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Il Mărţişor. Tradizione, arte o commercio

La tradizione del “Mărţişor” è inclusa, dal 2017, sulla lista del patrimonio immateriale dell’UNESCO, in seguito alla richiesta congiunta di Romania, Bulgaria, Macedonia e Repubblica di Moldova, Paesi in cui si conserva questa antica festa.

foto: Mariana Chiriţă/RRI
foto: Mariana Chiriţă/RRI

, 12.03.2024, 17:42

È passato molto tempo da quando i giovani si legavano intorno al polso fili bianchi e rossi intrecciati in segno dell’amore che sentivano. Nel frattempo, al filo intrecciato sono stati aggiunti diversi ciondoli e la tradizione si è diversificata. La tradizione del “Mărţişor” è inclusa, dal 2017, sulla lista del patrimonio immateriale dell’UNESCO, in seguito alla richiesta congiunta di Romania, Bulgaria, Macedonia e Repubblica di Moldova, Paesi in cui si conserva questa antica festa. A fine febbraio e nei primi giorni di marzo, nelle zone considerate più circolate delle grandi città della Romania, si dà la possibilità ai creatori di ciondoli portafortuna chiamati “mărţişor” di vendere i loro prodotti, che vengono poi offerti alle signore e alle signorine a inizio primavera.

 

Anche quest’anno, al Museo del Contadino Romeno di Bucarest è stato organizzato il Mercatino del Mărţişor. Abbiamo parlato del tema del mărţişor con diversi creatori e venditori, nel tentativo di vedere quanto sia ancora tradizione, quanto modo di vita e quanto un semplice oggetto commerciale. Dalla provincia di Mehedinţi, da Bârlogeni, è venuto al mercatino organizzato nella capitale Teodore Adrian Negoiţă, che ci ha raccontato: “Mărţişor sotto forma di cucchiai in miniatura, con motivi popolari romeni e con una parola in romeno, perché è molto bello ricordarci la nostra lingua prima delle altre lingue che parliamo. Parliamo il romeno e ho pensato che un bel ricordo per il mărţişor potessero essere i motivi tradizionali accompagnati da una parola in romeno. Un secondo modello che abbiamo portato sono le scarpe tradizionali, le opincuţe, sempre in miniatura, con una parola romena e con vari modi in cui si possono attaccare. Sono fatti a mano libera, tutto è prodotto manualmente e alla fine si imballa in una bustina, pronta per essere regalata. Il terzo modello che abbiamo avuto sono state le croci con messaggini, in cui c’è la denominazione della croce, una spiegazione della stessa, in pratica un’iniziazione nell’arte tradizionale romena e nella cultura del villaggio.”

 

Teodore Adrian Negoiţă ci ha parlato di come si assume il ruolo di mantenitore della tradizione: “La tradizione e il suo mantenimento spetta a noi, perciò ognuno deve fare quello che si deve, cioè il gesto corretto di tornare alle origini. Ad esempio, i miei mărţişor non hanno alcun sistema per attaccarli, così si facevano. Anche alcuni clienti più anziani dicono: “la nonna li faceva così! Venivano cuciti sugli abiti, oppure erano attaccati al polso. Questi sono i mărţişor tradizionali.”

 

Panaitescu Ioana, rappresentante del marchio Pasărea Măiastră Design, ci ha parlato invece della diversificazione dei modelli: “Sono venuta alla fiera per esporre le mie creazioni, la nuova collazione, ispirata in gran parte dalla cultura giapponese. Abbiamo delle spille ispirate alle bambole tradizionali giapponesi, le cosiddette Kokeshi. Quelle sono di legno, queste di porcellana, per dare un tocco personale. Sono di porcellana, dipinte a 1220 gradi, manualmente, hanno dettagli di oro e platino. Il processo è complesso, dura circa due settimane. È una tradizione giapponese abbinata a quella romena. Ed è anche una fonte di reddito.”

 

Ruxandra Berde, di Zuluf, ci ha detto: “Produciamo mărţişor e spille anche durante l’anno, e le vendiamo nelle librerie e nei negozi di fiori. È un momento in cui la gente cerca oggetti carini per regalarli e questi rimangono e si possono utilizzare anche dopo. Le persone mettono queste spille sugli zaini, sugli abiti e di solito rappresentano la persona che le indossa, perché sono simboli con cui si identifica. Possono rappresentare un hobby, una passione, oppure un animaletto preferito. È vero che abbiamo diversificato la nostra tematica di mărţişor, forse per il desiderio di fare qualcosa di più universale e che si possa utilizzare anche dopo il 1° marzo, perché se facessimo solo fiorellini o coccinelle, verrebbero indossati solo un giorno e noi vogliamo creare qualcosa che abbia anche uno scopo più utile. Si vendono molto bene, soprattutto in questo mercatino, perché è molto conosciuto, ha già una sua tradizione.

 

Răzvan Supureanu, di atelieruldecarte.ro, ci ha raccontato che i suoi mărţişor reinterpretati hanno fatto nascere bei progetti: “Infatti, all’“Atelierul de carte”, noi produciamo carta manualmente, stampiamo manualmente e leghiamo libri, e da molti anni, all’arrivo della primavera, abbiamo creato il mărţişor che si pianta, ovvero carta riciclata manualmente, in cui introduciamo, nella massa della carta, non sopra, semi di piante che si possono piantare. Si coprono con uno strato finissimo di terra e bisogna curarli come si fa con qualsiasi seme.

 

Il patrimonio immateriale include tradizioni, espressioni orali, pratiche sociali e rituali. La Romania ha, al momento, sette elementi inseriti sulla Lista del Patrimonio immateriale dell’Umanità: “Il Rituale del Căluş”, la “Doina”, la “Ceramica Tradizionale di Horezu”, il “Colindat in gruppo degli uomini”, la “Danza dei giovani ragazzi di Romania”, le “Tecniche tradizionali di realizzazione di tappetti” e il “Mărţişor”. Al momento, il Comitato di Valutazione dell’UNESCO sta esaminando l’inserimento di altri due elementi: “La tradizione dell’allevamento dei cavalli lipizzani” e l’“Arte della camicia ricamata detta cămaşa cu altiţă”.

Foto: RRI (Ștefan Baciu)
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