L’UE a 27. Cosa seguirà?
L'equazione delle relazioni tra Londra e Bruxelles è diventata una con molte incognite dopo l'uscita del Regno Unito della Gran Bretagna e dell'Irlanda del Nord dall'Ue, dopo 47 anni di membership.
Corina Cristea, 07.02.2020, 20:01
L’equazione delle relazioni tra Londra e Bruxelles è diventata una con molte incognite dopo l’uscita del Regno Unito della Gran Bretagna e dell’Irlanda del Nord dall’Ue, dopo 47 anni di membership. È un momento interessante e critico allo stesso tempo, perchè esso apre un certo tipo di evoluzione anche per la costruzione europea, ha affermato, a Radio Romania, l’ambasciatore romeno nel Regno Unito, Dan Mihalache.
In fin dei conti è una prima assoluta, è il primo Paese a lasciare l’Ue, dopo tanti anni, un’iniziativa con molte incognite per quanto riguarda ciò che succederà con la Gran Bretagna, ma anche ciò che succederà, d’altra parte, con il futuro dell’Ue. Sono incognite che riguardano molte molte cose, dallo status dei cittadini fino a questioni di dettaglio che riguardano, no lo so, la circolazione degli aerei o il livello di tassazione. Ci sono migliaia di fili che, lungo gli anni, hanno legato la Gran Bretagna non solo dal punto di vista legislativo all’Ue. E sciogliere o ricucire questi fili sarà un processo complesso che andrà monitorato. È, se volete, un’avventura storica, la prima grande avventura storica di questo secolo. E ciò cambia tante tante cose in rapporto a ciò che noi percepivamo come un mondo con una direzione estremamente stabile, legata all’Ue, legata all’allargamento, legata al consolidamento dell’Ue. Ecco che un Paese ha scelto una strada separata, ha detto l’ambasciatore Dan Mihalache.
Il periodo di transizione è inziato il 1 febbraio del 2020 e durerà 11 mesi, potrendo essere prolungato un’unica volta per uno o due anni. L’UE può offrire a Londra un accordo commerciale estremamente ambizioso, che includa tariffe e quote zero, ma anche molti servizi, a patto che, però, il Regno Unito rispetti adesso e nel futuro gli standard Ue. Lo ha reso noto il negoziatore-capo per la Brexit del blocco comunitario, Michel Barnier. A Londra, il premier Boris Johnson afferma, allo stesso tempo, che non accetterà che Bruxelles condizioni la firma di un accordo col rispetto delle regole europee, cosi’ come neanche l’Ue non dev’essere obbligata a rispettare le regole britanniche. Nel suo primo discorso dopo la Brexit, Boris Johnson ha parlato dell’occasione che la Gran Bretagna ha di ridiventare un promotore del commercio libero. Egli ha menzionato i nuovi accordi commerciali che desidera firmare con i Paesi del Commonwealth e con gli Stati Uniti, negoziati che dovrebbero cominciare proprio quest’anno. L’analista economico Constantin Rudniţchi richiama l’attenzione che la situazione non è proprio una semplice e che segue un processo abbastanza duro, pragmatico, in cui ciascuna delle parti cercherà di trarre un tipo di beneficio oppure imporre un tipo di approccio economico.
Ciò che sappiamo è che si passerà alla negoziazione di un accordo commerciale. Gli analisti stranieri affermano che si entra in un territorio ignoto, in una zona crepuscolare. Sappiamo solo che si negozierà, cominciano i negoziati sull’accordo commerciale, ma non sappiamo quando termineranno. Certo che abbiamo dei punti di riferimento. Il primo è che tutti desidererebbero un accordo con tasse zero, quindi senza dazi doganali, nè barriere tariffarie o non tariffarie tra le due zone, ma vediamo se è possibile. Ci sono molti analisti che dicono che ciò è difficilmente realizzabile. Perchè? Perchè, da una parte, l’Unione Europea si propone un tipo di integrazione più profonda, un’integrazione che la Gran Bretagna capiamo che ha respinto. Si prefigge un patto molto ambizioso sull’energia e l’ambiente, un green deal che porterà costi all’UE. E allora certo che non si può non tenere conto di questi costi in rapporto alle altre zone economiche del mondo. Sarà un problema per quanto riguarda la libertà di circolazione della forza lavoro verso la Gran Bretagna e allora dovremo vedere qual è l’approccio europeo e quello britannico da questo punto di vista. Cioè, se si andrà con un pacchetto comune – la libertà di movimento dei capitali, delle merci e della manodopera -, potrebbe esserci un grande problema, i britannici cercando di trovare delle soluzioni, imporre dei filtri nei confronti di chi va a lavorare là, ha detto Constantin Rudniţchi.
Tutti abbiamo da perdere in seguito alla Brexit, sia che si tratti di perdite finanziarie – la Gran Bretagna essendo un contributore importante al bilancio Ue, sia che si tratti, semplicemente, di perdite di prestigio, ritiene il dottor Mihai Sebe, dell’Istituto Europeo in Romania. Non dimentichiamo che la Gran Bretagna svolge un ruolo importante su piano militare, e se discutiamo della presenza accademica, possiamo dire che dopo la Brexit nessuna università dell’Ue si ritroverà più nella classifica delle prime 25 migliori università. In ugual misura, anche se viene presentato da una parte della classe politica come un movimento trionfalistico, possiamo dire, semplificando, che l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue rappresenta forse l’apice di un lungo periodo di perdita di prestigio della Gran Bretagna sulla scena internazionale, ha detto Mihai Sebe.
Un processo iniziato, possiamo dire, proprio dopo la Prima Guerra Mondiale, tramite il ritiro graduale dalla scena globale a favore di altri attori importanti, ha aggiunto Mihai Sebe.