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Le periferie di Bucarest lungo il tempo

Città dei contrasti, Bucarest è stata per molto tempo anche un miscuglio in cui l’abitazione di tipo rurale era intrecciata a quella di tipo urbano.

L'olimpiade dei sorrisi
L'olimpiade dei sorrisi

, 15.04.2024, 18:13

Città dei contrasti nella maggior parte della sua storia, Bucarest è stata per molto tempo anche un miscuglio in cui l’abitazione di tipo rurale era intrecciata a quella di tipo urbano. Infatti, solo la zona centrale era diventata quasi completamente urbana dopo la prima guerra mondiale, essendo circondata da una rete di quartieri periferici formati sui terreni di alcuni ex villaggi. Perciò, l’abitare tipico della campagna si è parzialmente mantenuto in queste zone per molto tempo, addirittura fino agli inizi degli anni 1960, quando il regime comunista ha iniziato la sistematizzazione della città partendo proprio da queste zone.

Le abitazioni vernacolari e gli edifici dei mercanti con il negozio al pianterreno e l’abitazione al piano di sopra sono stati abbattuti per fare posto ai condomini e così le periferie si sono riempite dei cosiddetti quartieri – dormitorio. Un documentario recentemente rinvenuto nell’archivio del Museo del Municipio di Bucarest – infatti, una registrazione grezza – ci fa vedere la vita dei bucarestini lungo le strade che portavano dalla barriera Vergului a Piazza Victoriei, ovvero dall’est della capitale fino all’inizio del più importante e moderno viale di Bucarest, Calea Victoriei. La pellicola presenta la vita quotidiana delle persone che vivevano vicino ai viali che oggi si intitolano Mihai Bravu, Ștefan cel Mare e Iancu de Hunedoara. Negli anni 1960 le loro denominazioni erano diverse e l’esistenza scorreva quasi immutata da decine di anni.

Qual era l’aspetto di queste periferie nel XIX secolo e com’era la vita dei bucarestini che allora vivevano nell’unità amministrativa detta “il settore giallo”, ce lo racconta lo storico Adrian Majuru, il direttore del Museo del Municipio di Bucarest: Questo settore giallo aveva, nel 1838, 11.555 abitanti, quindi non era molto popolato, e 2.449 case. C’erano anche animali di compagnia. Possiamo chiamarli così, mantenendo i parametri dell’epoca, e cioè: c’erano 1063 cavalli, 444 buoi, 245 mucche, 73 bufali, 193 maiali e 1542 cani. Il pollame e i gatti non sono menzionati nei documenti dell’epoca. Notiamo che c’erano bestie da soma. Quindi queste persone avevano necessità di guadagnarsi il pane utilizzando le bestie da soma: cavalli, buoi, bufali. All’epoca, i maiali erano diversi rispetto a quelli allevati oggi in masserie e allevamenti. Li ritroviamo raffigurati in litografie di inizio Ottocento, soprattutto negli anni 1830 – 1850, quando circolavano liberamente ed erano marchiati. Avevano anche una briglia a forma di triangolo, per non poter entrare facilmente nei cortili. Quindi, era un mondo rurale, che cambiava difficilmente. E non cambiava affatto nella zona del viale Mihai Bravu. Apparve, tuttavia, ad un certo momento, una classe media inferiore di artigiani che vivevano sfruttando il proprio lavoro. Se uno aveva una bottega nella zona del viale Ștefan cel Mare, e vendeva quello che produceva, come calzolaio, pellicciaio o fotografo, era fortunato. Se l’affare era su una delle stradine laterali, la gente non ci andava spesso. Erano abbastanza insalubre e poco sicure per quel periodo. L’atmosfera e il mondo cambiavano nel momento in cui si passava in un’altra periferia. C’erano immobili diverso. Evidentemente, c’erano anche zone industriali, un panificio, ad esempio, al nord e un altro a sud. (…) Il mondo cosmopolita iniziava a Piazza Victoriei, ma dietro e intorno c’era ancora il mondo rurale.  

La situazione comincia a cambiare proprio nel 1961, anno al quale risale il filmato conservato al Museo del Municipio di Bucarest, realizzato proprio per documentare il cambiamento. Ma come si viveva allora nei pressi della barriera Vergului (oggi Piazza Muncii), nella parte orientale della città? Adrian Majuru risponde: All’epoca c’era un detto: “Se si trovasse anche del gas, sarebbe come durante la guerra”. Il pane si comprava ancora in maniera razionalizzata. Gli abiti costavano un coupon, offerto a seconda del grado professionale e dell’origine sana. La situazione si è un po’ rilassata negli anni 1960 quando il capo dello stato e del PCR era ancora Gheorghiu-Dej, e la dipendenza dallo stato sovietico era ancora abbastanza forte. Ma per la gente comune persisteva il mondo di prima che non era scomparso. C’erano difficoltà, ma abitavano nelle stesse case, alcuni avevano aperto piccole botteghe artigianali autorizzate, poiché il regime ancora lo permetteva. Le cose cominciarono a cambiare dal 1961, (…) e la gente era confusa. Gli adulti erano molto tristi. Era un mondo al quale non sapevano rapportarsi. Partivano da abitazioni familiari e dovevano essere trasferiti sui viali Mihai Bravu o Iancu de Hunedoara, ma non necessariamente lì. 

Ovviamente, con le demolizioni e le nuove costruzioni, cambia anche il paesaggio umano. Persone dalle campagne vengono a lavorare in città, i contadini diventano d’un tratto cittadini e popolano i nuovi condomini. Adrian Majuru: La realtà degli anni 1960 ha avuto un forte impatto sulla società in cui viviamo oggi, perché ha segnato il debutto di sistematizzazioni e di un’industrializzazione delle periferie che aveva portato molti coloni: gente che arrivava dall’ambiente rurale e dalle piccole città. A questo si riduceva il loro contatto con l’urbanità, non potevano e neanche avevano bisogno di altro. Per loro era sufficiente. Nel momento in cui la massa critica delle persone con preoccupazioni intellettuali e professioni liberali si è ristretta, sono apparse forme di manifestazione della periferia anche nelle zone centrali. Le demografie si sono mescolate e questo miscuglio si ritrovava anche in un condominio. Sulla stessa scala di un condominio, potevano abitare due-tre intellettuali e poi operai della fabbrica Semănătoarea oppure funzionari pubblici di grado inferiore. Però non si voleva un’omogeneità professionale tramite la quale si erano formati i quartieri molto tempo prima, così come anche i grandi viali erano caratterizzati da un’omogeneità professionale nel loro passato lontano, fino verso gli anni 1960.

Oggi, la zona inclusa tra i punti di riferimento storici della barriera Vergului e Mogoșoaiei (il punto in cui iniziava Calea Victoriei oppure Calea Mogoșoaiei) ha quasi lo stesso aspetto come nel periodo di dopo le trasformazioni prodotte dal regime comunista.

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