La mostra „Back to Where It All Began”
La mostra Back to Where It All Began, aperta presso la Galleria Gaep della Capitale, è la seconda tappa di un programma di sostegno agli artisti emergenti.
Ion Puican, 29.04.2023, 09:22
La mostra Back to Where It All Began”, aperta presso la Galleria Gaep della Capitale, rappresenta la seconda tappa del programma Acceleratore. Mentoraggio e Produzione per Artisti Emergenti”, il più complesso programma di mentorship in Romania mai svolto finora, che sostiene, attraverso le sue attività, un approccio strategico alle carriere degli artisti emergenti. Sono stati selezionati per la mostra dieci artisti le cui opere indagano, con vari mezzi espressivi, sulla società e sull’ambiente in cui viviamo.
Abbiamo parlato con Andrei Breahnă, presidente dell’Associazione Culturale Eastwards Prospectus e project manager del programma Acceleratore” del messaggio della mostra, dell’iniziativa e del modo in cui è stata concepita: La mostra nell’ambito del programma di mentorship Acceleratore”, Back to Where It All Began” è curata da Tevž Logar, un curatore sloveno indipendente con il quale collaboriamo da molti anni. La mostra è un momento importante nel nostro progetto perché è stata ed è tuttora un’occasione per gli artisti di applicare le conoscenze e le idee, gli aspetti pratici approfonditi nell’ambito del programma di mentorship. La mostra è stata pensata come un’esposizione collettiva di tutti e 10 gli artisti, senza puntare su un determinato tema che accomuni le loro opere. L’iniziativa del curatore è stata di integrare, tramite una conversazione diretta con ogni artista, l’opera dell’artista in questo momento, di modo che la mostra rispecchi la sua produzione artistica, oppure il risultato delle sue ultime ricerche. Gli artisti ricevono un compenso per poter produrre nuove opere. Quindi, il progetto e la mostra si propongono di accompagnare gli artisti nel processo produttivo, con un piano ben stabilito e anche in rapporto allo spazio della galleria. È un progetto molto specifico e molto presente.”
Il manager del progetto, Andrei Breahnă, ci ha offerto un breve tour della mostra, sottolineando alcune delle opere importanti esposte al pubblico e facendo una breve descrizione della Galleria Gaep: Ci troviamo in una villa dell’Ottocento, con una struttura semicircolare, con stanze grandi, alte quattro metri e una cantina che sembra un labirinto a chi vi entra per la prima volta. Posso dire che, nei quasi nove anni in cui abbiamo svolto l’attività in questo spazio, quasi tutte le mostre funzionano come una specie di mezzo di espressione in rapporto allo spazio della galleria. Vorrei menzionare l’opera di Alina Ion, che è molto auto-referenziale, intima, legata al linguaggio e alle sue attività, che sono in qualche modo connesse all’analisi del testo. Abbiamo, praticamente, un’opera in cui il testo diventa una sorta di lunga installazione che viene proiettata in uno spazio a forma di U e che il visitatore può ammirare molto da vicino. Il testo diventa in qualche modo un ambiente che sperimentiamo non attraverso la lettura, ma tramite questo contatto diretto e immersivo con la sensazione tattica della carta che lei ha scelto e con le lettere applicate sopra. Nella parte della mostra esposta al sottosuolo, c’è l’opera di Maria Mandea, unaltra iniziativa inedita, che punta sull’aspetto partecipativo. Si tratta di un’installazione che fa un commento sull’idea di proprietà privata, avendo come punto di partenza la situazione della restituzione di una parte importante del Parco IOR di Bucarest ai vecchi proprietari. È stata una notizia che ha tenuto la prima pagina dei giornali, a un certo momento, e di cui si è parlato molto anche nel quartiere. È stata un’iniziativa legale, ma che ha significato in pratica l’impossessarsi di uno spazio pubblico importante per Maria, ad esempio, perché lei ha passato l’infanzia in questo quartiere. Nella mostra possiamo vedere addirittura una foto in cui l’artista, quand’era piccola, giocava in uno spazio allestito per i bambini, che forse alcuni dei visitatori potranno riconoscere. E c’è anche una componente partecipativa, in cui abbiamo una cartina del parco IOR, fatta di un materiale commestibile, di zucchero. In pratica, i visitatori hanno l’occasione di piantare alberi in questo parco, popolarlo e trasformarlo di nuovo in spazio pubblico, con l’aiuto di lecca-lecca prodotte appositamente per la mostra. Al piano di sopra abbiamo, nelle tre stanze centrali dello spazio espositivo, alcune opere molto diverse, da pitture, forme pure, astratte, che dipendono molto dalla presenza della luce o dal tipo di luce, direi. Un’altra opera di cui non volglio parlare molto, perché vorrei incoraggiare i visitatori a venire a vederla, è l’opera di Stanca Soare, che ha prodotto un’installazione legata al Museo del Louvre, dove lavora. Lei abita in Francia e l’opera è presentata nella forma di una video installazione.”
Alla fine della nostra conversazione, Andrei Breahnă ha condiviso con noi il suo desiderio legato all’impatto della mostra sul pubblico: Di conseguenza, penso che la mostra del programma di mentorship Acceleratore” sia molto fresca e mi fa piacere dire che l’esercizio di costruire un progetto molto nuovo, di accompagnare i giovani artisti nel processo produttivo, nel collocare le opere nello spazio, nel dialogo con il curatore sia proprio un successo. Il nostro obiettivo è di utilizzare la mostra come un’ancora e come una possibilità per il pubblico di specialità e per il pubblico largo di interagire molto di più con queste opere e con questi artisti.”