La mostra “Max Hermann Maxy – Dall’avanguardia al socialismo”
Fino alla fine del mese di aprile, il Museo dArte della Romania presenta al pubblico una nuova mostra: Max Hermann Maxy – Dallavanguardia al socialismo.
Ion Puican, 30.01.2023, 13:44
Fino alla fine del mese di aprile, il Museo d’Arte della Romania presenta al pubblico una nuova mostra: “Max Hermann Maxy — Dall’avanguardia al socialismo”. Max Hermann Maxy (1895-1971) è stato un artista romeno di origine ebraica, pittore, scenografo, docente universitario all’Istituto di Arti Figurative. Maxy è stato una delle più importanti personalità dell’avanguardia in Romania, fondatore della rivista d’avanguardia “Integral” e direttore del Museo d’Arte della Romania. Una personalità tanto complessa e forte, quanto controversa e criticata, un artista che ha creato in due epoche diverse: la Romania monarchica (fino al 1947) e la Romania del nuovo regime comunista (nella seconda parte della sua vita). La mostra presenta l’opera dell’artista seguendo la sua biografia dal punto di vista cronologico e presenta opere di pittura, grafica, progetti scenografici, oggetti d’arte e riviste.
Abbiamo parlato della mostra e di Maxy con il direttore generale del MNAR, Călin Stegerean, che è anche il curatore della mostra: “È stato una personalità eccezionale dell’arte nella Romania del XX secolo, in primo luogo come leader del movimento d’avanguardia nel periodo interbellico, creatore di un’importante rivista d’avanguardia, “Integral”, e di una bottega di arti decorative creata attorno a questa rivista. È stato anche uno scenografo di grande talento, che ha collaborato con diverse compagnie di teatro d’avanguardia. Dopo l’insediamento del regime comunista, ha ricoperto alcune cariche dirigenziali, è stato presidente del Fondo Plastico, mentre dal 1950 è diventato direttore del primo Museo Nazionale d’Arte della Romania, chiamato “Museo d’Arte della Repubblica Popolare Romena”. Ha sostenuto il movimento d’avanguardia, che ha conosciuto in primo luogo in Germania, dove ha studiato, e successivamente è diventato uno degli organizzatori delle grandi mostre d’arte d’avanguardia nella Romania interbellica e collaboratore presso tutte le riviste d’avanguardia di questo periodo, queste essendo una piattaforma in cui le arti figurative hanno incontrato la creazione, la filosofia, tutto ciò che ha significato il rinnovamento del linguaggio artistico. È stato molto vicino a Marcel Iancu, a Tristan Tzara, a Ilarie Voronca, a Ion Călugăru, con cui ha collaborato alla rivista “Integral”. Avevano rapporti molto stretti, perché i valori e le élite si riconoscevano e si cercavano compagnia reciprocamente. E’ diventato membro del Partito Comunista già dal 1942. Era un periodo molto buio, in cui si dava la caccia alla popolazione di origine ebraica, c’erano azioni che si proponevano, infatti, di portare alla scomparsa dell’etnia ebraica. Però, l’avanguardia, in generale, riuniva persone con principi di sinistra. Ma il passaggio al ricettario del realismo socialista si è fatto in una maniera diversa rispetto ad altri artisti. Ha puntato sulle categorie svantaggiate in Romania. Gli anni 30-40 sono la prova di questo interesse per i lavoratori, per i minatori, per queste classi che non erano tra le più vantaggiate. La mostra stessa, dal punto di vista del concetto, rispecchia il fatto che lui è stato attivo in due epoche diverse, ma quasi uguali come durata: nel periodo della monarchia e in quello comunista, ma in entrambe si è presentato come un leader. Nella prima parte, ovviamente, è stato promotore di un rinnovamento del linguaggio artistico di cui la nostra cultura aveva bisogno, soprattutto perché era necessaria anche una connessione alle tendenze internazionali. Però, nella seconda parte, ha dato segnali legati a una certa libertà della creazione, della rappresentazione, che lo hanno fatto tornare, in qualche modo, agli elementi di espressione utilizzati nel periodo interbellico. Certamente, senza la stessa ampiezza, senza lo stesso spirito, ma il fatto che queste cose siano state possibili dopo un periodo di pressione e di dogmatismo ideologico hanno rappresentato un segnale molto forte per i colleghi di questo settore.”
Călin Stegerean ci ha parlato anche dell’attività di Maxy come direttore del MNAR: “Maxy ha, praticamente, creato la configurazione di questo museo. Sappiate che i migliori depositi di pittura sono quelli creati da Maxy in questo museo. È stato anche colui che, assieme ad altri colleghi, hanno creato la struttura della Galleria d’Arte Romena e della Galleria d’Arte Universale. In più, ha avuto l’idea di alcune attività parallele a quelle espositive e ciò mirava a rendere la cultura più accessibile al pubblico e a collegare le arti con la vita in generale.”
Al vernissage, il presidente della Federazione delle Comunità Ebraiche della Romania, Silviu Vexler, ha condiviso con noi alcuni pensieri su Maxy: “Maxy è una delle personalità più complesse dell’arte romena, ma, allo stesso tempo, è uno dei più noti artisti ebrei della Romania, accanto a Marcel Iancu e Victor Brauner. Sono, se volete, i simboli più visibili e più facilmente riconoscibili della presenza degli artisti ebrei in Romania. Allo stesso tempo, l’artista Maxy è una personalità estremamente complessa, le cui creazioni variano molto nel contesto delle epoche in cui ha vissuto. Quando vengono visualizzati i suoi quadri, è essenziale che siano presentati anche i contesti in cui sono stati creati e in cui Maxy ha svolto la sua attività. Anche se è una personalità molto importante, purtroppo, contemporaneamente, per la società in generale è troppo poco conosciuto. Perciò il fatto che una mostra del genere si svolga al Museo Nazionale d’Arte è una chance molto importante per coloro che non hanno conosciuto le sue creazioni”.
Silviu Vexler ci ha parlato anche dell’uomo Maxy, al di là dell’artista d’avanguardia: “Non credo che si possano ignorare le persone. Si può arrivare in un momento in cui si capisce che, a volte, la creazione non ha alcun legame con certi aspetti negativi della persona, ma non si può cancellarli del tutto. Se volete, la più famosa situazione del genere è quella che riguarda Wagner. Ancora oggi, Wagner è un artista non solo estremamente controverso, ma, ad esempio, in Israele penso ci sia stato un solo concerto Wagner. Allo stesso tempo, non si può non riconoscere la creazione di Wagner come una fondamentale per quanto riguarda l’opera. Non sono però d’accordo con i tentativi di cancellare gli aspetti negativi della vita di una persona solo per la sua creazione. Credo che le due cose si completino, vadano conosciute parallelamente e capite veramente. In fin dei conti, è ovvio che quello che un artista pensa influirà sulla sua opera. Perciò vorrei sottolineare che il valore aggiuntivo di questa mostra dedicata a Maxy è che presenta tutte le sfaccettature della sua vita. Non ci sono solo una serie di quadri esposti, ma c’è anche il contesto in cui ha creato, il modo in cui la sua vita si è evoluta, trasformata, il modo in cui è stata influenzata la sua opera, elementi che contano moltissimo.”