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La carne coltivata, una soluzione?

L'idea di produrre carne in laboratorio non è nuova, è nata più di vent'anni fa, partendo da una missione pratica: la NASA finanziò in quel periodo uno studio con l'idea di trovare soluzioni per fornire cibo agli astronauti.

Foto: Joshua Kantarges / unsplash.com
Foto: Joshua Kantarges / unsplash.com

, 17.05.2024, 21:15

L’idea di produrre carne in laboratorio non è nuova, è nata più di vent’anni fa, partendo da una missione pratica: la NASA finanziò in quel periodo uno studio con l’idea di trovare soluzioni per fornire cibo agli astronauti. Il risultato? Nel 2001-2002, la NASA sperimenta la produzione di carne coltivata, producendo il primo campione commestibile di carne coltivata in laboratorio: un filetto di pesce ottenuto da cellule di pesce rosso. Contestata da molti, oggi, dopo anni di ricerca e sperimentazione, la carne coltivata è diventata un prodotto valido che si sta lentamente facendo strada nel consumo commerciale. Il primo hamburger di manzo artificiale è apparso nel 2013, creato da un team di ricercatori dell’Università di Maastricht nei Paesi Bassi. Preparato e gustato a Londra, l’hamburger pesava 142 grammi, e il processo di creazione è costato 250mila euro! Gli Stati Uniti e Singapore sono tra i primi paesi a consentire la vendita di carne coltivata e il primo ristorante che vende tale carne è stato aperto nel 2020 in Israele, a Tel Aviv.

Paesi europei come Germania, Spagna e Paesi Bassi stanno già investendo in modo significativo nella ricerca e nello sviluppo, preparandosi al momento in cui la carne coltivata raggiungerà i consumatori. A livello globale, negli ultimi dieci anni sono nate più di 150 aziende, che hanno investito complessivamente circa 2,8 miliardi di dollari in ricerca e sperimentazione. Da parte sua, l’UE ha investito 25 milioni di euro in finanziamenti per la ricerca sulle proteine sostenibili, compreso questo tipo di carne. Invitato a Radio Romania, il professor Petru Alexe della Facoltà di Scienze e Ingegneria Alimentari dell’Università „Il Basso Danubio” di Galați (est) ha parlato di quella che dieci anni fa era solo una curiosità presentata come una soluzione futuristica per coprire il fabbisogno alimentare della crescente popolazione del pianeta. La carne coltivata è una soluzione? E cos’è esattamente la carne coltivata?o artificiale, come veniva chiamato all’inizio.

Il professor Petru Alexe: “Inizialmente è apparsa sul mercato l’idea della carne artificiale, poi è stata apportata la correzione necessaria perché si tratta di una carne che significa una moltiplicazione delle cellule muscolari al di fuori del corpo animale. Cioè, alcune cellule staminali vengono raccolte da animali e trasferite in un bioreattore dove si moltiplicano e da cui si ottiene questa carne coltivata. Poiché parte da una fonte vivente, animale, non possiamo chiamarla carne artificiale, non è interamente prodotta dall’uomo, ma si basa su cellule esistenti nell’animale. Si tratta solo di tessuto muscolare e forse sono stati fatti progressi anche nella parte di dosaggio del tessuto adiposo. L’animale non viene ricostruito, non abbiamo un tale sviluppo della scienza. Le cellule muscolari vengono moltiplicate in modo da ottenere questa massa coltivata di tessuto muscolare, che può essere consumata senza alcun problema, come dimostrato dalle autorizzazioni ottenute da questa carne.”

Nel bioreattore le cellule staminali vengono immerse in un liquido contenente sali, vitamine, zuccheri e proteine, oltre a fattori di crescita. L’ambiente ricco di ossigeno e a temperatura controllata consente alle cellule di moltiplicarsi rapidamente. Le cellule staminali poi si differenziano in fibre muscolari, che si uniscono, e la carne può essere pronta per la lavorazione o la cottura in poche settimane.

Il professor Petru Alexe: “La carne può essere di qualsiasi tipo, può essere pesce, pollo, maiale e manzo. E’ solo un problema di moltiplicazione. Non c’è dubbio che il sapore della carne sia dato, in generale, in diretta correlazione con la dieta. Si tratta dell’influenza dei nutrienti che inseriamo in questo bioreattore. Perché, se facciamo un’analogia, alla fine l’animale è anche un bioreattore, solo che si rifornisce di nutrienti o lo aiutiamo di tanto in tanto. Il fatto è che tutto ciò che portiamo nel bioreattore lo troveremo nella parte di carne. Per il momento non abbiamo una consistenza complessa, né gli assortimenti sono molto vari, ma sicuramente, come in ogni ricerca, le cose andranno oltre”.

L’umanità ha consumato 364 milioni di tonnellate di carne lo scorso anno e, secondo le ultime proiezioni, la domanda globale di carne aumenterà almeno del 50% entro il 2050! Nel contesto dell’agricoltura tradizionale, ciò metterà a dura prova e la carne coltivata può diventare un’alternativa ecologica, dicono i suoi sostenitori: potrebbe avere un impatto significativamente inferiore sull’ambiente rispetto alla carne prodotta convenzionalmente, richiedendo il 90% di terra in meno, producendo il 94% meno inquinamento atmosferico e avendo una capacità di ridurre i gas serra del 92%. Inoltre, a differenza della carne proveniente da allevamenti intensivi, la carne coltivata non necessita di antibiotici per controllare le malattie causate da batteri come Salmonella o E. coli. Si ridurrebbe così l’allarmante fenomeno del trasferimento di antibiotici nel corpo umano attraverso il consumo di carne e lo sviluppo della resistenza agli antibiotici, considerato dall’OMS una minaccia globale per la salute pubblica.

D’altra parte, con la motivazione della tutela delle tradizioni culinarie, l’Italia è l’unico Paese al mondo che, nel novembre 2023, ha vietato la produzione e la commercializzazione di carne coltivata. La legge è stata criticata dalla comunità scientifica e dalle organizzazioni ambientaliste perché in contrasto con le tendenze globali e con l’apertura a questa opportunità. Se l’Ue dovesse approvare la vendita di prodotti a base di carne coltivata, l’Italia (come anche la Romania, se il divieto già approvato dal Senato passasse anche alla Camera dei Deputati) non sarebbe in grado di fermare le importazioni dagli altri Stati membri dell’Ue.

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