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Cosa possiamo fare per evitare i danni più gravi al clima?

Serve un intervento urgente per evitare un catastrofico riscaldamento globale, ammoniscono i più autorevoli ricercatori - esperti sui mutamenti climatici dell'intero mondo, in un recente rapporto dell'ONU..

Cosa possiamo fare per evitare i danni più gravi al clima?
Cosa possiamo fare per evitare i danni più gravi al clima?

, 13.05.2022, 17:04

Serve un intervento urgente per evitare un catastrofico riscaldamento globale, ammoniscono i più autorevoli ricercatori – esperti sui mutamenti climatici dell’intero mondo, in un rapporto Onu reso pubblico di recente ed elaborato in seguito all’analisi di oltre 18 mila lavori scientifici. E la conclusione degli scienziati è che già siamo pericolosamente vicini a un punto critico che potrebbe portare a un impatto climatico a cascata e irreversibile. Ospite a Radio Romania, Roxana Bojariu, dottore in Fisica Terrestre, coordinatrice del Gruppo di ricerca sui cambiamenti climatici dell’Ente Nazionale di Meteorologia, ha parlato della finestra di opportunità in cui potremmo ancora iscriverci sulla traiettoria verso la limitazione dell’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi Centigradi, rispetto ai livelli preindustriali, alla fine di questo secolo.



Per poter farlo, nei prossimi 3 anni dobbiamo raggiungere il massimo delle emissioni e poi ottenere quelle riduzioni significative delle emissioni negli anni 2030 e 2040, cosicchè, all’inizio degli anni 2050, possiamo raggiungere la neutralità climatica. Se si pone il problema di arrivare a un aumento della temperatura media globale di 2 gradi centigradi – anche se ogni decimo di grado significa moltissimo quando ci sono siccità e ondate di calura sempre più intense, e per quanto riguarda l’innalzamento del livello dell’oceano planetario – allora la neutralità climatica dovrebbe essere raggiunta intorno al 2070. Anche se ci sono tante prove scientifiche che potrebbero essere definite molto preoccupanti, molto pessimistiche, ci sono anche delle buone notizie. E direi che queste buone notizie sono qualcosa di nuovo in questo contesto dell’emergenza climatica. Una buona notizia è che, sebbene l’ultimo decennio sia stato caratterizzato dalle maggiori concentrazioni di gas ad effetto serra nell’atmosfera, il tasso di crescita è, tuttavia, rallentato. Ciò ci dà speranza che, anche se è difficile, possiamo raggiungere il massimo nel 2025 e poi far calare questo valore in modo consistente e sistematico al fine di raggiungere il target del Trattato di Parigi. Un’altra buona notizia è che ci sono decine di Paesi che sono riusciti nell’ultimo decennio a ridurre le loro emissioni da un anno all’altro di circa il 4%. È vero che si tratta dei Paesi industrializzati. E qui la discussione è legata alle grandi differenze nella capacità di far fronte ai cambiamenti climatici tra i Paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo e persino con redditi ed economie molto molto fragili. E uno dei problemi è come portare anche questi ultimi sulla traiettoria della riduzione delle emissioni. Buone notizie ci sono anche per quanto riguarda la disponibilità delle energie rinnovabili dal punto di vista economico. Ad esempio, il prezzo dei pannelli fotovoltaici è calato di circa l’85% nell’ultimo decennio, come anche quello della tecnologia per l’energia eolica, di oltre il 50%. È una buona cosa.



Il rapporto dell’ONU analizza inclusivamente cosa possiamo fare per evitare i più gravi danni al clima. La prima soluzione, la più evidente, affermano gli autori, è di cessare le emissioni di CO2, soprattutto nel settore energetico e dei trasporti. Il riscaldamento globale diventa cosi’ pericoloso attualmente, affermano loro, che dobbiamo sviluppare metodi per catturare l’anidride carbonica dall’atmosfera e persino sotterrarla o riutilizzarla. L’interesse pubblico è di passare quanto più rapidamente all’energia verde, spiega Roxana Bojariu, fare questa transizione ecologica, ma mantenendo lo sviluppo economico, e ciò si può fare coinvolgendo il mondo accademico, l’intera società, il mondo d’affari, tutti i cittadini, le comunità locali. Dobbiamo rinunciare ai combustibili fossili. Dobbiamo rinunciare agli investimenti in nuove capacità produttive, di estrazione e di utilizzo. Vediamo che questi combustibili fossili, che sono diffusi in modo non uniforme nel mondo, favoriscono i conflitti, perchè servono alla pressione geostrategica da parte dei Paesi che hanno combustibili fossili nei confronti di chi li usa. Quindi, in fin dei conti, anche se è difficile e ci saranno conseguenze economiche transitorie, prima si rinuncia ai combustibili fossili, meglio è anche per l’ambiente, per il clima, ma anche dal punto di vista geopolitico, per i conflitti su scala globale.



Notizie preoccupanti arrivano non solo dall’ONU. Un’indagine pubblicata sulla rivista Nature predice, ad esempio, con l’aiuto di una serie di modelli, che entro il 2070 possono verificarsi circa 15.000 nuovi eventi di trasmissione virale tra specie, a causa della riorganizzazione della distribuzione dei mammiferi, determinata dai cambiamenti climatici nello scenario di un riscaldamento globale di 2 gradi. I mutamenti climatici costringeranno gli animali selvatici a spostare i propri habitat, probabilmente in zone con maggiori concentrazioni di esseri umani, facendo aumentare drammaticamente il rischio di trasmissione di nuovi virus tra animali selvatici e uomini e di una nuova pandemia, si legge nell’indagine. Un altro studio, pubblicato sulla rivista Science, ricorda che la Terra si è confrontata l’ultima volta con un’estinzione di massa nel Cretaceo, quando un meteorite e le eruzioni vulcaniche hanno fatto scomparire la vita. Sessantacinque milioni di anni più tardi, gli esseri umani possono essere testimoni (e possono provocare) una nuova estinzione di massa, quella degli oceani. Ed è certo, rileva lo studio, che, se i cambiamenti climatici non saranno drasticamente e rapidamente fermati, l’effetto serra che riscalda gli oceani ed esaurisce il loro ossigeno, accanto alla distruzione degli habitat, alla sovvrapesca e all’inquinamento costiero, porrano fine alla vita negli oceani.




Foto: pixabay.com
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