Pandemia tra storie e immagini
La vita è, in fin dei conti, una catena di storie. Alquanto piacevoli o difficili, ricche di significato o piuttosto banali, le storie sono simili o diverse, come lo sono gli esseri umani stessi.
Ana-Maria Cononovici, 11.07.2020, 17:46
La vita è, in fin dei conti, una catena di storie. Alquanto piacevoli o difficili, ricche di significato o piuttosto banali, le storie sono simili o diverse, come lo sono gli esseri umani stessi. Non sorprende quindi che, di fronte all’isolamento, la gente dell’intero mondo abbia cercato di sapere quali storie condividono i simili. A Oradea, Cristina Liana Puşcaş, ricercatrice presso il Museo della Cittadella, andata in cassa integrazione, ha voluto documentare questo periodo, perchè la sua esperienza di dottore di ricerca le dice che, lungo il tempo, avremo bisogno di informazioni, immagini e testimonianze sulla pandemia del 2020. Cristina Liana Puşcaş ha quindi intrapreso una ricerca scientifica interdisciplinare intitolata Vivere in tempi di pandemia.
Lo studio supponeva un questionario comprendente 25 domande che ho lanciato nello spazio pubblico. Ero particolarmente interessata al modo in cui gli abitanti della città di Oradea e della provincia di Bihor o i romeni che vivono all’estero hanno percepito questo incidente della storia. Il questionario lanciato il 22 aprile scorso sembra aver suscitato grande interesse. Finora ho ricevuto 321 risposte. Ovviamente, per vari motivi, i questionari compilati non saranno tutti convalidati, ma credo che 200 lo saranno sicuramente. L’unico aspetto negativo di questo progetto è che il questionario doveva essere compilato online, il che escludeva le persone che non avevano accesso a Internet. Gli intervistati sono perlopiù persone con un’istruzione universitaria, connesse all’Internet, spiega Cristina Liana Puşcaş.
Le risposte sono arrivate dalle province di Bihor, Satu Mare, Sălaj, Cluj, Timiş, Arad e dalla capitale Bucarest, ma anche da Vienna, Amburgo e New York. Cristina Liana Puşcaş indica alcune domande e le risposte ricevute: Al quale progetto hai dovuto rinunciare al momento dell’isolamento? Molte persone affermano di essere state costrette a rinunciare a vacanze, ristrutturazione dell’abitazione, lavoro, spettacoli teatrali o alle messe in chiesa. Le persone rimaste a casa in telelavoro, rispettando rigorosamente l’isolamento, si sono sentite particolarmente affette. Invece, le persone che hanno continuato ad uscire di casa per andare al lavoro non sembrano aver subito la stessa frustrazione, aggiunge la ricercatrice.
Un’altra domanda riguardava le difficoltà delle persone ad adattarsi alle nuove condizioni imposte dall’isolamento. Le persone che hanno risposto al questionario sembrano aver trovato più difficile adattarsi alla mancanza di socializzazione, all’assenza di membri della loro famiglia allargata, ai loro amici e persino ai loro colleghi di lavoro. L’isolamento è stato particolarmente difficile per alcune donne che dovevano essere madri, dipendenti in telelavoro, mogli, insegnanti, badanti, medici, psicologi a tempo pieno, massaggiatrici, parrucchieri, pedagoghi, insegnanti di tedesco e inglese, ecc. Gli intervistati hanno dichiarato di aver trovato molto difficile adattarsi ai nuovi rituali: disinfettare, compilare i moduli di autocertificazione, rinunciare alle passeggiate e alla libertà di movimento, spiega ancora Cristina Liana Puşcaş.
Molte persone hanno affermato che la loro vita di coppia non è stata lesa, anche se hanno dato delle risposte tipo: Non mi piace dover preparare tre pasti al giorno, Non capisco perchè mia moglie stia cercando di impormi un programma , Ovviamente abbiamo ritmi biologici diversi. Trascorrere del tempo in isolamento fa sì che le persone si rivolgano al loro mondo interiore. Ecco perché Cristina Liana Puşcaş ha aggiunto la domanda: Quali piccole soddisfazioni hai scoperto in questi giorni di isolamento? Alcuni hanno approfittato di questo periodo, scoprendo il sole, il sapore di un caffè che prendi il tempo di sorseggiare, il pane fatto in casa, il piacere di cucinare, il giardinaggio, la famiglia.
Un’immagine vale più di mille parole – dice un proverbio cinese. Ecco perchè Cristina Liana Puşcaş ha sviluppato in contemporanea il progetto Foto scattate durante la pandemia. Cosa ha osservato nelle immagini? Sono tutte scattate all’interno della casa o da una finestra dalla quale era possibile vedere il cortile. Una signora mi ha inviato una sua foto dopo essersi rasa la testa. Un signore di Satu Mare mi ha inviato l’immagine di una donna inginocchiata sui gradini di una chiesa. Quasi tutte le foto, tuttavia, rappresentano la vita all’interno della casa e molto poco all’esterno, ha detto ancora Cristina Liana Puşcaş.
I suoi progetti sono ancora in corso. L’ottimismo certamente ci ispira a sognare giorni migliori, ma il realismo ci spinge a valutare ciò che conta davvero per noi. E, secondo Cristina Liana Puşcaş, le persone sembrano aver capito l’importanza della natura e la presenza dei propri cari.