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Afghanistan – 20 anni dopo

I talebani hanno avuto bisogno di meno di due settimane per riprendersi l'Afghanistan, a metà agosto, nel contesto del ritiro dei militari stranieri impegnati in missioni in questo Paese negli ultimi due decenni.

Afghanistan – 20 anni dopo
Afghanistan – 20 anni dopo

, 13.09.2021, 16:47

I talebani hanno avuto bisogno di meno di due settimane per riprendersi lAfghanistan, a metà agosto, nel contesto del ritiro dei militari stranieri impegnati in missioni in questo Paese negli ultimi due decenni. Dislocate a breve tempo dagli attentati dell11 settembre 2001 alle Torri Gemelle, le truppe americane, accanto a quelle alleate nella Nato, hanno concluso la loro missione, e con il ritiro dei militari stranieri – festeggiato dai militanti islamisti come una vittoria – la situazione si è deteriorata in modo accelerato, facendo sorgere ancora più numerosi punti interrogativi sul futuro di questo Paese e non solo.



Era prevedibile una simile evoluzione in Afghanistan? Lanalista militare Radu Tudor, ospite a Radio Romania, ritiene di si. “Era assolutamente prevedibile e, purtroppo, una missione che io ritengo di successo per oltre 20 anni, eseguita inizialmente sotto comando americano, intitolata Enduring Freedom, che ha visto poi la partecipazione, limplicazione e il coordinamento della Nato e dellOnu, una missione di successo nellambito della quale lorganizzazione terroristica al-Qaida è stata eliminata, cacciata via dallAfghanistan, una missione che ha portato anche alla liquidazione di Osama bin Laden, come principale responsabile per gli attacchi dell11 settembre negli Usa – attacchi che hanno provocato quasi 3 mila morti, gente innocente – orbene, questa missione di successo, di relativa stabilizzazione dellAfghanistan e di chance offerta a questo Paese che lotta contro alcune realtà medievali per diventare uno stato quanto più moderno, ha dovuto fare i conti con un pessimo piano di ritiro. Con decisioni che nè lamministrazione Trump, nè lamministrazione Biden non hanno analizzato abbastanza, che hanno generato unemozione fortissima, emozione che viviamo anche noi seguendo le immagini trasmesse da tutte le tv, da tutti i siti. Credo che ciò che sta succedendo adesso sia la sfortunata fine di una missione molto difficile, molto necessaria e che ha un ottimo bilancio dalla prospettiva della stabilizzazione dellAfghanistan. Del resto, lapparizione dei talebani e la loro presa di potere dimostrano, alla luce della preoccupazione della comunità internazionale, che ciò che hanno fatto la Nato e gli Usa negli ultimi 20 anni in Afghanistan è stato ben fatto. Ma la missione non poteva continuare più a causa degli ingenti costi umani, militari e finanziari, e perchè lidea che lAfghanistan deve prendere in mano le redini del proprio destino doveva prevalere.”



“Il presidente Biden avrebbe potuto dire: entro settembre 2022 non voglio più nessun soldato in Afghanistan, ma fino allora voglio essere sicuro di avere un accordo tra il governo e i talebani e di aver evacuato tutti i nostri dipendenti e partner locali”, spiega un ex membro del governo allontanato dai talebani, Nargis Nehan, che definisce irresponsabile il calendario del ritiro americano. “Gli Usa sono stati presenti in Afghanistan per 20 anni, un anno in più non avrebbe fatto nessuna differenza per loro, almeno dal punto di vista finanziario e politico”, ha dichiarato Nargis Nehan in unintervista alla AFP, a sei giorni dalla fuga dal Paese con un voli di evacuazione occidentale. Nargis Nehan ha lamentato lo spreco di oltre 2.000 miliardi di dollari, investiti dalla comunità internazionale, e il sangue sparso: “il sentimento di essere abbandonato, ignorato, tradito non farà altro che destare ancora più rancore nei confronti della comunità internazionale. La mia grande paura è che vedremo ancora più estremismo in Afghanistan”, ha detto lex esponente di Kabul. “Una catastrofe umanitaria incombe”, ha ammonito, dal canto suo, il segretario generale dellOnu, Antonio Guterres, che si è detto preoccupato per “laggravarsi della crisi umanitaria ed economica” e la minaccia di un crollo totale dei servizi di base. Il segretario generale dellONU ricorda che “quasi la metà della popolazione afghana ha bisogno di assistenza umanitaria per sopravviere”. “Più che mai, i bambini, le donne e gli uomini in Afghanistan hanno bisogno della solidarietà della comunità internazionale”, ha insistito Guterres.



I talebani si sono impegnati a garantire la sicurezza delle equipe di aiuto umanitario e laccesso degli aiuti in Afghanistan, ma anche a insediare un regime che sia riconosciuto dalla comunità internazionale e dal popolo afghano. Nella prima conferenza stampa dopo la presa di potere, un portavoce talebano ha affermato che saranno rispettati la libertà dei media e i diritti delle donne in conformità alla legge islamica, senza fornire più dettagli su cosa vuole dire concretamente. Dopo che gli Stati Uniti hanno inviato truppe in Afghanistan nel 2001, le restrizioni imposte alle donne sono state allentate e, man mano che la guerra è continuata, un impegno locale per lampliamento dei loro diritti, sostenuto da gruppi internazionali, ha portato alla creazione di nuove misure di protezione giuridica. Dal 2009, grazie alla legge per il contrasto della violenza sulle donne, lo stupro e il matrimonio forzato sono considerati reati, mentre la negazione del diritto a studiare o lavorare alle ragazze e alle donne è ritenuta illegale. Adesso, le donne in Afghanistan temono di perdere i diritti acquisiti in 20 anni, senza riaverli mai, nonostante le dichiarazioni dei talebani, secondo i quali “le scuole saranno aperte, e le ragazze e le donne potranno frequentarle, come insegnanti e allieve”. Intanto, lEuropa si aspetta a una migrazione afghana che metterà pressione sulle sue capacità di accoglienza. I ricordi del 2015, quando ha dovuto fare i conti con massicci flussi migratori illegali provocati soprattutto dalla guerra in Siria, sono ancora vivissimi. E anche se adesso non si tratterà più esattamente della stessa situazione, lEuropa deve organizzarsi. E restare vigile, dati i timori per un eventuale maggiore rischio terroristico dopo la presa di potere da parte dei talebani.




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