“Ippodromo”, un romanzo autobiografico di Nora Iuga
Dopo la pubblicazione del romanzo “Ippodromo (editrice Polirom, 2020), la scrittrice Nora Iuga dice di riposarsi scrivendo poesia.
Corina Sabău, 11.02.2022, 19:22
Dopo la pubblicazione del romanzo Ippodromo (editrice Polirom, 2020), la scrittrice Nora Iuga dice di riposarsi scrivendo poesia. Una delle più apprezzate scrittrici, Nora Iuga, è nata il 4 gennaio 1931. E’ poetessa, narratrice, traduttrice, membra dell’Unione degli Scrittori di Romania e del PEN Club. Ha pubblicato oltre 20 volumi di versi e di prosa, tra cui La colpa non è mia (1968), La cattività del cerchio (1970), Opinioni sul dolore (1980), Il cuore come il pugno di un pugile (1982, 2000), Il mercato del cielo (1986), Dattilografa di notte (1996, 2010), L’ospedale dei manichini (1998, 2010), L’autobus dei gobbi (2001, 2010), Festa a Montrouge (2012), Il cane bagnato è un salice (2013), Senti come piangono le parentesi (2016), II Sapone di Leopold Bloom (1993), La sessantenne e il giovane (2000), Harald e la luna verde (2014). I suoi volumi di prosa e poesia sono stati tradotti in diverse lingue. Nel 2007 è stata insignita del Premio “Friedrich-Gundolf”, offertole dalla Deutsche Akademie für Sprache und Dichtung (Accademia Tedesca per la Lingua e la Letteratura), mentre nel 2015, su raccomandazione del presidente tedesco, Joachim Gauck, è stata insignita dell’ordine della “Croce al merito” in grado di cavaliere. Nel 2017, il presidente romeno, Klaus Iohannis, l’ha insignita del titolo di Commendatore dell’Ordine Nazionale “Al Merito”.
Abbiamo invitato Nora Iuga a RRI a parlare del suo più recente libro, Ippodromo, un romanzo con forti accenti biografici, dedicato alla città che l’ha formata: Sibiu. Qui ha incontrato le suore del Monastero delle Orsoline, qui ha visto Jovis, il cavallo bianco nella vetrina di Schuster, che le è rimasto impresso nella memoria, qui ha insegnato il tedesco durante il regime comunista, diventando l’insegnante preferita degli alunni. Nora Iuga: “L’idea di questo libro mi è venuta molto tempo fa. Sono circa 15 anni ormai che pensavo di essere in debito con questa città. Non debito nel senso di obbligo, di pagamento di un prestito. Nel libro insisto su questa denominazione di Hermannstadt, perché è a quella città che mi sento legata, a Hermannstadt, mentre alla Sibiu di oggi, di meno. Perché è là che ho sentito per la prima volta le emozioni dell’amore, senza rendermi conto cosa volesse dire quel miscuglio di sentimenti, non potevo spiegarmi quella sensazione che ho provato una sera d’inverno, quando correvo sulla strada principale verso l’Imperatore dei Romani, il più importante albergo sassone di Sibiu. Vi si esibiva il mio papà, che era violoncellista e capo dell’orchestra e io mi affrettavo a portargli la pece che metteva sull’archetto. Questa città mi ha anche fatta incontrare persone che hanno segnato il mio destino. Purtroppo, molte di queste persone non ci sono più tra di noi ormai da molto tempo. Non ce ne sono più le suore del Monastero delle Orsoline, alle quali devo metà del mio essere. Quando accenno nei miei libri a Nora A e Nora B non lo faccio a caso, io sono fatta di due metà opposte, ma non è una cosa inusuale. Sono convinta che in qualsiasi persona ci siano due personaggi opposti e quasi incompatibili, che si scontrano sempre. Mentre Nora A è imprevedibile e matta, Nora B è saggia e tiene sempre sermoni a Nora A.”
Abbiamo parlato con Nora Iuga anche del modo in cui ha costruito il romanzo Ippodromo, che coglie una vita vissuta sotto tre dittature, quelle di Carlo II e Ion Antonescu, seguite dalla dittatura comunista. Nora Iuga: “Ci sono due categorie diverse di scrittori, quelli che costruiscono e quelli che si lasciano guidare dalla voce interiore e io, ovviamente, faccio parte della seconda categoria. Questa voce interiore può essere paragonata ai ricordi, perché noi non possiamo controllare i ricordi che ci vengono addosso. Alcuni di questi ricordi sono talmente concreti che quasi ci spaventano. Grazie ai ricordi possiamo rivivere certi avvenimenti quasi come si sono svolti. Mi sembra che i ricordi si possano in qualche modo paragonare ai sogni, che possono sembrare delle cose accadute molto tempo fa, ma in una forma alquanto cambiata. Però noi possiamo identificare quegli avvenimenti accaduti molto tempo fa, sappiamo che ad un determinato momento del passato abbiamo vissuto quella cosa. Alla vecchiaia, quando uno è del tutto solo, la più grande gioia è sondare la propria anima, ma ciò non vuol dire necessariamente rapportarsi al passato biografico. Come risulta anche dal libro, io ho vissuto sotto tre dittature e posso dire che amo moltissimo il periodo della monarchia, quello della mia infanzia, che mi è rimasto impresso fortemente nella mente, non posso immaginarmi un periodo più bello. Ho sempre vissuto sotto il segno di certe contraddizioni, però, da bambina, non mi rendevo conto che era un’ingiustizia camminare scalzi, come vedevo camminare i venditori ambulanti. Anche adesso, quando penso al passato, mi pare di vedere un film pieno di poesia. Voglio dire che non posso giudicare la gente con esigenza, credo che ognuno di noi abbia delle radici molto profonde nell’infanzia che nessuno può strappare. Cose che oggi possono essere criticate, erano per me una fonte di allegria.”