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Cosa vuol dire avere bambini atipici in Romania

L'inizio dell'anno scolastico 2020-2021 è atipico per la maggioranza degli allievi e genitori. E per una certa minoranza, le difficoltà di quest'anno non fanno che aggiungersi a una lunga serie di vecchi problemi, sempre atipici.

Cosa vuol dire avere bambini atipici in Romania
Cosa vuol dire avere bambini atipici in Romania

, 14.09.2020, 18:59

Linizio dellanno scolastico 2020-2021 non è come tutti gli altri. È atipico per la maggioranza degli allievi e genitori. Ma per una certa minoranza, le stranezze e difficoltà di questanno non fanno che aggiungersi a una lunga serie di vecchi problemi… sempre atipici. E parliamo delle famiglie con figli che hanno bisogni educativi speciali e che, secondo lattuale legislazione romena, vanno integrati nellinsegnamento di massa. Ma la legge è sulla carta, mentre in realtà lintegrazione non avviene, il più delle volte, come dimostrato dallesperienza vissuta da Anemari-Helen Necșulescu, raccontata nel recente volume intitolato “Diario di una madre. Sequenze urbane con bambini, traffico, genitori, compiti e altro”, pubblicato dalla Casa Editrice Cartex. Anemari è madre di due bambini adottati, tra cui il maschietto, Emi, è stato diagnosticato con disturbo da deficit di attenzione e iperattività o ADHD. Ma il suo libro non racconta solo i suoi sforzi per integrare Emi a scuola, bensi – come dichiarava proprio lautrice – “il libro non si propone di risolvere qualcosa, ma di aprire temi di discussione. (…) Non parlare dei nostri problemi e celarli sotto il coperchio della pentola a pressione è molto più pericoloso per la nostra salute mentale.”



E uno degli argomenti nascosti per molto tempo sotto il tapetto è la reazione del sistema di insegnamento nei confronti dei bambini con bisogni educativi speciali. Dopo otto anni di battaglie, perchè Emi è attualmente allievo dellottava classe, Anemari-Helen Necșulescu fa un riassunto dei tipi di resistenza con cui si è confrontata nei rapporti con la scuola. “Ci sono più forme di resistenza. È lopposizione chiara, allorquando ti viene detto no in faccia: non è possibile, non abbiamo, non cè. E, perchè è cosi che sono costruita, questo è ciò che mi fa passare allazione. Ma cè anche lopposizione silenziosa, quando la gente fa finta di rispettare la legislazione e di attuarla. Di ciò non sono stata consapevole, motivo per cui ho dedicato ampio spazio nel libro a questo argomento e al modo in cui un genitore vive questa esperienza. Da una parte, desidererei che gli insegnanti legessero il volume e potessero trovare in loro stessi lempatia per capire che, al di là dei nomi nel registro scolastico e i volti che vedono nelle panche a scuola, ci sono esseri umani che hanno una storia. Daltra parte, ho voluto che i genitori nella mia stessa situazione capissero che non è semplice. Alcuni mi cercano per chiedermi consigli e io spiego loro la legislazione, ma anche quale dovrebbe essere il loro approccio al problema. E ciò non è facile, dalla redazione di una domanda in doppio esemplare da far registrare dalla segreteria della scuola fino al fatto che uno deve tornare a scuola per sapere dovè finita quella domanda. Uno deve leggere la legislazione e, se ha amici esperti di legislazione, chiedere aiuto per capirla chiaramente. Poi deve insistere e procedere sistematicamente, gerarchicamente, per arrivare fino al preside o allispettorato scolastico. Non si deve desistere, perchè è lunica strada. Il mio messaggio per i genitori nella mia stessa situazione è: tu sei lunica speranza di tuo figlio. So che è comunque difficile vivere la vita di tutti i giorni, ma come genitore, sei la sua unica chance. In questo modo, io ho ottenuto il massimo di ciò che si poteva ottenere nella Romania odierna, per mio figlio”, ha raccontato Anemari-Helen Necșulescu.



