Rimedi e medici nei Principati romeni
Prima dell'Ottocento, quando apparve la medicina moderna, alle corti dei principi romeni si trovavano molti medici e rimedi di cui le élite avevano bisogno.
Steliu Lambru, 21.12.2021, 12:02
Prima dell’Ottocento, quando apparve la medicina moderna, alle corti dei principi romeni si trovavano molti medici e rimedi di cui le élite avevano bisogno. Le classi inferiori trattavano la loro sofferenza piuttosto secondo ricette tradizionali ed empiriche anziche tenere il passo con i progressi della scienza. Per i posteri, i medici sono preziose fonti in base alle quali gli storici ricostruiscono l’universo materiale e mentale dell’epoca. Hanno lasciato documenti scritti come appunti di viaggio, corrispondenza e prescrizioni di medicinali dai quali apprendiamo tante cose su malattie, atteggiamenti, epidemie, percezioni o mentalità. I medici arrivati nei Principati romeni erano occidentali che cercavano di esercitare la loro professione nell’Impero ottomano e sono giunti nello spazio romeno situato nell’area culturale orientale e levantina. Ma i medici non venivano solo dall’Occidente. Accanto a francesi, italiani, tedeschi, si potevano incontrare ebrei e greci che arrivarono alle corti dei principi della Valacchia e della Moldavia, e se ne andavano una volta destituito il principe. Le loro storie sono affascinanti e la maggior parte descrivono mondi per niente privi di sentimenti umani come la rivalità e l’invidia.
Constanța Vintilă-Ghițulescu è uno dei cinque autori del volume Lusso, moda e altre bagattelle politiche nell’Europa sudorientale nei secoli XVI-XIX, in cui sono inserite anche storie di medici e medicine usate dalle persone di quel tempo. In Transilvania, che era nella sfera di influenza della cultura occidentale, le farmacie erano apparse sin dalla fine del XV secolo. Le grandi città di Cluj, Sibiu, Brașov stavano preparando prescrizioni per medicinali importati in parte dall’Impero ottomano. Maria Pakucs-Willcocks ha scritto di un inventario delle scorte di medicinali a Sibiu dal 1531 e dal suo studio scopriamo che le medicine erano vendute dagli stessi mercanti che portavano coloranti e veleni.
Gli archivi di Sibiu conservano una serie di elenchi di prodotti farmaceutici e delle loro proprietà, spesso stampate sotto il titolo Materia medica. Certi coloranti, ingredienti minerali e chimici portati dall’Impero Ottomano erano iscritti nei registri doganali e tariffari. Ciò dimostra un interesse evidente per le cure e la guarigione all’interno delle comunità, spiega Constanța Vintilă-Ghițulescu, che ha dedicato degli studi ai medici delle corti dei principi fanarioti del XVIII secolo. Nei suoi scritti scopriamo un certo Giacomo Pilarino, medico alla corte del principe della Valacchia, Constantin Brâncoveanu (1688-1714), che prima di arrivare a Bucarest era passato dalla corte dello zar della Russia. Durante il suo soggiorno nell’Impero ottomano, fece preziose osservazioni sulla comparsa e la diffusione del vaiolo.
Constanța Vintilă-Ghițulescu cita anche i casi dei medici francesi Exupère-Joseph Bertin e dell’italiano Giuseppe Antonio Pisani. L’italiano era arrivato nel 1751 a Iași, alla corte del principe moldavo Constantin Racoviță, per prendersi cura di sua moglie, Sultana. La donna muore nel 1753 e Pisani è accusato di quella che oggi chiamiamo malasanità. Viene accusato di cattiva condotta e mandato in prigione. Il dottore, infatti, era anche un diplomatico ed era caduto negli intrighi e nelle rivalità di corte e finisce così dietro le sbarre. Il suo destino esatto rimase sconosciuto, sebbene l’ambasciatore francese a Costantinopoli si fosse offerto di prenderlo al suo servizio per salvarlo. Constanța Vintilă-Ghițulescu ha ricostruito anche il percorso di un altro medico italiano arrivato nei Principati romeni. Si tratta di Niccolò Ramelli, diventato Niculae, Neculae e Neculai Ramelli, che godette di grande rispetto tra i moldavi grazie al suo lavoro. Nel 1804, un gruppo di residenti di Chisinau gli inviò una lettera di ringraziamento. Constanța Vintilă-Ghițulescu ci indica che Niccolò Ramelli ha praticato la medicina in Bessarabia e poi in Moldavia, dove si è anche spento nel 1819.