Scudo difensivo europeo
La Commissione Europea ha recentemente proposto agli Stati membri "ReArm Europe", un piano per riarmare l'Europa in cinque punti, che potrebbe mobilitare fondi per 800 miliardi di euro nei prossimi quattro anni.

Corina Cristea, 14.03.2025, 08:00
Gli Stati membri avrebbero più margine di manovra nel rispettare le regole solitamente rigide dell’UE sul debito e sul deficit della spesa per la difesa, nonché la possibilità di riallocare i fondi di sviluppo regionale disponibili per gli investimenti militari. La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen ha dichiarato: “Viviamo nei tempi più importanti e pericolosi. Non è necessario descrivere la gravità delle minacce che affrontiamo. O le conseguenze devastanti che dovremo sopportare, qualora tali minacce dovessero avverarsi. Perché la questione non è più se la sicurezza dell’Europa sia minacciata in modo reale. O se l’Europa debba assumersi maggiori responsabilità per la propria sicurezza. In effetti, conosciamo da tempo le risposte a queste domande. La vera domanda che abbiamo davanti è se l’Europa è pronta ad agire con la determinazione che la situazione richiede. E se l’Europa è pronta e in grado di agire con la rapidità e l’ambizione necessarie”.
In vari incontri delle ultime settimane, la risposta delle capitali europee è stata tanto forte quanto chiara, ha affermato Ursula von der Leyen: siamo in un’era di riarmo e l’Europa è pronta ad aumentare massicciamente le sue spese per la difesa. Ciò serve sia per rispondere all’urgenza a breve termine di agire e sostenere l’Ucraina, ma anche per soddisfare la necessità a lungo termine che l’Europa si assuma maggiori responsabilità per la propria sicurezza. Idee trasmesse con determinazione e poi, nel quadro del vertice straordinario di Bruxelles, una riunione d’emergenza da cui è emerso chiaramente che l’Europa è entrata in una nuova era. Cosa ha messo in allerta l’Europa adesso? Lo storico Adrian Cioroianu, professore universitario ed ex ministro degli Esteri, ritiene che ciò sia dovuto alla portata della rottura: “Ovviamente non solo Donald Trump, molto prima di lui i presidenti americani hanno parlato di una maggiore partecipazione, dal figlio di George Bush al presidente Obama, e nel suo primo mandato Donald Trump, e persino Joe Biden. Solo che era un suggerimento fatto in tempo di pace. Oppure lo abbiamo percepito come un momento di pace. Voglio dire, il mondo non ha battuto ciglio nemmeno nel 2008, quando in estate si svolgevano le Olimpiadi e la Russia è entrata in Georgia, in quelle province separatiste, l’Occidente non si è allarmato. Neache nel 2014, con la Crimea, non ci siamo allarmati. Neanche nel 2022, quando siamo stati preoccupati per l’Ucraina, ma non abbiamo avuto questo sentimento di allerta”.
Lo stato di nervosismo in Europa oggi, aggiunge Adrian Cioroianu, deriva da questi quasi due mesi “in cui ci siamo resi conto non solo che non ci sono persone capaci di porre limiti a Donald Trump, anzi, quelli nella sua Amministrazione sembrano piuttosto incoraggiarlo. Penso che sia da qui che provenga questo senso di urgenza europea. E la ciliegina sulla torta è questa interpretazione simile che ci arriva da Washington e da Mosca su alcune questioni. Non credo che questo abbia precedenti, nemmeno nel primo mandato di Donald Trump, per non parlare degli altri presidenti americani”, spiega il professor Adrian Cioroianu. Una delle conseguenze di questo comportamento dell’amministrazione Trump potrebbe essere il risveglio dell’Europa alla consapevolezza della propria importanza, aggiunge egli: “Una potenza economica, demografica, intellettuale, ma che non era coperta da una potenza militare. L’Europa non ci aveva pensato negli ultimi 70-80 anni, non era una priorità, dopo gli anni ’90 c’è stata piuttosto la politica di assimilazione dell’Europa centrale e orientale, anche se all’inizio degli anni ’90 erano iniziate le discussioni su una politica di sicurezza comune, ma l’integrazione dell’Europa centrale e orientale ha lasciato la sicurezza in secondo piano.”
Il piano della presidente della Commissione Europea prevede cinque strumenti finanziari. Il primo si riferisce all’aumento dei bilanci nazionali per la difesa dell’1,5% a livello europeo, fatto che mobiliterebbe circa 650 miliardi di euro nei prossimi quattro anni, spese che non saranno incluse nel calcolo del deficit del bilancio nazionale. Un secondo strumento sono i prestiti per progetti comuni di difesa europei per un valore di 150 miliardi di euro. Si tratta di spendere meglio e investire insieme per le capacità paneuropee, come la difesa aerea, i sistemi di artiglieria, i missili, i droni, ma anche in campo cibernetico o della mobilità militare. Questo strumento aiuterà gli stati membri a creare domanda per l’industria e con questo strumento aumenteremo massicciamente gli aiuti all’Ucraina, afferma Ursula von der Leyen.
Il terzo strumento riguarda la possibilità per gli stati membri di utilizzare i fondi di coesione per progetti di difesa, mentre gli ultimi due ambiti di intervento riguardano il capitale privato, in combinazione con i prestiti della Banca Europea per gli Investimenti. “Questo è il momento dell’Europa e dobbiamo esserne all’altezza”, ha sottolineato il capo dell’Esecutivo europeo.