Il quartiere Cățelu, un esperimento urbanistico e architettonico
Completamente insediato dal 1947, il regime comunista ha ritardato moltissimo proprio il raggiungimento dello scopo dichiarato con enfasi: il miglioramento della vita degli operai.
Christine Leșcu, 31.12.2023, 17:44
Completamente insediato dal 1947, dopo l’abolizione della monarchia, preoccupato di cambiare fondamentalmente la società romena anche incarcerando le élite interbelliche, il regime comunista ha ritardato moltissimo proprio il raggiungimento dello scopo dichiarato con enfasi: il miglioramento della vita degli operai. Perciò, intorno agli anni 1953-1954, almeno a Bucarest, si è verificata una crisi delle abitazioni. Erano stati eretti pochi complessi abitativi per offrire una vita decente ai nuovi proletari portati in città dalla campagna per lavorare all’edificazione del socialismo”. Lo storico Andrei Răzvan Voinea spiega: “Nel 1953 ebbe luogo una plenaria del PCR in cui si decise il finanziamento della costruzione di abitazioni a Bucarest e dal 1954 cominciarono a essere eretti condomini. Nel 1954 iniziarono i lavori nei quartieri di Vatra Luminoasă, Bucureștii Noi e Piaţa Muncii. Apparvero zone molto interessanti dal punto di vista architettonico che erano in fase di costruzione nel 1954, però non fu inaugurato alcun appartamento perché il processo era di lunga durata. Nell’inverno del 54-55, più precisamente a gennaio 1955, c’era una crisi abbastanza preoccupante. Era anche un inverno molto freddo e il partito pensò che ci fosse una necessità rapida, urgente di abitazioni.”
Così comincia la storia dell’esperimento del quartiere Cățelu, situato alla periferia orientale della Bucarest di allora, vicino alla zona rurale adiacente e all’omonimo villaggio di Cățelu. In quella zona, su una superficie iniziale di circa 6000 metri quadri furono costruiti in una prima tappa circa 800 appartamenti, nella seconda metà degli anni 1950. Da dove salta fuori però la denominazione di esperimento? Era a causa dell’aspetto delle abitazioni che ricordavano l’architettura vernacolare rurale o di vecchia periferia cittadina: case con veranda circondate da giardini e aperte verso uno spazio comune che incoraggiava lo spirito comunitario. Tutto è cominciato da alcune baracche improvvisate in cui abitavano gli operai delle fabbriche della zona, come racconta lo storico Andrei Răzvan Voinea: “Erano praticamente dei chioschi messi provvisoriamente nella zona per fare da riparo a breve termine per gli operai bucarestini. Ma non furono sufficienti. Però nell’estate del 1955 cominciarono i lavori a Cățelu, perché il partito ordinò la costruzione di alcune abitazioni minimaliste che fossero erette rapidamente per accogliere molta gente e attenuare la crisi di abitazioni. E venne scelto questo terreno accanto al viale Mihai Bravu, che era appartenuto precedentemente alla Società per le Abitazioni Economiche del periodo interbellico. Questo era il contesto fino a luglio 1955, quando cominciò effettivamente la progettazione e l’esecuzione dei lavori.”
Che cosa si ottenne alla fine, ce lo dice sempre Andrei Răzvan Voinea: “I comunisti arrivarono poco preparati. Questa è la verità. Non sapevano come doveva essere quella città socialista nuova che volevano costruire. Non avevano neanche la più pallida idea perché non avevano a fianco quell’avanguardia dell’architettura e dell’arte romena degli anni 30-40, che sicuramente era di sinistra, ma non era iscritta nel partito. E allora le influenze arrivarono direttamente da Mosca e così apparvero questi isolati. Ma oltre a questi, furono fatti diversi esperimenti funzionalisti nei quartieri Rahova e Ferentari sempre negli anni 1950, furono costruiti i condomini della zona di Piaţa Muncii, un po’ più elaborati, diversi. E arriviamo anche all’esperimento Cățelu. L’architetto del progetto era Tiberiu Niga, un architetto conosciuto, ovviamente, con progetti straordinari negli anni 30-40, uno degli architetti romeni di spicco. (…) E lui ricevette questo incarico dal partito: vogliamo molte abitazioni in un periodo molto breve, preferibilmente quanto più piccole, capaci di accogliere un numero maggiore di persone e che siano a buon prezzo. (…) E Niga propose quest’idea di abitazione rurale vernacolare, con una camera principale e un salone. Per compensare anche la mancanza di materiali si improvvisò molto. Lo spazio abitativo interno era di massimo 30-40 metri quadri. Poi c’era una veranda molto larga e quegli spazi pubblici straordinari. Praticamente ci si abitava in 30 metri quadri, ma fuori c’erano una terrazza, dove ognuno poteva mettere la bicicletta, i sottaceti, un tavolo, delle sedie e così via. E c’era anche uno spazio verde immenso, in pratica un giardino.”
Secondo qualsiasi standard di abitazione decente, quegli appartamenti erano scomodi, ma i comunisti sapevano bene che gli operai ai quali erano destinati provenivano da zone rurali in cui le condizioni erano peggiori, spiega lo storico Andrei Răzvan Voinea: “Gli appartamenti avevano sui 30 metri quadri, praticamente come un monolocale in cui abitava una famiglia con figli. E difficile far stare 3-4 persone in questo tipo di abitazione. Però bisogna pensare al contesto. Si trattava di operai che lavoravano nella periferia della città in condizioni peggiori. Comunque, a Cățelu c’erano elettricità, acqua calda, frigoriferi, tutte le agevolazioni moderne. In più erano stati costruiti moltissimi ristoranti, c’erano fruttivendoli, librerie … E Cățelu aveva non solo condomini, ma anche scuole — ce n’erano due — un asilo-nido, quasi dappertutto c’erano spazi verdi e gli operai erano molto vicini al posto di lavoro. Prima non avevano tutte queste cose.”
Con il tempo, attorno al quartiere di Cățelu furono eretti altri quartieri di condomini man mano che il regime comunista sistematizzava e modificava l’infrastruttura della città, ma anche la sua struttura sociale. Ma le abitazioni pensate da Tiberiu Niga per creare un ponte verso il mondo rurale da dove provenivano gli operai dell’epoca esistono ancora.