L’usanza primaverile del Martisor
Una delle più amate tradizioni in Romania, ma anche nello spazio balcanico, è quella del Martisor: un amuleto portafortuna legato da un filo bianco intrecciato a uno rosso, offerto alle donne all'inizio della stagione.
Monica Chiorpec, 01.03.2018, 12:14
Una delle più amate tradizioni in Romania, ma anche nello spazio balcanico, è quella del Martisor: un amuleto portafortuna legato da un filo bianco intrecciato a uno rosso, offerto alle donne all’inizio della stagione. Nel passato, questo simbolo della rinascita e della vitalità era legato anche ad un antico rito della fertilità. Il nome deriva dal diminutivo del mese di marzo, che in romeno si chiama martie. Però, col tempo, questo simbolo ha acquisito una forte dimensione commerciale, soprattutto negli ambienti urbani. La cosa importante è che il Martisor resiste anche nella modernità. Lo scorso anno, è stato anche inserito nel Patrimonio dell’UNESCO.
Sabina Ispas, direttrice dell’Istituto di Etnografia e Folclore Constantin Brăiloiu di Bucarest, spiega il suo significato. E’ una delle più vecchie e belle usanze conservate nella cultura popolare romena. Le sue radici risalgono all’antichità. Martisor deriva da Martius, il nome latino del dio Marte. E’, nel contempo, il nome di un cordoncino di due fili intrecciati, rosso e bianco, molto raramente azzurro e bianco o nero e bianco, che porta fortuna. Cordoncino che era fatto dalle donne anziane della casa, per essere legato al polso, alla caviglia, a volte sopra le anche, oppure attorno alla vite. Lo portavano anche i giovani, le ragazze o le giovani spose, ma veniva messo anche al bestiame, soprattutto agli agnelli, ai vitelli, ai cavalli. Più tardi, al martisor si aggiunse una moneta bucata, che poteva essere, a seconda della posizione sociale di chi la portava, di oro, argento o rame. Il martisor, diventato un ciondolo portafortuna, veniva portato un certo numero di giorni: o nove giorni, oppure tutto il mese di marzo, finquando fioriva il primo albero da frutta. Il martisor veniva legato ai rami del rispettivo albero, gesto accompagnato da un incantensimo per la salute e la bellezza, spiega Sabina Ispas.
Che sia legato a monetine o ad altri piccoli simboli della primavera e della fortuna, il martisor ha sempre richiamato la protezione. In particolare nelle città, la monetina ha assunto varie forme per diventare, nell’ultimo secolo, gli amuleti che vediamo oggi in vendita. Il martisor significa salute, vita, purezza. All’inizio della primavera, quando l’intera natura comincia a risvegliarsi ed è in piena effervescenza, questo cordoncino bianco-rosso era volto a proteggere e ad assicurare la vitalità. La tradizione di per sè, ma soprattutto la sua rappresentazione tramite questo filo intrecciato, è forse la più profonda forma di unità dei regni esistenti. Il martisor unisce, sia che lo porta l’uomo, la pianta, l’animale, o se viene buttato nelle fontane o sui campi coltivati, conclude Sabina Ispas.
Il martisor si teneva addosso fino all’arrivo di una delle feste di primavera – i 40 Martiri di Sebaste, la Domenica delle Palme o la Pasqua, oppure finchè i primi alberi fiorivano. In certe zone del Paese, i bambini lo tenevano fino al ritorno degli uccelli migratori.