Le peripezie delladattamento di un bambino con bisogni educativi speciali e gli sforzi dei genitori in questo senso sono descritti nel libro “Diario di una madre” con lacuratezza, lumorismo, ma anche lenergia di un genitore che sa che, almeno allinizio, deve combattere da solo la battaglia contro linerzia. Anemari-Helen Necșulescu. “Cè un capitolo nel libro in cui spiego come abbiamo iniziato lanno scolastico, la classe di preparazione per le elementari, e come, alla fine, mio figlio è stato cacciato fuori dalla rispettiva classe. È stata unesperienza dolorosa, ovviamente, ma ho cercato di concentrarmi su ciò che ho imparato io da questa lezione e come ho deciso di affrontare il problema. Il più delle volte, quando ci confrontiamo con simili difficoltà, ci arrabbiamo e vogliamo guerra per farci giustizia. Forse abbiamo il diritto a questa giustizia, ma essa non è possibile in questo modo. Se tu, come genitore in questa situazione disperata, provi a distaccarti e a fare un passo indietro, puoi guardare gli altri genitori come delle persone poco informate, non necessariamente prive di empatia. Anche loro amano i propri figli e forse non riescono a vedere che i bisogni dei propri figli, non anche degli altri. È cosi che uno si rende conto che la risposta sta sempre nelleducazione. Ed è a te che spetta il ruolo di educare questi genitori, perchè è lunico modo di integrare il proprio figlio. Non esiste nessun sistema nella scuola atto a facilitare una simile cosa. Non ci sono sedute con i genitori sulla diversità, sui bisogni speciali, sullintegrazione, e dove si possa fare appello allempatia. È al genitore del bambino con bisogni speciali che spetta, in realtà, questo ruolo. Deve cercare di farsi alleati uno ad uno. E a tal fine deve esporre la propria vulnerabilità, raccontare ai genitori ciò che vive, quanto sia tutto difficile, cosa significa la diagnosi del figlio, quali i sintomi, le sfide. Ho detto loro di capire che è difficile pure per loro, forse, accettare che il ritmo della classe sarà interrotto dalla presenza di un simile allievo. Ho fatto tutto ciò per trovare una via di mezzo per convivere”, ha spiegato Anemari-Helen Necșulescu.



E siccome era già familiarizzata con un bambino atipico, Anemari-Helen Necșulescu ha adottato anche una bimba di 5 anni che, attualmente, ne ha 9. “Rebeka lho trovata sulla lista dei bambini difficilmente adottabili, e nella sua scheda di adozione cera scritto che è di etnia rrom. Sospetto sia questo il motivo per cui non era stata ancora adottata. Un bambino giunge sulla lista dei bambini difficilmente adottabili per più ragioni: se il processo di adozione è aperto, ma più genitori si rifiutano di andare avanti nelle procedure oppure se il bambino è permaso più di sei mesi nel Registro Nazionale di Adozioni. Ovviamente, là figurano anche bambini con varie diagnosi, ma è soprattutto letnia a rappresentare un fattore determinante. Quando ho visto letnia scritta nella sua scheda di adozione, sebbene fosse illegale menzionarla, sono andata su tutte le furie, cosi come ci vado ogni volta che mi viene detto non è possibile. Rebeka ha cambiato la mia vita e mi ha aiutato moltissimo nella relazione con Emi, e il fatto che sia di etnia rrom è stato solo uninformazione priva di importanza per noi. Negli ultimi anni è sempre crescente il numero di genitori che adottano bambini di etnia rrom e che si confrontano in Romania con il problema della segregazione, che non si tratta solo del problema del figlio, bensi della famiglia estesa. Ad esempio, ciò si riflette anche su Emi. Quando un bambino dice a Rebeka di essere zingara, Emi può trovarsi in quel momento accanto a lei e non si trova neanche lui bene”, ci ha detto Anemari-Helen Necșulescu.



La storia di Emi, Rebeka e dei genitori si annovera, nel libro “Diario di una madre”, tra le altre sfide inerenti alla movimentata vita bucarestina, tutte descritte con umorismo ed empatia da Anemari-Helen Necșulescu per dimostrare che anche le difficoltà possono essere superate con latteggiamento giusto.




(foto: Anqa / pixabay.com)
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