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Gli inizi del romeno come lingua liturgica

Nel XVI secolo, una delle caratteristiche della riforma religiosa del mondo cristiano fu la traduzione della Bibbia nelle lingue vernacolari.

Gli inizi del romeno come lingua liturgica
Gli inizi del romeno come lingua liturgica

, 07.02.2020, 14:12

Nel XVI secolo, una delle caratteristiche della riforma religiosa del mondo cristiano fu la traduzione della Bibbia nelle lingue vernacolari. Tale fatto causò il declino delle lingue liturgiche, come il latino in Occidente e il greco e lo slavo in Oriente, dal momento che la gente comune voleva capire cosa si diceva durante le celebrazioni religiose. Nello spazio cristiano – ortodosso di cui facevano parte i romeni, dominato sotto profilo geoculturale dal modello ottomano, le riforme religiose penetrarono lentamente. I cambiamenti provenienti dall’Occidente furono tuttavia avvertiti e la gerarchia della Chiesa divenne sempre più ricettiva ai bisogni dei suoi fedeli. Sotto l’influenza del luteranesimo e del calvinismo, il diacono ortodosso Coresi tradusse i quattro Vangeli e li fece stampare tra il 1556 e il 1583 a Braşov, città dell’odierna Romania centrale. Gli inizi delle traduzioni romene dei testi sacri risalgono al 1640.

Il traduttore Policarp Chițulescu ha offerto maggiori dettagli a Radio Romania Internazionale. L’attenzione e l’amore dei predicatori del Vangelo per trasmettere la Parola di Dio in modo fedele e comprensibile ha favorito la comparsa di traduttori e traduzioni. Le fonti di traduzioni nello spazio romeno si trovano, ovviamente, nella cultura bizantina. Anche se, ad un certo punto, i romeni si orientarono alla cultura slava, che è diventata molto forte e ha influenzato la cultura romena, non si trattava di una cultura originale, era sempre una cultura di stile bizantino. I testi arrivavano nello spazio romeno attraverso il Monte Athos e Costantinopoli, poiché i romeni, tramite la Metropolia della Valacchia, appartenevano al Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli. Il ricorso ai testi bizantini era un modo per legittimare l’autenticità dei testi, era in effetti una questione di andare direttamente alle fonti e non di eludere le varianti slave, spiega Policarp Chițulescu.

Nello spazio romeno, quindi, la cultura religiosa seguiva ancora timidamente il percorso aperto dalla Riforma. Gli storici spiegano questa timidezza con la paura che il proselitismo riformato si diffondesse nei circoli ortodossi. Nei secoli seguenti, l’ortodossia romena si avvicinò sempre di più al fenomeno chiamato romenizzazione della lingua liturgica.

La romenizzazione del rito indicava l’accesso di un numero quanto più elevato di persone al messaggio divino. Anche se le messe non si tenevano in romeno, ciò non significava che la lingua non veniva usata in chiesa. Le cronache, le omelie, tutti i testi sacri erano in romeno e furono le prime raccolte di testi stampati senza alcun timore. Cazania di Govora, uno dei primi libri che spiegano il Vangelo, fu stampata appunto a Govora nel 1642, aprendo la strada alla comparsa di testi simili. Per cui era necessario allestire delle stamperie per completare l’attività dei laboratori in cui i libri venivano copiati, una pratica che è stata mantenuta fino al Novecento, aggiunge il traduttore Policarp Chițulescu.

La gerarchia della Chiesa diventò sempre più convinta che il passaggio dallo slavo al romeno avvicinava i fedeli a Dio. Per questa ragione, la Chiesa stessa incoraggiò le traduzioni e le pubblicazioni in lingua romena, afferma Policarp Chițulescu. Fu con grande cautela, tatto e pazienza che vennero compiuti i primi passi verso la romenizzazione del culto, verso l’introduzione delle messe in lingua rumena, poichè all’epoca erano consentite solo celebrazioni in greco, slavo, ebraico e latino, in quanto considerate lingue sacre. Il metropolita della Valacchia, Ștefan, era uno studioso. La sua residenza di Târgoviște ospitò tanti dibattiti teologici. Ci ha lasciato in eredità un bellissimo manoscritto, in tre lingue: slavo, greco e romeno. Afferma chiaramente la sua fede in una prefazione apparsa in Târgoviște nel 1651. Il metropolita Ștefan è noto come il primo ad aver recitato il Credo ortodosso in romeno all’interno della chiesa, ma anche e soprattutto per le sue iniziative per standardizzare le cerimonie religiose, affinché tutti i sacerdoti celebrassero le messe allo stesso modo in tutte le chiese e tutti i monasteri della sua metropoli, spiega ancora il traduttore Policarp Chițulescu.

Una volta superata la paura del proselitismo religioso, le nuove tendenze si perpetuarono fino alla completa traduzione della Bibbia in lingua romena a Bucarest nel 1688. Un altro prelato istruito che spinse al progresso fu il metropolita Teodosie di Valacchia. Incoraggiò tacitamente l’introduzione della lingua romena nel rito, essendo considerato un fattore conservatore. Nel 1680 pubblicò testi nuovi rispetto a quelli del metropolita Ştefan, che aveva stampato diversi libri religiosi in lingua romena, ma non il Messale ortodosso, vale a dire il libro liturgico in cui troviamo tutti i testi della celebrazione. Teodosia fece stampare il Messale in rumeno, a beneficio di tutti i sacerdoti e diaconi, secondo le sue stesse parole. A poco a poco, i libri religiosi iniziarono a contenere sempre più preghiere in romeno. Nel 1688, lo stesso metropolita Teodosie benedisse anche la pubblicazione della prima Sacra Scrittura in lingua romena, conclude Policarp Chițulescu.

All’inizio del XVIII secolo, il cambiamento era irreversibile: il romeno aveva già sostituito lo slavo nelle cerimonie religiose delle chiese ortodosse romene.

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