Ulysse de Marsillac (1821-1877)
Uno dei francesi che hanno lasciato le più attraenti pagine sulla Bucarest dellOttocento è stato il professore e giornalista Ulysse de Marsillac
Steliu Lambru, 09.04.2023, 11:16
Lo spazio est-europeo è stato scoperto e riscoperto dall’Occidente in diverse tappe nella storia dell’ultimo millennio. A cominciare dal 18/o secolo, l’Occidente Europeo ha inventato l’Europa dell’Est, così come la conosciamo oggi, e in questo processo i francesi hanno svolto un ruolo fondamentale, grazie all’impatto della rivoluzione degli anni 1789-1795 e al progetto di stato moderno che essa proponeva. Anche lo spazio romeno, parte del mondo orientale, venne scoperto da alcune generazioni di francesi, la prima essendo quella dei consoli di Francia a Bucarest e Iași. Gli avvenimenti internazionali che si sono succeduti nella prima metà del 19/o secolo e che hanno portato alla formazione dello stato romeno moderno hanno determinato altre generazioni di francesi a migrare verso le foci del Danubio e a descrivere il nuovo mondo in cui erano arrivati. Uno dei francesi che hanno lasciato le più attraenti pagine sulla Bucarest dell’Ottocento fu il professore e giornalista Ulysse de Marsillac, l’uomo al cui nome è legata la francofonia della generazione romena di metà Ottocento.
De Marsillac era francese, ma in ugual misura era anche romeno. Si identificò talmente tanto con lo spirito romeno, che scelse di restare a Bucarest fino alla fine della sua vita di 56 anni. Nato nel 1821 a Montpellier, de Marsillac arrivò a Bucarest nel 1845, all’età di 24 anni. A Bucarest insegnò alla Scuola militare, al Collegio Nazionale “Sfântul Sava” e all’Università. Come giornalista, scriveva sul bisettimanale “La Voix de la Roumanie”, da lui fondato nel 1861 e che continuò ad essere pubblicato fino al 1866. Tra il 1866 e il 1870 fu caporedattore della pubblicazione “Le Moniteur Roumain”, mentre dal 1870 al 1876 pubblicò su “Le Journal de Bucarest”. Tra i suoi libri, il più popolare è “Guide du Voyageur a Bucarest”, apparso a Bucarest nel 1872.
A vent’anni dal suo arrivo in Romania, Ulysse de Marsillac si ricordava com’era il nuovo mondo, in cui forse non sapeva che avrebbe passato il resto della sua vita: “A Giurgiu salii su una carrozza. È una cassa trapezoidale di legno, senza alcun chiodo, senza alcun oggetto di ferro, tutta di legno. Questa cassa è messa su quattro ruote poligonali ed è riempita di fieno. Il gran lusso è avere molto fieno. Il passeggero se ne sta accovacciato sul fieno, si appoggia con le mani ai margini della cassa e quattro cavalli piccoli, brutti, ma instancabili fanno partire la carrozzella leggera che salta sui sassi delle strade, sui buchi e sui tronchi delle foreste. In un primo momento sei scombussolato, ti gira la testa, tutto il corpo cerca un equilibrio che non trova; dopo un’ora, ti viene un terribile mal di schiena, le budella ti si attorcigliano; dopo due ore pensi alle torture dell’Inquisizione, in cui non sempre si muore. E poi arriva il momento in cui il boia-cocchiere ti si avvicina con un sorriso dolce, ti annuncia che sei arrivato a destinazione e ti chiede la mancia.”
Le descrizioni di Ulysse de Marsillac erano però in sincronia con i tempi. L’autore notava i cambiamenti che Bucarest e la società romena stavano attraversando e ne era entusiasta. Sandra Ecobescu, presidente della Fondazione Calea Victoriei, ha notato che Ulysse de Marsillac aveva capito Bucarest e i romeni in una maniera più profonda di quanto fossimo tentati a dire: “Questo signore francese innamorato di Bucarest ha un capitolo intitolato Lăutarii, che sono musicisti popolari che suonano strumenti a corda e fanno parte di un ensemble. Ma non parlava solo di loro. Ha scritto pagine intere sui loro costumi, sulla loro musica, sulle loro tradizioni, abiti. Lui parla, infatti, di folclore. Qui c’è una cosa interessante perché si è parlato dell’Oriente, si è parlato del filone bizantino oppure orientale e di questa tradizione che, in fin dei conti, definisce i romeni e va considerata nel suo insieme. I romeni non sono solo occidentali, non sono originari solo di Roma, non sono solo romani, ma un miscuglio di tutto. Il viaggiatore che viene qui trova anche il filone popolare.”
Gheorghe Crutzescu, autore del libro molto popolare “Il Ponte di Mogoșoaia. La storia di una strada” del 1943, caratterizza così Ulysse de Marsillac che abitava proprio su Calea Victoriei, l’attuale denominazione della strada di cui scriveva: “non credo che abbia avuto la nostra città un cronista più onesto e comprensivo di questo straniero. Non c’è un cambiamento positivo, per quanto fosse insignificante, non c’è progresso, per quanto minuto, che gli sfugga. E, allo stesso tempo, quanto amore aveva per il nostro passato che conosceva così bene.”
Ecco, i romeni avevano tra di loro uno straniero che era interessato al loro mondo e lo voleva migliore. A proposito della morte del francese dall’anima romena, nel 1877, l’anno in cui l’esercito romeno cominciava la guerra che le avrebbe portato l’indipendenza, sempre Crutzescu scriveva: “nel 1877, ucciso da una terribile malattia, Ulysse de Marsillac si spense. Aveva avuto giusto il tempo di scrivere un articolo in cui augurava vittoria alle truppe romene che attraversavano il Danubio”.