Le Teche del rock romeno
Con un ritmo e uno stile diversi da quelli occidentali, il rock and roll romeno è emerso alla fine degli anni '60, sia come arte che come manifesto quasi politico.
Ana-Maria Cononovici, 26.01.2021, 14:08
Con un ritmo e uno stile diversi da quelli occidentali, il rock and roll romeno è emerso alla fine degli anni ’60, sia come arte che come manifesto quasi politico. A causa dell’accesso limitato al fenomeno occidentale, i musicisti romeni che abbracciavano lo stile, dovevano ricreare strumenti, musica e moda, che all’epoca avevano anche connotazioni politiche. Al fine di preservare l’eredità di questo fenomeno in Romania, è stato allestito un Museo del Rock nazionale e il suo curatore, lo storico Cosmin Nasui, un appassionato fan, ce ne ha parlato con entusiasmo.
Per poter iniziare a progettare questo museo del rock, ci siamo appellati al musicologo Doru Ionescu, conduttore di programmi specializzati della tv pubblica. Lui è anche un pubblicista in questo settore, e autore di dizionari dei musicisti arrivati anche oltre confine. L’idea nasce, quindi, da Doru Ionescu. Ha iniziato questo progetto documentando questo fenomeno musicale legandolo a due club di Bucarest amati dai giovani amanti della musica. Ha fatto ricorso anche al patrimonio immateriale e materiale da lui conosciuto, dimostrandoci come adattare questo fenomeno ad un museo, aggiunge Cosmin Nasui, accompagnandoci ad esplorare il Museo del Rock.
Mettere qualcosa in un museo non significa ossificare, al contrario, abbiamo lavorato a questo progetto per l’interesse di riprendere queste esperienze di musica rock in Romania, iniziate alla fine degli anni ’60, con varie forme di evoluzione durante il periodo comunista, dagli anni ’70 e ’80, fino al periodo successivo al 1989. C’è tutta una discussione sull’invenzione della chitarra rock in Romania. Perchè rock significa chitarra elettrica, folk significa chitarra acustica, ma una chitarra elettrica non poteva essere costruita durante gli anni del comunismo in Romania. Tali strumenti non potevano essere importati, quindi sono stati ricreati, sulla base di immagini, sulla base di progetti elettrici di strumenti arrivati in Romania grazie alle riviste. Abbiamo ancora accesso alle fonti, ed è per questo che il progetto avviato su iniziativa di Doru Ionescu è cresciuto man mano che abbiamo intensificato la documentazione e la ricerca in tutti i settori, utilizzando strumenti trovati nei cataloghi dei musei, strumenti tipici di questa disciplina, da applicare a un campo che è spesso effimero. È un fenomeno che appartiene all’area audio, talvolta all’audio-video, che ha lasciato, oltre a brani favolosi, band leggendarie, artisti leggendari, molti elementi del patrimonio materiale, dagli strumenti musicali agli abiti, alle lettere, alla corrispondenza conservata da queste persone favolose. Abbiamo anche ricevuto spartiti, prime bozze, che mostrano il funzionamento interno di questi meccanismi di creazione. Siamo persino entrati nell’area dell’infrastruttura culturale durante il comunismo, basata su club integrati nelle Case della cultura studentesca, che mettono in luce un movimento giovanile molto interessante, e questa è anche la particolarità del rock romeno, il fatto di essere nato dal movimento studentesco e giovanile, spiega ancora Cosmin Nasui.
Prima dell’allestimento propriamente detto del museo, eravamo interessati ad avere un archivio. Per questo abbiamo dovuto prendere in prestito da collezioni private oggetti che abbiamo scansionato e fotografato – alcuni a 360 gradi, quindi possono essere ruotati sulla piattaforma online e ingranditi. Così è cominciato tutti. Alcuni sono ancora funzionali, anche da usare sul palco, non solo in studio. Altri sono stati perduti dal patrimonio romeno, in quanto molti musicisti sono emigrati nei Paesi occidentali, portando con loro strumenti che non potremmo mai recuperare, aggiunge Cosmin Nasui.
C’è anche un’area di cartoline, lettere, corrispondenza tra gli artisti, ma anche album accessibili alle persone con disabilità visive, ad esempio. Un museo non deve necessariamente guardare al passato, all’età della pietra, al Medioevo o al periodo moderno della Romania. Crediamo che dobbiamo guardare a un periodo più vicino al presente, perchè molte di queste band non funzionano più, quindi cose di questo tipo possono andare perdute, hanno una certa fragilità. E’ molto difficile per chi avvia un’impresa del genere recuperare e riscoprire quelle cose che non si sentono nella musica. La musica che, ovviamente, è al centro della scena, conclude Cosmin Nasui.
La storia va avanti. Per una tappa ulteriore, i promotori del progetto contemplano una ricerca regionale, per scoprire il rock in vari luoghi del Paese, nei centri studenteschi, e costruire una rete di musei, da associare a grandi eventi musicali.