Lo scrittore Nicu Steinhardt
Nato a luglio 1912 e morto nella primavera del 1989, senza arrivare a vivere la caduta del regime, Nicu Steinhardt divenne postumo un simbolo dell'anticomunismo e della resistenza attraverso la religione e la cultura.
Christine Leșcu, 20.09.2021, 09:27
Nato a luglio 1912 e morto nella primavera del 1989, senza arrivare a vivere la caduta del regime, Nicu Steinhardt divenne postumo un simbolo dell’anticomunismo e della resistenza attraverso la religione e la cultura. Con un dottorato di ricerca in giurisprudenza, appassionato di letteratura e scrittura sin dal periodo compreso tra le due guerre, Nicu Steinhardt faceva parte del cosiddetto gruppo di intellettuali Noica-Pillat, incarcerati dalle autorità comuniste per azioni contro lo stato, come la lettura di libri considerati all’epoca sovversivi. Fu allora che l’etichetta di sovversivo cominciò ad essere applicata a Steinhardt, un intellettuale che, in realtà, è sempre stato originale e anticonformista.
Ad esempio, In genul tinerilor, il suo volume d’esordio degli anni ’30 parodia lo stile letterario, e non solo, della giovane generazione di quel tempo che comprendeva i suoi amici Mircea Eliade, Constantin Noica ed Emil Cioran, tutti segnati dal trairism (la versione romena dell’esistenzialismo), ma anche dall’opzione per le ideologie politiche di estrema destra. Arrestato nel 1960 e liberato nel 1964, con l’amnistia generale dei prigionieri politici, Steinhardt compirà un altro atto sovversivo: il fallimento del suo avvicinamento all’ebraismo nativo lo porterà alla conversione all’Ortodossia, per prendere l’abito monacale al Monastero Rohia, nella regione del Maramureș. Ciò non significava rinunciare alla scrittura. Steinhardt pubblicò diversi libri durante il comunismo, dopo che gli era stato ripristinato il diritto di firmare.
Il critico letterario Cosmin Ciotloș riassume l’analisi della sua opera e biografia. Steinhardt è stato sovversivo sia rispetto alla sua generazione legionaria, sia rispetto a quanto accaduto negli anni Cinquanta, sia rispetto ai modelli strutturalisti degli anni Sessanta e Settanta e così via. E riesce quasi a essere sovversivo rispetto alla lettura che gli viene applicata da quasi 30 anni, questa volta postuma. Quanto al suo rapporto con le utopie di ogni genere, si può già chiaramente dedurre che le abbia dribblate. Steinhardt è riuscito a dribblare queste tentazioni utopiche attraverso il suo modo di essere, spiega il critico.
Le tentazioni utopiche che Nicu Steinhardt ha dribblato erano sia le ideologie di sinistra e di estrema destra, sia i totalitarismi emersi successivamente. Il suo modo di essere – sfumato, umanistico e dialogico – emerge, infatti, meglio dal Diario della felicità, il suo libro più noto, pubblicato dopo il 1989, il cui manoscritto è stato confiscato dalla Securitate, la polizia politica del regime comunista.
Come Steinhardt sia apparso per la prima volta agli occhi di una persona con cui non aveva ancora dialogato, apprendiamo dal professore universitario Mihai Zamfir, che ha avuto il privilegio di incontrarlo negli anni ’70. Certo, quando l’ho incontrato direttamente, non sapevo chi fosse, e poi ho letto le tante pagine che sono uscite dopo il 1990. È così che ho effettivamente visto con chi avevo a che fare. Ho scoperto la reale grandezza di quest’uomo apparentemente debole e insignificante. La differenza tra Steinhardt e i suoi cosiddetti colleghi, i critici letterari degli anni ’70 e ’80, era enorme, e lui stava ancora cercando di nasconderla. Aveva una cultura che era travolgente per gli altri. (…) Ciò che Steinhardt sapeva era così schiacciante rispetto agli altri che raramente e solo in certi articoli introdusse nella letteratura il bisturi filosofico per estrarne ciò che altri non notavano, spiega il prof. Mihai Zamfir.
Recentemente, l’opera di Nicu Steindart è stata nuovamente analizzata, attraverso il lavoro Le età della sovversione. N. Steinhardt e la decostruzione delle utopie di Adrian Mureșan, il quale ci ha offerto maggiori dettagli. Ho spesso sentito che l’inquadratura di Steinhardt non è molto accurata. Se ne parlò come dissidente, senza che alcuni oratori sapessero nemmeno cosa significhi la dissidenza, anche etimologicamente. Ma si è andati anche all’altro estremo. Ho avuto nel libro delle polemiche con alcune voci che banalizzavano o minimizzavano eccessivamente il contributo di Steinhardt. Alcune voci si sono chieste, ad esempio: Ma che granchè è la volontà politica di Steinhardt con le sue famose soluzioni di resistenza? Sulla carta è tutto bello, ma che valore hanno in pratica? La dissidente Doina Cornea e altri – non molti – hanno dimostrato che questa parte della teoria può essere messa in pratica in maniera ammirevole, ma è vero che non da molti. Una seconda parte del libro fa riferimento ad un altro clichè che ho sentito il bisogno di discutere in modo polemico. Si tratta di N. Steinhardt come critico letterario. Quello che ho deciso di fare è dimostrare che Steinhardt era, in effetti, un critico culturale. E infine, la terza parte si riferisce al modo in cui Steinhardt legge la letteratura francese e la letteratura inglese, cioè, in modo riduzionista parlando, il modello culturale e letterario europeo come appare principalmente nella letteratura francese e inglese. Le età della sovversione in Steinhardt sono due: quella tra le due guerre, quella di contestazione parodistica del giovane conservatore, ma ribelle, e la seconda età, quella della maturità sovversiva, ovviamente quella del saggista del dopoguerra che ha l’ onore di essere perseguitato dal suo più grande nemico, il comunismo con tutti i suoi avatar. Steinhardt è stato davvero un autentico anticomunista o antisocialista sin dalla tarda adolescenza, conclude Adrian Mureșan.
L’antitotalitarismo di Steinhardt era ben noto ai comunisti, come dimostra l’ampio fascicolo della Securitate nei suoi confronti: 11 volumi elaborati con il coinvolgimento di oltre 500 ufficiali, 70 informatori e sorveglianza costante per 30 anni.