Sfide in un ecosistema informativo in evoluzione
Ciò che stiamo vivendo oggi è il risultato di un ecosistema informativo totalmente cambiato: questa è la valutazione della docente Alina Bârgăoanu, esperta europea nella lotta alla disinformazione e membro del Consiglio consultivo dell'Osservatorio europeo dei media digitali, in un'analisi a Radio Romania sulla guerra informativa e cognitiva, la dittatura delle emozioni e la manipolazione degli algoritmi sui social network per falsificare la realtà.
Corina Cristea, 26.03.2025, 20:14
Penso che ogni epoca sia definita dai mezzi di comunicazione dominanti, afferma l’esperta in lotta alla disinformazione, e il ritmo di cambiamento in termini di comunicazione è così alto oggi che ci sentiamo sopraffatti, confusi, ansiosi, perché non siamo preparati, non abbiamo un periodo storico simile che ci abbia addestrato a un ritmo di cambiamento così elevato: “Se pensiamo alla Romania, non siamo tuttavia lontani dal 1989, quando avevamo un solo programma televisivo. C’era una sola TV in casa e trascorrevamo due ore a guardare la TV ed era quella la nostra esposizione ai media. Dopo questo periodo di austerità informativa, ci fu un boom dopo il 1989, con l’esplosione della stampa scritta, dopo di che iniziarono le radio, poi le televisioni commerciali. C’era già uno spazio informativo molto generoso. Dopo le televisioni che trasmettevano 24 ore su 24 apparvero i blog, poi apparve la versione online dei giornali, dopodiché hanno cominciato ad apparire i social media, il che ha affollato parecchio lo spazio informativo. Appena riusciti ad assimilare l’esperienza di ciò che era Facebook, sono apparsi tutti i tipi di piattaforme basate sul suono, sull’immagine. Appena riusciti ad assimilare anche questo cambiamento: è apparsa l’intelligenza artificiale, è apparsa Chat GPT, sono apparse queste enormi possibilità per la creazione di contenuti. Quindi, se prendiamo solo la Romania, in 35 anni siamo passati da un programma televisivo di due ore ad una sovrasaturazione informativa, ad un bombardamento continuo dei contenuti più disparati.”
L’intera società è coinvolta in questo vortice e l’effetto delle nuove tecnologie e dei cambiamenti si fa sentire a livello di tutte le generazioni. Da molto tempo non si parla più di semplici azioni volte a distorcere la verità, i fatti, spiega Alina Bârgăoanu, ma si parla di guerra informativa, guerra politico-informativa o addirittura guerra cognitiva: “In questo momento, l’ecosistema informativo si è trasformato in una vera e propria arma. Molte volte, le piattaforme digitali possono trasformarsi in piattaforme da cui realizzare azioni per alterare la realtà, la cognizione, per instaurare la dittatura delle emozioni. Il potere dei nuovi strumenti di comunicazione di alterare la realtà è davvero considerevole. E per questo motivo, anche la difesa in termini di simili armi deve essere all’altezza, se abbracciamo questa metafora della guerra informativa, cognitiva, significa che non puoi lasciare le persone a difendersi da sole.”
D’altra parte, non dimentichiamo che i social media hanno rappresentato un vero strumento di emancipazione, per rovesciare alcune tirannie, alcuni governi dittatoriali, attira l’attenzione Alina Bârgăoanu. Cioè in questo momento c’è molto malcontento e c’è molta frustrazione nei confronti dei social media, ma, spiega, penso che sarebbe un peccato associarli solo a questo lato oscuro e dimenticare che, almeno nei primi tempi, hanno contribuito a una reale democratizzazione dello spazio pubblico: “I social media hanno preso d’assalto i media tradizionali, ma a volte giustamente, perché i media tradizionali cominciavano a rappresentare spazi chiusi e poi hanno creato questo modo di permettere a nuove voci di apparire nello spazio pubblico. Ma ora, in realtà, si può vedere il lato oscuro perché sono diventati molto, molto tecnologici e permettono un’ampia distorsione del modo in cui percepiamo la distribuzione dei contenuti. Ci sono anche aziende specializzate in ciò che viene chiamato “affitta un cloud digitale”, ossia una folla digitale. Se vuoi avere 1000 Mi piace sul tuo post significa che paghi l’importo x per i Mi piace successivi. E queste misurazioni, chiamate coinvolgimento, vengono elaborate dalla mente umana come indicazione di popolarità e poi come indicazione di verità.”
Questo perché la popolarità di un’informazione viene interpretata dal nostro cervello come un segnale di convalida. La viralità è una delle armi principali e le piattaforme di social media creano diverse velocità di avanzamento dei contenuti, afferma Alina Bârgăoanu. E spiega: tali campagne di attacco cognitivo possono essere realizzate anche con verità, un contenuto virale non significa che sia falso, può essere qualcosa di quanto più fattuale possibile, ma la distorsione deriva dal fatto che beneficia di un aumento del numero di like manipolando gli algoritmi, e che la popolarità viene interpretata come un’indicazione di verità. Penso che la forza dell’intelligenza artificiale al momento sia legata alla capacità di distorcere la distribuzione dei contenuti, conclude Alina Bârgăoanu.