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La Romania alla Biennale di Venezia

"Che cos’è il lavoro / What Work Is" è il progetto selezionato che rappresenterà la Romania alla 60/a edizione della Mostra Internazionale d’Arte / La Biennale di Venezia.

L'artista Șerban Savu (destra) e il curatore Ciprian Mureșan (Foto credit: Ștefan Ristache)
L'artista Șerban Savu (destra) e il curatore Ciprian Mureșan (Foto credit: Ștefan Ristache)

e , 30.03.2024, 07:00

“Che cos’è il lavoro / What Work Is” è il progetto selezionato che rappresenterà la Romania alla 60-a edizione della Mostra Internazionale d’Arte / La Biennale di Venezia. Il progetto appartiene a Șerban Savu e sarà presentato nel Padiglione della Romania nei Giardini della Biennale e nella Nuova Galleria dell’Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica di Venezia dal 20 aprile al 24 novembre 2024. Il tema del progetto proposto da Șerban Savu è il rapporto tra lavoro e tempo libero. Șerban Savu è un artista visivo che vive e lavora a Cluj (nord-ovest della Romania), si è laureato all’Università di Belle Arti di Cluj ed è un pittore realista che coglie la vita quotidiana e l’esistenza contemporanea in Romania, con una propensione per i temi legati al lavoro e al piacere. Il progetto per la Biennale di Venezia è curato dall’artista Ciprian Mureșan, collega e collaboratore di Șerban Savu. Ecco che cosa ci ha detto l’artista Șerban Savu a proposito del progetto che rappresenterà la Romania. „Che cos’è il lavoro / What Works Is” è il titolo di una poesia di Philip Levine, un poeta che si è preoccupato del lavoro e si è fatto domande su che cosa rappresenta il lavoro ed ha risposto in un modo ammirevole. Mi sono ritrovato molto nelle sue poesie. Non a caso il mio libro del 2018 parla di cinque poesie di Philip Levine sul lavoro. Sto lavorando su questo tema e mi interessa da un po’ di tempo. In un certo modo, l’ho visto attraverso il filtro della storia delle arti, guardando l’arte propagandistica di prima dell’89, che tuttavia è rimasta con noi ed esiste ancora nei nostri giorni, ma non è così visibile. E, come diceva Ciprian, non sappiamo rapportarci ad essa per il momento. E’ passato troppo poco tempo per poter avere un atteggiamento rilassato oppure obiettivo. Siamo troppo soggettivi. E così ho toccato il tema del lavoro, cercando, infatti, di capire chi siamo noi oggi. Però ricorrendo all’arte, alla sua storia”, ha spiegato Șerban Savu .

 

Che cosa potrà vedere il pubblico che visita la biennale?  “Nel Padiglione Centrale ci sarà un polittico di grandi dimensioni, che conterrà circa 40 opere. Una parete dominante, evidentemente, sarà completata da una struttura di piedistalli sui quali saranno esposti quattro modellini di edifici emblematici con inserti di mosaico. Presso la Nuova Galleria dell’Istituto Culturale Romeno produrremo, per sette mesi, un mosaico di grandi dimensioni, raffigurante un picnic, una scena di rilassamento, che si svolge il 1 Maggio, ma un 1 Maggio diverso da com’era una volta. Un 1 Maggio in cui la gente è libera di passare il tempo come desidera, senza implicazioni propagandistiche”, aggiunge Șerban Savu.

 

Șerban Savu ha spiegato anche perchè ha scelto il polittico come forma di presentazione della sua arte. “E’ una forma canonica. Io guardo la realtà e quello che mi circonda attraverso il filtro della storia dell’arte, e il polittico, forma di arte religiosa, serve alle mie idee, nel senso in cui io guardo l’ideologia come la religione, in un certo modo. … Prima, il lavoro era parte dell’arte ufficiale e dell’arte della propaganda ed era qualcosa di fondamentale nella costruzione della società. Adesso le cose stanno diversamente, ovviamente, e sono stato interessato a vedere come può il mondo di oggi trovare la sua indipendenza e come può evitare i sistemi produttivi e trovare la propria autonomia. Il lavoro implica, ovviamente, uno stato di alienazione, soprattutto il lavoro all’estero, alienazione da parte di chi va lontano dal Paese e di chi torna dopo molto tempo passato fuori e torna a realtà diverse in rapporto alle quali si sente estraneo”, aggiunge l’artista.

 

Il curatore del progetto, Ciprian Mureșan, ci ha offerto maggiori dettagli sul tema e sull’ispirazione del progetto e sul rapporto tra i due artisti creatori. “Gli artisti hanno un rapporto speciale con il lavoro. Abbiamo iniziato con una selezione di opere. Possiamo dire che siamo arrivati a una conclusione abbastanza rapida, perché siamo sulla stessa lunghezza d’onda visto che lavoriamo nello stesso atelier. Siamo abbastanza intuitivi, in un certo modo. Ci siamo mossi e siamo arrivati a una conclusione”, spiega Ciprian Mureșan.

 

Ciprian Mureșan ci ha descritto gli elementi della mostra alla biennale e ha tracciato un breve ritratto di Șerban Savu. “Șerban Savu è, infatti, pittore come formazione. Lui, come pittore, nel 2008-2009 ha cominciato a lavorare un po’ con il mosaico. Gli piacevano moltissimo i mosaici antichi, romani, greci. Vedremo nel padiglione, dunque una selezione di dipinti, dal 2005 al 2024, 45 dipinti raccolti in un polittico, in una specie di altare, diciamo, che crea una specie di dialogo con Venezia”, dice ancora il curatore.

 

Da parte sua, la Commissaria della Romania per la Biennale di Venezia, Ioana Ciocan, ci ha parlato del processo di selezione dei progetti e della scelta di quest’anno. “Devo dire che ogni volta il padiglione della Romania alla Biennale di Venezia non passa inosservato. Quest’anno ci sono quasi 90 Paesi che hanno padiglioni nazionali. La Romania ha la fortuna di avere già dal 1938 un padiglione proprio nei Giardini della Biennale. Ogni volta, la Romania ha mandato artisti molto importanti e menzionerei coloro a cui non pensa nessuno: Nicolae Grigorescu, Ștefan Luchian, Henry Mavrodin, Geta Brătescu oppure Adrian Ghenie, per avvicinarmi all’epoca contemporanea. Sarà sicuramente un padiglione molto amato, in cui le persone si incontreranno e in cui troveranno scene che sono estremamente familiari per loro … Secondo me, più artisti, più curatori dovrebbero avere il coraggio di partecipare alla Biennale. Sì, la competizione è ogni volta estremamente stretta, ma tutti dovrebbero fare uno sforzo, tutti quelli che vogliono, e mandare i loro dossier di modo che siano esaminati dalla giuria. E’ un processo difficile, soprattutto per i membri della giuria, che sono nazionali, ma anche internazionali. E’ un processo difficile, perché la responsabilità è molto grande, cioè mandiamo un progetto a rappresentare un Paese. E’ davvero un processo complicato”, conclude Ioana Ciocan.

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