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“La morte di Iosif Zagor”, un documentario premiato

Vincitore del premio-menzione all’Astra Film Festival di Sibiu e proiettato in apertura al Festival One World Romania, "La morte di Iosif Zagor", il documentario di debutto del regista Adi Dohotaru, è uno dei più commoventi film romeni dell’anno scorso.

La locandina del documentario
La locandina del documentario "La morte di Iosif Zagor"

, 14.02.2025, 18:22

Vincitore del premio-menzione all’Astra Film Festival di Sibiu e proiettato in apertura al Festival One World Romania, La morte di Iosif Zagor, il documentario di debutto del regista Adi Dohotaru, è uno dei più commoventi film romeni dell’anno scorso. Il film racconta la storia del videografo Iosif Zagor che documenta i suoi ultimi quattro anni di vita, la solitudine e la malattia, parlando delle sue paure di essere cacciato via da tre luoghi diversi in cui ha vissuto in condizioni precarie la sua vecchiaia.

Iosif Zagor ha utilizzato la sua vecchia telecamera per riprendere scene della propria vita e di altre persone in abitazioni sociali. Il principale tema del documentario, l’abitazione, è guardato attraverso la vulnerabilità, presentando il contesto problematico in cui l’accesso delle persone vulnerabili o emarginate alle abitazioni diventa sempre più difficile. Inoltre, il film parla anche dei processi di evacuazione di queste persone e dei modi abusivi in cui questi si svolgono. Il film si propone di dare voce al protagonista, Iosif Zagor, e di creare un contesto di auto-presentazione, sostenendo che bisogna dare spazio alle persone vulnerabili affinché possano raccontare la propria storia e diventare visibili. Adi Dohotaru: “Nel 2017, alcuni amici della Società civile mi hanno presentato la situazione di alcune persone a rischio di evacuazione. C’erano circa 50 persone in questa situazione. Allora ho incontrato Iosif Zagor e i suoi vicini. Iosif aveva una vecchia telecamera, piena di polvere, di quelle a cassetta, e che non aveva utilizzato più da parecchio tempo. L’ho pregato di riprendere immagini della situazione sua e dei vicini, di modo che possiamo rendere noto il loro problema sia alle autorità che all’opinione pubblica. Però allora non siamo riusciti a evitare l’evacuazione. Tuttavia, l’abbiamo rinviata per un certo periodo, almeno quelle persone non sono state cacciate via d’inverno. Come risulta anche dal documentario, ho mantenuto i contatti con Iosif Zagor e con una parte dei suoi vicini e nel tempo si è creato un legame tra di noi. Visionando le videocassette da lui registrate e parlando dei suoi problemi e di altre persone nella sua stessa situazione, siamo diventati amici. E così abbiamo pensato nel tempo di realizzare un film in cui dare voce e persone vulnerabili come loro.”

Adi Dohotaru, che esordisce con questo documentario, è un praticante della metodologia dell’Azione Partecipativa e nei suoi progetti ricorre alla tecnica dell’Antropologia Performativa per mettere in risalto i propri collaboratori. Compone leggi e poesie, fa ricerca civica e ambientale. “Ho realizzato la regia del film ‘La morte di Iosif Zagor’ perché ho fallito. Come attivista, come ricercatore o come politico, ho proposto, assieme ad altri esperti, attivisti e persone vulnerabili che ho incontrato, delle politiche pubbliche attraverso le quali le autorità investono in abitazioni sociali. La media nell’UE delle abitazioni sociali e accessibili è un po’ sotto il 10%, ma in Romania è ancora più bassa: dell’1%”, ha affermato il regista del film Adi Dohotaru: “In Romania la situazione è veramente molto peggiore rispetto alla media europea. Un grosso problema è che dopo il 1989, lo sappiamo tutti, le abitazioni pubbliche sono state privatizzate. Una politica alternativa, di sostegno a queste persone, sarebbe stata di mantenere molte più abitazioni pubbliche. In tal modo, avremmo dato una chance alle persone vulnerabili, agli anziani o alle donne che cercano di liberarsi da matrimoni abusivi. In tal modo, diverse categorie vulnerabili sarebbero state aiutate tramite politiche di questo tipo. Purtroppo, non è successo così. Le riserve di abitazioni pubbliche sono state privatizzate e non sono state costruite altre, com’è successo nell’Occidente. E vorrei precisare che si registra una tendenza internazionale negli ultimi decenni in questo senso, persino nell’Europa occidentale le riserve di abitazioni pubbliche sono diminuite. Alla fine, perché si è ritirato lo stato da queste politiche pubbliche? Abbiamo uno stato neoliberale, che nella maggior parte dei casi non incoraggia le politiche sociali e ambientali. Perciò, alcuni settori, come l’abitazione, non sono regolamentati dallo stato. Se e come possono essere cambiate queste cose, è un discorso lungo. In fin dei conti, nel film faccio vedere le situazioni attraversate da queste persone, in cui lo stato è quasi del tutto assente, oppure molto poco presente. Come dicevo, questa situazione non caratterizza solo la Romania, si nota a livello generale. Stiamo vivendo in un contesto molto competitivo, individualista, ognuno si arrangia da solo e allora ci manca il tempo necessario per essere sensibili ai problemi altrui, essendo già oberati dai propri problemi. In questo senso, dobbiamo lavorare molto non solo come individui, ma anche come società. E affinché le cose cambino c’è bisogno di movimenti sociali e politici che sollevino problemi del genere. E al momento, un’agenda interessata al tenore di vita degli altri, all’abitazione non è molto diffusa a livello dei partiti mainstream.”

Il documentario è realizzato da Adi Dohotaru, prodotto da Monica Lăzurean-Gorgan attraverso la casa di produzione Filmways, in coproduzione con SOS – Società Organizzata in modo Sostenibile, co-produttori Adi Dohotaru e Radu Gaciu. Il montaggio è firmato da Alexandru Popescu. Il film è sostenuto dal Programma di Master nel Film Documentario della Facoltà di Teatro e Cinema dell’Università “Babeș-Bolyai” di Cluj-Napoca.

Foto: facebook.com/FILMIKON
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