Storia recente del vino romeno
Il vino ha una lunga tradizione nello spazio romeno.
Steliu Lambru, 08.02.2024, 19:10
Il vino ha una lunga tradizione nello spazio romeno. La coltivazione della vite è attestata fin dai tempi dellantica popolazione dei Daci. Lo storico greco Strabone, vissuto tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., racconta che il re daco Burebista aveva ordinato di bruciare le vigne per scoraggiare il consumo di vino. Al di là della frivola osservazione di Strabone, le fonti storiche menzionano frequentemente la presenza della vite in tutta la zona a nord del Danubio. La storia del vino nel periodo 1945-1989 è stata segnata dalleconomia centralizzata nella produzione e commercializzazione del vino.
Marian Timofti è il presidente dellOrganizzazione dei Sommelier della Romania e ci ha spiegato qual’era la logica alla base della produzione del vino: “I vini prodotti in Romania a quel tempo erano vini destinati all’export per coprire alcuni debiti, cioè i raccolti erano molto grandi in termini di quantità. Nel momento in cui abbiamo una grande quantità di uva nella vigna per produrre vino, sicuramente la qualità del vino sarà bassa. Quanto meno i minerali estratti dalla terra dalla vite vengono divisi in meno chicchi o in meno acini, tanto più abbondanti sono in ciascuno. Quando i minerali vengono divisi in più chicchi, ovviamente ce ne sono in quantità minore. Così il corpo del vino, il suo sapore, gli aromi, gli antociani, che danno anche i colori, sono in quantità minore. Ma all’epoca, quella era la richiesta di vini, l80-90% veniva esportato. Gran parte del debito romeno è stato coperto con il vino venduto. Il primo importatore era lUnione Sovietica, che richiedeva vini con zuccheri residui, cioè zuccheri non trasformati in alcol, semisecchi, semidolci o addirittura dolci perché il freddo della zona richiedeva energia. In secondo luogo, i vini non dovevano superare il 12,5% di alcol e allepoca dicevamo scherzando che non doveva competere con la vodka. La viticoltura romena è stata distrutta da Nicolae Ceaușescu. Sì, la viticoltura di qualità sì, possiamo dire che è stata distrutta perché a quel tempo i capi delle aziende agricole, i direttori dei vigneti, venivano pagati a seconda della quantità di vino ottenuta per ettaro. Che fosse grano, che fosse mais, che fosse uva o altri prodotti, loro venivano pagati secondo la quantità ottenuta. I resoconti dovevano essere grandi, e non solo i resoconti, ma anche le quantità”.
Tuttavia, in Romania cerano anche vini di qualità a cui non tutti avevano accesso. Erano vini eccezionali che partecipavano a concorsi internazionali. Marian Timofti: “La Romania è riconosciuta nel mondo per la qualità dei suoi vini perché c’erano anche vini prodotti in piccole quantità, su determinate parcelle. In ogni vigneto venivano scelte alcune parcelle e quel vino era riservato a poche persone. Questi vini sono stati inviati a concorsi internazionali e la Romania ha vinto molte medaglie. Solo che, quando si trattava di importazioni, gli occidentali avevano paura di importare dalla Romania perché non arrivavano i vini premiati.”
Una delle invenzioni dellenologia romena di quegli anni è stato un vino chiamato “il vino di Ceaușescu”. Amante del vino, il leader comunista romeno ha sofferto di diabete nei suoi ultimi anni di vita. Nella Romania orientale, a Huși, è stata trovata una soluzione perché i diabetici potessero bere vino. Marian Timofti: “Si sapeva che il vino preferito di Nicolae Ceaușescu era il vino zghihara de Huși. Molte centinaia di bottiglie di questo vino venivano inviate al Comitato Centrale. È una varietà che accumula pochissimo zucchero, accumula unacidità molto elevata, superiore alla norma. E’ un vino da consumare prima di mangiare perché quellacidità produce succhi gastrici che aiutano la digestione. La quantità ridotta di zuccheri fece sì che Ceaușescu lo adottasse come suo vino, su consiglio di alcuni medici, i quali gli dissero che il vino aveva pochissimo zucchero e che non nuoceva al diabete di cui soffriva. E così il vino era conosciuto come “il vino di Ceaușescu”. Ma ai pasti di Ceaușescu si consumava anche un altro vino. Ad esempio, Elena Ceaușescu beveva Cabernet Sauvignon, le piacevano i vini prodotti nella zona di Dealul Bujorului. Il vino doveva essere semisecco, con un residuo zuccherino che lasciasse una sensazione dolce alla fine e coprisse la durezza dei tannini. Lì furono diretti i fondi per la piantumazione di 40 ettari di zghihară de Huși. In quel vigneto, inizialmente, non c’era una superficie così vasta e i soldi che arrivarono dal Comitato Centrale aiutarono questa varietà a proliferare, per aumentare la quantità di zghihară de Huși. A tutti gli incontri con altri presidenti di stato, Ceaușescu offriva anche il suo vino, che veniva apprezzato o meno, ma, per cortesia, tutti sorridevano e lo lodavano quando lo assaggiavano.”
Una storia del vino romeno del secondo dopoguerra dovrebbe includere numerosi aspetti sociali legati alla produzione di questo liquore associato alla vita. È una lunga storia che senza dubbio continuerà.