All'inizio del 1918, la Prima Guerra Mondiale era lungi dall'essersi conclusa. Il braccio di ferro tra le Potenze della Triplice Intesa e gli Imperi centrali aveva raggiunto il parossismo e nessuna delle parti sembrava disposta a indietreggiare.
All'inizio del 1918, la Prima Guerra Mondiale era lungi dall'essersi conclusa. Il braccio di ferro tra i due grandi blocchi militari - le Potenze della Triplice Intesa e gli Imperi centrali - aveva raggiunto il parossismo e nessuna delle parti sembrava disposta a indietreggiare. In questo contesto, il presidente americano Thomas Woodrow Wilson cercò di fare pace. Lui e il suo entourage elaborarono la celebre dichiarazione "I 14 punti' che doveva essere la base per la pace durevole.
Assieme allo storico Ioan Scurtu abbiamo analizzato i principi di base della dichiarazione di Wilson, l'atmosfera in cui sono apparsi e cosa proponevano.
"Si era lavorato ad un progetto da proporre agli stati in guerra, nell'idea che accettassero, e destinato a portare ad una pace durevole affinchè una simile conflagrazione non si ripetesse più. I 14 punti presentati dal presidente Wilson erano infatti una proposta di pace, anzi erano un'organizzazione del mondo dopo la guerra in ciò che potremmo chiamare la lunga durata della storia. Possiamo constatare che si aveva in vista che nessuna delle parti, nè la perdente, nè la vincente, nè la Triplice Alleanza, nè gli Imperi Centrali guadagnassero in seguito agli scontri militari, bensi' realizzassero una certa democratizzazione delle relazioni internazionali. Innanzittutto si è avuto in vista il ritiro delle truppe dai territori occupati cosicchè tornassero ai confini nazionali. In secondo luogo, si preconizzava che gli stati multinazionali assicurassero un'autonomia dei popoli al loro interno, cosicchè questi potessere godere di diritti e libertà, ma all'interno di questi imperi", ha spiegato Ioan Scurtu a RRI.
La dichiarazione di Wilson ambiva ad essere pacificatrice e a restaurare ciò che c'era stato prima del 1914, ma anche innovatrice. E ciò si vedeva nel modo in cui erano trattati gli imperi multinazionali.
"Per quanto riguarda la Russia si aveva in vista il suo mantenimento entro i confini di prima dello scoppio della Guerra e l'insistenza che ci fosse nei suoi confonti un atteggiamento di buona volontà affinchè essa aderisse all'idea di ciò che sarebbe diventata la Società delle Nazioni, una società in cui le potenze potessero inviare delegati per discutere la soluzione dei problemi internazionali. A gennaio del 1918, la Rivoluzione russa era entrata nella sua fase bolscevica, radicale, era iniziata la guerra civile, la Bessarabia aveva proclamato la sua autonomia e si preparava a proclamare la sua indipendenza e l'unione alla Romania. Per quanto riguarda l'Austro-Ungheria si prevedea il mantenimento di questo impero con la concessione di una larga autonomia ai popoli che la formavano", ha raccontato lo storico Ioan Scurtu.
Ma le nazioni degli imperi multinazionali desideravano un altro ordine, quello degli stati nazionali. Ioan Scurtu spiega come le reazioni delle nazioni dell'Austro-Ungheria sono state di opposizione ai principi di Wilson. "Questi 14 punti hanno avuto un impatto politico e psicologico straordinario. Innanzittutto perchè si aveva in vista la firma della pace senza annessioni, un'organizzazione postbellica del mondo in tal modo da evitare altre guerre, e ci veniva scritta una parola molto cara ai popoli sotto dominio straniero, ossia autonomia. A gennaio del 1918, i romeni dell'Impero austroungarico, come le altre nazioni, non sognavano ad altro che all'autonomia. E ciò che avevano chiesto lungo il tempo, soprattutto dopo il 1867, ed è ciò che speravano anche in quel momento. La questione dell'unione è apparsa nell'autunno del 1918, quando l'impero aveva cominciato a stare sempre più male e si intravvedeva la prospettiva del suo smembramento. I rispettivi popoli hanno deciso di prendere le redini della proprio destino e poi decidere l'organizzazione statale."
Al congresso di Roma dell'aprile del 1918, le nazioni dell'Austro-Ungheria hanno deciso l'avvio di un'ampia campagna, a livello europeo e mondiale, per il riconoscimento del diritto di decidere il proprio futuro politico. Negli Usa sono stati organizzati comizi dei rappresentanti delle nazioni dell'Austro-Ungheria per cui sono stati mobilitati anche i connazionali che vivevano negli Usa. Inoltre, gli articoli sulla stampa americana sostenevano le rivendicazioni delle nazioni a scapito di quelle che chiedevano il mantenimento della monarchia austroungarica.
A partire da fine agosto 1918, i comizi e le campagne mediatiche sono state comuni, dei romeni, serbi, croati, cechi, slovacchi, italiani e polacchi che adottavano risoluzioni antiasburgiche. I principi politici di Wilson non sono stati ben accolti neanche dalle potenze europee. Francia e Gran Bretagna, soprattutto, desideravano che le gli Imperi Centrali fossero ritenuti colpevoli dello scoppio della guerra e puniti. Alla fine, il presidente Wilson cedette alle pressioni dell'opinione pubblica.
"La campagna culminò con il momento 20 settembre 1918 quando il presidente Wilson decise di accogliere alla Casa Bianca i rappresentanti delle nazionalità. Ciascuna sostenne la propria causa, il presidente era informato sulle campagne svolte, e come una conclusione delle discussioni dichiarò di essersi convinto che la duplice monarchia austro-ungarica non meritava più di vivere. Non si poneva il problema del mantenimento dell'integrità territoriale dell'Austro-Ungheria. Era convinto che i popoli sotto quella monarchia avevano il diritto, la libertà e il sostegno degli Usa per decidere la propria sorte", ha raccontato Ioan Scurtu.
In seguito al cambiamento di ottica nella politica di Washington, comparirono gli stati nazionali come la Polonia e la Ceccoslovacchia, e altri, come la Romania e la Yugoslavia si ridefinirono. Ma anche se i principi politici di Thomas Woodrow Wilson sono stati rivisti, quelli filosofici hanno fatto carriera. Si stava materializzando l'istituzione delle nazioni del mondo, un'agora internazionale, si gettavano le basi del diritto internazionale contemporaneo. L’Ideale della pace eterna di Wilson ha portato, nonostante lo scetticismo generale, ad un buon inzio di dialogo.
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