all’estero. Il romeno
tipico, giovane o meno giovane, è molto influenzato nei suoi intenti di
partenza da ciò che ha fatto in precedenza. La migrazione è circolatoria.
Già definita negli
studi di specialità come europendolarismo, la migrazione circolatoria
comporta la partenza per lavoro, il ritorno nel Paese per un certo periodo e poi
il ritorno ai posti di lavoro all’estero. Questo pendolarismo, però, è
possibile solo in base a contratti di lavoro molto fermi. Il paragone con altri
Paesi può chiarire anche altri aspetti della migrazione per lavoro: la
possibilità e le condizioni del ritorno nel Paese.
Cosi’ come emerge
dagli studi, una differenza importante tra il romeno abituale e, ad esempio, il
polacco abituale che migra, è che l’ultimo parte su basi contrattuali o
istituzionali, molto più favorevoli alla migrazione circolatoria. I romeni,
invece, partono piuttosto tramite relazioni familiari. Se paragoniamo un migrante
romeno abituale allo svedese abituale o al tedesco abituale, quelli nel nord
Europa tornano a casa perchè hanno realizzato il piano con cui erano partiti.
Il romeno che torna a casa, torna perchè obbligato: obblighi connessi alle
proprie condizioni di salute o dei parenti, imposti dal divorzio, imposti dalle
visite ai figli rimasti a casa. È un ritorno d’obbligo che, quindi, succede più
raramente, ha affermato il professor Dumitru Sandu.
L’istituzionalizzazione
della migrazione circolatoria sarebbe una soluzione per il ritorno in patria,
almeno temporaneo, dei giovani che scelgono, tuttavia, di emigrare, con il
desiderio di tornare un giorno, di non diventare completamente sradicati, fatto
che emerge sempre dallo studio cui ha contribuito anche il professor Dumitru
Sandu.
Essivanno via, tuttavia, con il proposito
di tornare in certe condizioni. Prendono la decisione effettiva di tornare
tramite un tipo di paragone permanente – seguono attentamente ciò che succede
nel Paese – tra l’Occidente e la Romania. Inoltre, il comportamento della gente
abituale segue non solo indicatori oggettivi, ma anche soggettivi come la
fiducia. Parlo delle relazioni di fiducia nei confronti del Parlamento, del
Governo e altre istituzioni pubbliche o private. Un’altro aspetto del problema è
il fatto che sia i giovani nel Paese, che quelli all’estero manifestano una sfiducia
accentuata nelle istituzioni pubbliche, più esattamente nell’amministrazione
pubblica in Romania, ha concluso il professor Dumitru Sandu.
Quindi, la principale condizione per il ritorno, oltre a
quella specifica dell’europendolarismo, dipende, in realtà, dall’evoluzione
della situazione nel Paese e dal cambiamento dello status quo, cosicchè
ricompaia la fiducia nelle istituzioni.