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Infanzia e femminilità agli albori della modernità

L'Ottocento ha dato il via alla modernizzazione e all'occidentalizzazione dei Principati della Valacchia e della Moldavia.

Infanzia e femminilità agli albori della modernità
Infanzia e femminilità agli albori della modernità

, 22.02.2022, 10:39

L’Ottocento ha dato il via alla modernizzazione e all’occidentalizzazione dei Principati della Valacchia e della Moldavia. Oltre alle trasformazioni istituzionali ed economiche, le mentalità, le usanze e i costumi hanno attraversato, a loro volta, un intenso periodo di cambiamento. La rinuncia assai rapida alla moda dei vestiti orientali e il passaggio a quella occidentale, la costruzione di edifici e il rinnovo dei mobili secondo lo stesso gusto occidentale, andavano di pari passo con la trasformazione dell’ambiente domestico. A questo punto, le principali promotrici del cambiamento sono state le donne, che hanno subito abbracciato il canone estetico occidentale. Inoltre, alle donne dell’alta società, il cambiamento di mentalità ha permesso di uscire dall’ambiente strettamente casalingo e impegnarsi di più in attività sociali ed educative destinate ai figli e non solo.

D’altronde, nella prima metà dell’Ottocento, i bambini – da sempre l’interesse centrale di ogni famiglia – hanno goduto, a loro volta, di un riorientamento della propria infanzia rispetto alle generazioni precedenti. Un primo segno evidente nelle famiglie dei boiardi fu l’assunzione di insegnanti privati tedeschi, francesi o inglesi al posto dei greci di una volta. A loro volta, le famiglie borghesi ebbero il proprio modo di relazionarsi all’infanzia, come spiega Nicoleta Roman, ricercatrice presso l’Istituto di Storia Nicolae Iorga di Bucarest.

La borghesia, che si stava formando, aveva come motore principale soprattutto i mercanti che tentavano tantissimo di imitare quello che vedevano nelle famiglie principesche e aristocratiche. In questo caso, l’infanzia era in un certo qual modo protetta dalla presenza dei genitori. E, siccome i genitori auspicano sempre una crescita e una mobilità sociale in grado di consentire ai figli, ma anche alla famiglia, di raggiugere un livello quanto più elevato come rango e influenza, allora fanno grandi investimenti nei bambini, nella loro educazione e nel modo in cui si presentano o appaiono davanti agli altri. Questo aspetto differenzia tantissimo l’infanzia dell’elite e della borghesia rispetto a quella degli ambienti rurali, spiega Nicoleta Roman.

Per gli storici, l’infanzia negli ambienti rurali nella prima metà del XIX secolo continua ad essere un tema di ricerca approfondita. Però, da quello che è già noto, si può concludere che, agli albori della modernizzazione in Moldavia e Valacchia, la lotta quotidiana per sopravvivere in campagna non abbia arrecato troppi cambiamenti benefici. Negli ambienti rurali, i cambiamenti furono molto più lenti per quanto riguarda sia l’infanzia che la condizione della donna. I giovani boiardi che rappresentavano la punta di lancia dei cambiamenti avevavo la propria concezione sull’educazione, sorvegliata specialmente dalle madri che, in tal modo, diventarono agenti del rinnovamento anche sotto questo profilo.

Non dobbiamo dimenticare la generazione dei giovani che fecero la Rivoluzione del 1848 o le persone a loro associate, che arrivarono a ricoprire incarichi importanti. Ebbero un modello diverso di educazione del bambino, e allora cominciarono ad apparire le politiche pubbliche dello Stato dedicate all’istruzione o all’assistenza sociale. La cura per il bambino lo rende più visibile rispetto al passato e il modo in cui viene educato diventa più pregnante. Inoltre, esisteva il sentimento nazionale, e in tal senso un esempio fu dato dalla coppia C.A. Rosetti e Mary Grant. Una coppia cosmopolita potremmo dire. Hanno amato tantissimo i propri figli ai quali tentarono di incutere questo sentimento nazionale, persino nei nomi che scelsero per loro. Ad esempio, la loro primogenita fu chiamata Libertate (Libertà). Incontriamo questo sentimento nazionale anche tra i loro amici, come le famiglie Golescu e Brătianu. Quindi, l’elite cambia in concomittanza con le proprie aspirazioni per i figli e con lo spirito in cui vengono allevati. Non era più lo stesso spirito del Settecento, bensì uno incentrato piuttosto sul modo in cui il bambino rappresentava la nazione e sul come veniva allevato secondo i valori della rispettiva nazione, spiega ancora Nicoleta Roman.

Giornalista, scrittore, politico e rivoluzionario, Constantin Alexandru Rosetti ossia C.A.Rosetti, com’è generalmente noto, sposò nel 1847 Mary Grant, una scozzese che lavorava come governante in Valacchia. La coppia diventò un esempio non solo di cosmopolitismo, ma anche di trasformazione dei ruoli classici matrimoniali, dividendo i compiti in famiglia il più ugualmente possibile. Entrambi contribuivano nello stesso modo all’educazione dei figli, redigevano l’uno accanto all’altro le pubblicazioni che editavano insieme e, ovviamente, condividevano gli stessi principi politici liberali, Mary Grant abbracciando rapidamente gli ideali di modernizzazione dello spazio romeno dell’epoca. Naturalmente, non fu l’unica donna in questo spazio ad aver attraversato un cambiamento di statuto in quel periodo, spiega ancora Nicoleta Roman.

In primo luogo esisteva, all’inizio dell’Ottocento, soprattutto con i Regolamenti Organici degli anni 1830, una tendenza verso la profesionalizzazione di certi aspetti della vita della donna, che poteva diventare levatrice, insegnante o balia. Si tratta di attività che le consentono di essere pagata e integrata nel sistema statale. Con questa profesionalizzazione, la donna comincia man mano a staccarsi dall’ambiente privato e trovare la propria strada, senza rinunciare alla famiglia e al suo territorio casalingo. Quindi, imbocca una strada che le offre anche riconoscimento pubblico. Poi, c’erano le donne dell’elite, che cominciavano, a loro volta, ad assumere impegni pubblici, mettendo sù associazioni di beneficenza. Alcune cominciarono a editare pubblicazioni e a scrivere molto. In effetti, l’Ottocento porta molto di più alle donne rispetto al secolo precedente, conclude Nicoleta Roman, ricercatrice presso l’Istituto di Storia Nicolae Iorga di Bucarest.

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